Pagelle Vuelta a España 2021: Roglic domina, la Bahrain stupisce ancora, Cort, Storer e Jakobsen risplendono – Landa, Carthy e Carapaz non pervenuti, Lopez rovina tutto alla fine

Primoz Roglic (Jumbo-Visma), 10 e lode: Arrivato con la grande iniezione di fiducia olimpica, ma con i dubbi di una preparazione decisamente traballante, lo sloveno non sbaglia praticamente niente (pur correndo un rischio esagerato in discesa). Sin dal primo giorno si prende la leadership, ben felice poi di lasciarla ad altri nelle fasi centrali di una corsa che riesce comunque sempre a controllare, crescendo fino alla grande impresa che suggella un terzo successo che tutto sommato non è mai apparso realmente in dubbio. Condisce il tutto con quattro vittorie di tappa.

Fabio Jakobsen (Deceuninck-QuickStep), 9,5: Tornato da poco al successo dopo il terribile incidente dello scorso anno, il velocista neerlandese si porta a casa tre tappe e la maglia verde. Qualcosa che probabilmente neanche lui riteneva possibile in questo momento della sua carriera, non solo qualche mese fa, ma neanche alla partenza di Burgos. Non c’erano tutti i grandi nomi della disciplina, ma il risultato resta di altissimo livello, anche senza voler considerare quello che gli era successo. Figuriamoci quando tutti abbiamo ancora quelle immagini davanti.

Magnus Cort Nielsen (EF Education – Nippo), 9,5: Vince tre tappe una più bella dell’altra e rischia di vincerne anche un altro paio. Tre settimane straordinarie per il danese, che con il passare degli anni ha decisamente trovato la sua dimensione. Veloce e resistente in salita, unisce a delle straordinarie doti fisiche una mentalità da cecchino. Alla fine si porta a casa anche il premio di Supercombattivo.

Enric Mas (Movistar), 9: Verso la fine sembra meno brillante, ma tutto sommato resta ampiamente davanti a tutti i rivali senza mai apparire in difficoltà. Peccato non sia riuscito a continuare ad impensierire la Maglia Rossa, condizionato anche da una banale caduta che lo rallenta per qualche giorno, tuttavia queste sue tre settimane sono le migliori che abbia mai vissuto e la conferma di una crescita e di una competitività costante.

Jasper Philipsen (Alpecin-Fenix), 9: Non arriva a metà Vuelta a causa della febbre, ma la metà che corre è da applausi. Due volate magistrali, nelle quali è perfettamente pilotato al successo dai compagni di squadra, lo ripagano di tutti i piazzamenti ottenuti al Tour de France. A 23 anni conferma quindi quello che di buono si dice su questo talento, che nei prossimi anni vedremo spesso alzare le braccia al cielo.

Michael Storer (Team DSM), 9: I due successi ottenuti al Tour de l’Ain a inizio agosto hanno avuto il merito di sbloccare questo scalatore australiano, che nelle prime stagioni da professionista si era visto poco. In Spagna, il 24enne va oltre, centrando due splendidi successi al termine di due fughe gestite alla perfezione, quasi da veterano. Alla fine, inoltre, si porta a casa anche la classifica dei GPM, strappando la maglia al compagno di squadra Bardet nelle ultime tappe.

Jack Haig (Bahrain-Victorious), 8,5: Dopo la brutta caduta e il ritiro a inizio Tour de France, in pochi avrebbero scommesso sul piazzamento finale del classe 1993, che partiva con i gradi di gregario/secondo capitano alle spalle di Landa. Dopo le brutte prestazioni dello spagnolo, però, è proprio lui a doversi prendere sulle spalle la responsabilità di fare classifica: cosa che fa benissimo, dimostrando una buona solidità e scalando pian piano posizioni fino a conquistare il podio finale, ennesimo risultato di valore all’interno di una stagione fantastica per la Bahrain Victorious.

