Movistar, Eusebio Unzué su Alejandro Valverde: “Sapeva fare tutto. L’Operacion Puerto? Le regole sono diventate più dure e lui ha continuato a vincere”

La storia di quella che attualmente è la Movistar, la squadra diretta da sempre da Eusebio Unzué, è per forza di cose legata inesorabilmente a quella di Alejandro Valverde. Il corridore spagnolo, che ha lasciato il ciclismo professionistico da poche settimane, è stata la stella indiscussa della formazione iberica dal 2005 ai giorni nostri, risultando uno dei corridori più vincenti e costanti di ogni epoca.  Valverde ha chiuso la carriera con 133 vittorie da professionista, 23 con la Kelme e tutte le altre da corridore della Movistar (che in passato era stata anche Caisse d’Epargne).

18 stagioni, quindi, sotto la direzione di Eusebio Unzué, che ha quindi parecchia voce in capitolo nell’analizzare il percorso sportivo di Valverde: “Per me era un corridore che sapeva fare praticamente tutto – le parole del dirigente spagnolo in un’intervista concessa a CyclingNews – Posso ricordarlo battere uno come Alessandro Petacchi in volata, vinceva corse di un giorno, classiche, corse di una settimana e anche Grandi giri. Successi qui, podi là: tutto quello a cui lo mettevi davanti, lui sapeva gestirlo”.

Unzué sottolinea un aspetto: “A parte i risultati, Alejandro era sempre in forma, da aprile a ottobre. E per rendersene conto, basta guardare in quali condizioni è arrivato a fine carriera. E non si può dimenticare che è il corridore che ha raccolto più podi ai Mondiali (un oro, a Innsbruck 2018, due argenti e 4 bronzi) e che è stato undici volte nei migliori 10 della corsa iridata. Penso che di Mondiali avrebbe potuto vincerne tre, sarebbe stato ingiusto se avesse chiuso la carriera senza portarne a casa neppure uno”.

Nella carriera di Valverde rimarrà anche il coinvolgimento nella famigerata Operación Puerto, che gli è costato due anni di squalifica (da inizio 2010, retroattivamente, a fine 2011). Unzué sul tema si esprime così: “Alejandro è arrivato al massimo livello quando le regole erano meno severe e, dopo una stagione e mezza, è tornato alle corse ed era ancora al massimo livello, anche se le norme erano diventate ben più dure. Alla prima gara che ha fatto dopo la sospensione (il Tour Down Under 2012 – ndr), ha vinto subito. Noi volevamo uscire il più in fretta possibile da quella situazione, su cui non voglio più esprimere giudizi. Valverde alla fine ha semplicemente dimostrato che non aveva bisogno di nulla per essere un grande corridore. Vinceva, è stato squalificato, e quando è tornato continuava a vincere: l’unica differenza è che prima della sospensione aveva più capelli…”.

La chiusura di Unzué riguarda quella che poteva essere vista come una “dipendenza” da Valverde: “Sicuramente ci siamo affidati a lui per avere una buona base di partenza di risultati – le parole del dirigente spagnolo – È stato bello vederlo avere successo in tutti i tipi di corsa, Parigi-Roubaix a parte. Ha battagliato con i migliori velocisti, i più forti specialisti di classiche, i corridori più esplosivi, gli scalatori. Per avere tutto quello che ci ha dato Valverde, dovresti ingaggiare 6 tipologie di corridori diversi. Rimarrà il privilegio di averlo visto in azione”.

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