Gino Mader (Bahrain-Victorious), 8,5: Se pochi avrebbero scommesso sul podio di Haig, quasi nessuno lo avrebbe fatto sul quinto posto finale del 24enne elvetico, che non si vede molto ma che dimostra una gran condizione grazie alla quale si spende per il compagno di squadra Haig e riesce anche a rimanere in classifica nonostante il lavoro fatto per il capitano. Al penultimo giorno, poi, va a conquistare la top-5 finale e la Maglia Bianca di miglior giovane. Cosa dire di più?

Egan Bernal (Ineos Grenadiers), 8: Il piazzamento e il distacco finali sono traditori rispetto alle reali prestazioni del colombiano, animatore della corsa e senza il quale indubbiamente non avremmo vissuto le giornate più belle di questa edizione, anche se non è mai riuscito a piazzare la zampata. La corsa tuttavia ha beneficiato del suo coraggio e della sua intraprendenza, con il vincitore del Giro d’Italia che ci ha più volte provato con determinazione, pur consapevole di non essere il più forte e che probabilmente avrebbe perso. Se tutti ragionassero così…

Odd Christian Eiking (Intermarché-Wanty-Gobert), 8: Grazie ad una fuga bidone, il norvegese vive una settimana da sogno in Maglia Rossa, che difende con le unghie e con i denti finché può. Poi, prova a rimanere tra i primi dieci, ma non ci riesce per poco: la sua Vuelta, comunque, rimane sicuramente da ricordare.

Florian Sénéchal (Deceuninck-QuickStep), 8: Ultimo uomo perfetto a completare un treno che ancora una volta si dimostra superiore a tutti, stringendosi attorno al suo capitano in ogni occasione, appena ha la possibilità, per caso, di giocarsi le sue carte lo fa e tira fuori l’asso con uno splendido successo.

Adam Yates (Ineos Grenadiers), 7,5: Alti e bassi nella Vuelta del 29enne britannico, che però ha il merito di provarci sempre. Talvolta sbaglia i tempi, mentre altre volte sembra in grado di spaccare il mondo, salvo poi spegnersi improvvisamente. Senza dimenticare le volte che si spende per Bernal e le volte nelle quali è poco supportato dalla squadra. Eppure, nonostante tutto alla fine arriva a giocarsi il podio finale nell’ultima tappa e, pur non riuscendo a ottenerlo, è il migliore dei suoi nella classifica finale.

Guillaume Martin (Cofidis), 7,5: Entra in classifica con una fuga bidone, ma ci vuole una caduta per farlo uscire dalle posizioni di vertice, altrimenti sarebbe stato sicuramente posizionato molto meglio di un piazzamento nei dieci che rappresenta comunque il suo miglior risultato in carriera in un Grande Giro.

David De La Cruz (UAE Team Emirates), 7,5: In linea con prestazioni che in patria aveva già mostrato di poter ottenere, quest’anno ci mette anche la determinazione e il coraggio di non restare solamente a ruota, ma è uno dei pochi a provare qualcosa, senza timore di farsi battere. Consapevole dei propri limiti, si gioca le sue carte come può, ottenendo un settimo posto finale che replica il piazzamento di un anno fa.

Clement Champoussin (Ag2r Citroën Team), 7,5: Ci prova in più occasioni, ottenendo un terzo e un quinto posto che dimostrano le sue qualità e il suo talento. All’ultima giornata utile, però, riesce a piazzare la stoccata che gli permette di conquistare il primo successo della sua carriera e di concludere al sedicesimo posto la sua seconda Vuelta. A 23 anni, il futuro è tutto dalla sua parte.

Damiano Caruso (Bahrain-Victorious), 7,5: Ancora una volta, il siciliano è il migliore degli italiani in un Grande Giro. Questa volta, però, non è lui a far classifica per la squadra dopo la debacle di Landa, tuttavia la sua regolarità e la sua solidità gli permettono comunque di chiudere al 17esimo posto nonostante tutto il lavoro fatto in favore di Haig. A tutto questo, il 33enne aggiunge poi un capolavoro conquistando la nona tappa dopo un attacco solitario di 70 chilometri e aver resistito al ritorno dei big. Da clonare.

Romain Bardet (Team DSM), 7,5: Arrivato alla Vuelta in grande forma e in predicato di fare una buona classifica, il transalpino è costretto a cambiare obiettivo dopo una brutta caduta nella quinta tappa nella quale lascia per strada parecchia pelle e più di dodici minuti. Dopo qualche giornata di sofferenza, il 30enne va all’attacco nella frazione vinta dal compagno di squadra Storer e in un altro paio di occasioni, riuscendo infine a ottenere la vittoria (e la maglia degli scalatori) nella tappa 14, suo primo successo in un GT dopo quattro anni. Alla fine, non riesce a difendere la Maglia a Pois, che comunque rimane in casa DSM, sulle spalle di Storer.

Rafal Majka (UAE Team Emirates), 7,5: Si vede poco per buona parte della Vuelta; poi, tira fuori dal cilindro un capolavoro nella quindicesima tappa, che va a conquistare dopo un assolo di quasi 90 chilometri che gli permette di tornare ad alzare le braccia al cielo dopo quattro anni. Per il resto, svolge un buon lavoro in supporto al capitano De La Cruz.

Andrea Bagioli (Deceuninck-QuickStep), 7: Continua il processo di crescita di questo talentuoso 22enne, che durante le tre settimane ci prova spesso ma che trova sempre qualcuno che lo batte. Già nella crono inaugurale, chiusa al settimo posto, fa vedere di avere una buona gamba, confermata dall’arrivo sullo strappo di Cullera, dove solo un imprendibile Cort Nielsen e Roglic riescono ad anticiparlo. È poi ancora il danese a negargli il successo, prima nella tappa 12, dove l’italiano chiude secondo, poi nella terz’ultima giornata, quando si deve accontentare del quarto posto dopo una lunga fuga. Nonostante non sia arrivato il successo, la sua Vuelta si può sicuramente considerare positiva.

Felix Groβschartner (Bora-hansgrohe), 7: Una caduta nella 17ª tappa lo costringe a perdere posizioni, finendo anche molto lontano in termini cronometrici. Con tre settimane solide conferma alla fine che il piazzamento dello scorso anno non era episodico e di essere un corridore che merita questi palcoscenici.

Juan Pedro Lopez (Trek-Segafredo), 7: Si vede poco, ma si gestisce bene svolgendo un importante apprendistato concludendo la corsa a ridosso dei primi dieci. Classe 1997, per lui è uno step di crescita importante, confermando un talento che sta emergendo in maniera graduale.

Rein Taaramae (Intermarché-Wanty-Gobert), 7: Una vittoria di tappa, la maglia rossa e tanto lavoro per la squadra. L’estone vive una seconda giovinezza nella formazione belga che lo rilancia permettendogli di raggiungere quelle vette mai raggiunte sinora. Assieme a Jan Hirt e Simone Petilli è solida roccia per la favola di Odd Christian Eiking, dimostrando che il team ex professional merita un posto nei grandi appuntamenti.

Alberto Dainese (Team DSM), 7: Non vince, ma convince. Il velocista azzurro è regolare e sempre presente in ogni volata, mostrando grande crescita per questo primo grande giro della sua carriera. Peccato per quel successo che è mancato per mettere la ciliegina sulla torta, lasciando un po’ l’amaro in bocca, ma resta una gran bella Vuelta per lui.

Matteo Trentin (UAE Team Emirates), 7: Ci ha provato e riprovato, in salita come allo sprint, andando in fuga così come aspettando. L’ex campione europeo conferma il feeling con una corsa che in passato lo aveva visto dominare, dimostrando di essere sulla strada giusta per i grandi appuntamenti che arriveranno nelle prossime settimane.

Sepp Kuss (Jumbo-Visma), 7: Scalatore di grande livello, si conferma per l’ennesima volta il miglior gregario di Primoz Roglic. L’impressione però è che debba restare tale perché ha troppo spesso quella giornata storta in cui vanifica la regolarità di tutti i giorni precedenti. Assieme ad un Steven Kruijswijk (6,5) a sua volta altalenante, è comunque prezioso per far rifiatare il proprio capitano in alcune tappe chiave.

Fabio Aru (Qhubeka-NextHash), 7: Arrivato con la consapevolezza del ritiro, il sardo stava bene e sembrava poter salutare con un canto del cigno importante. Purtroppo un problema intestinale ci ha messo lo zampino, ma lui non si è arreso, confermando la sua grande tigna e la volontà di non deludere, in primis sé stesso. Ad un passo dal ritiro ha stretto i denti e poi ci ha provato più e più volte, cercando la fuga e la giornata giusta. Non è arrivata, ma non conta poi così tanto. L’ultima corsa si chiude dunque con un rimpianto, che purtroppo rappresenta bene la carriera di uno dei corridori più forti della sua generazione.  Buon proseguimento Fabio.

Jay Vine (Alpecin-Fenix), 7: Tra gli attaccanti più interessanti nelle prime settimane, una caduta gli impedisce di continuare a mostrare che quel talento che da Zwift lo aveva portato al professionismo non è un trucco. Scalatore interessante, è in una squadra in cui potrà continuare ad esprimersi e mettersi in mostra.

Louis Meintjes (Intermarché-Wanty-Gobert), 6,5: Per diciotto tappe corre una Vuelta di regolarità, grazie alla quale nella terza settimana riesce anche ad entrare nella top-10. Poi, la sfortuna ci mette lo zampino con una brutta caduta nella terz’ultima giornata, che lo costringe al ritiro.

Riccardo Minali (Intermarché-Wanty-Gobert), 6,5: In volata non riesce praticamente mai a lottare con i migliori ma, senza una squadra a tirargli le volate, lo sprinter veronese ottiene quattro piazzamenti tra i primi dieci che rappresentano dunque quattro buoni risultati in quello che è solo il secondo GT della sua carriera.

Tom Pidcock (Ineos Grenadiers), 6,5: Dal suo primo GT ci si sarebbe potuto aspettare di più. Poi però bisogna anche andare a vedere che da quasi due mesi correva solo pensando alla MTB e che si è anche fratturato la clavicola, senza dimenticare che nel mezzo ha vinto a Tokyo e si è preso un meritato riposo. Peraltro, se è vero che soffre all’inizio, con il passare dei giorni emerge e si fa trovare pronto sia per dire la sua in prima persona che in appoggio alla squadra. E per uno scalatore son segnali molto importanti.

Mikel Bizkarra (Euskaltel-EuskadI), 6,5: Simbolo di quella squadra che tanto ci era mancata in questi anni, quell’arancione un po’ folle che anima le tappe di salita attaccando e rilanciando non sempre con grande senso tattico, il basco ci prova spesso e volentieri quando la strada sale.

Alex Aranburu (Astana-PremierTech), 5,5: Il basco parte benissimo, anche se il secondo posto nella crono inaugurale di Burgos brucia ovviamente parecchio. Il giorno successivo, in una volata poco adatta alle sue caratteristiche, prova a conquistare la Maglia Rossa grazie agli abbuoni, ma alla fine non ci riesce, pur terminando con un ottimo quinto posto. Poi, praticamente sparisce dagli ordini d’arrivo, fino al ritiro nell’undicesima tappa a causa di una caduta nella giornata precedente.

Jesus Herrada (Cofidis), 5,5: Ha la possibilità di ottenere la vittoria nella quattordicesima tappa, nella quale, pur correndo di rimessa, non riesce a seguire Bardet quando quest’ultimo piazza lo scatto vincente. Alla fine, per lo spagnolo arriva il secondo posto, suo unico lampo in una Vuelta con diverse fughe ma poca sostanza.

Jon Aberasturi (Caja Rural – RGA), 5,5: Risultati altalenanti per il 32enne spagnolo, che nelle tappe più movimentate e più adatte alle sue caratteristiche da sprinter resistente non riesce a mettersi in mostra, mentre nelle volate pure ottiene alla fine quattro piazzamenti tra i primi dieci che non possono soddisfarlo al cento per cento.

Ion Izagirre (Astana-PremierTech), 5: Partecipa alla Vuelta poco esaltante della squadra kazaka contribuendo con qualche fuga e poco altro, con un tredicesimo posto come miglior risultato di giornata.

Lilian Calmejane (Ag2r Citroën), 5: Qualche fuga e due top-10 per il transalpino, che forse spreca troppe energie nella quarta tappa, dove viene ripreso e saltato negli ultimi chilometri da Taaramäe. Per il resto, sono poche le occasioni per ammirare un corridore che fino a un paio di stagioni fa sembrava potesse ottenere di più.

Sergio Henao (Qhubeka-NextHash), 5: Rispetto allo scorso anno, quando centrò un bel piazzamento tra i primi 15 e andò all’attacco in un paio di tappe, sono rare le volte che le telecamere inquadrano il colombiano, che non riesce a terminare la corsa a causa di una caduta nella tappa 17.

Michael Matthews (Team BikeExchange), 4,5: La gamba tutto sommato non sembrava neanche male, così come il percorso sembrava offrire molte opportunità ad un velocista completo come lui. Giorno dopo giorno tuttavia il risultato non è arrivato e le occasioni sono diminuite, fino a diventare zero come il numero di vittorie ottenute in una corsa in cui era tra i grandi protagonisti annunciati.

Arnaud Démare (Groupama-FDJ), 4,5: Una sola volata degna del suo nome. Arriva secondo e non si salva. Per il resto, nei momenti decisivi c’è sempre qualcosa che non va, che sia a livello personale o nell’intesa con una squadra che troppo presto perde il suo uomo più prezioso (Jacopo Guarnieri, sv). Mezzo punto in più solamente per il grande impegno nell’ultima settimana, quando va in fuga quando può per cercare il riscatto, proponendosi anche in supporto ai compagni che comunque tanto avevano lavorato per lui.

Miguel Angel Lopez (Movistar), 4: Una Vuelta da otto, rovinata in pochi minuti. Non tanto per non essere riuscito a seguire l’azione di Yates, perché purtroppo si può perdere ed era nella posizione peggiore, ma per aver completamente perso la testa. Forse la squadra gli ha chiesto di non tirare, forse non ha capito bene la richiesta, forse che forse… Purtroppo, non è la prima volta che c’è qualcosa che non va proprio sul più bello. Ad ogni modo, uscire di scena così è molto umano, ma decisamente poco professionale nei confronti di pubblico, tifosi, organizzazione, squadra e compagni.

Alejandro Valverde (Movistar), sv: Sembrava nella forma migliore della stagione e con la sua presenza questa Vuelta avrebbe avuto molto probabilmente un altro aspetto e un altro sapore. Purtroppo, sul più bello, già nei primi giorni, una caduta lo porta via. Appuntamento comunque all’anno prossimo. Vamos hombre!

Richard Carapaz (Ineos Grenadiers), sv: Una stagione lunga, una estate impegnativa e ricca di successi che pesano su muscoli e mente. Prova anche a mettersi al servizio dei compagni, ma ormai il corpo aveva detto no.

Giulio Ciccone (Trek-Segafredo), sv: Un buon inizio, poi si mantiene a galla fino a quando una caduta gli impedisce di fare il salto di qualità che sembrava sul punto di poter fare. Una occasione persa per l’abruzzese. Di certo non per colpa sua.

Aleksandr Vlasov (Astana-PremierTech), sv: La Vuelta non sembrava andare nel migliore dei modi, malgrado un buon inizio e delle buone promesse. Con la caduta si salva da un brutto voto visto che non possiamo sapere se magari avrebbe avuto la possibilità di riscattarsi nei giorni successivi.

Hugh Carthy (EF Education – First), sv: Dopo il terzo posto dello scorso anno ci si aspettava molto da lui, invece arriva già in condizione precaria, con il corpo che non risponde. Si ritira così dopo poco più di una settimana.

Mikel Landa (Bahrain-Victorious), sv: Un’altra stagione stregata per il basco. Il ritiro dal Giro lo ha tenuto troppo a lungo fermo e troppo a lungo lontano dalle corse perché il miracolo sperato dopo il successo alla Vuelta a Burgos potesse ripetersi. Pochi giorni sono infatti bastati per capire che il fisico non era pronto.

Maximilian Schachmann (Bora-hansgrohe), sv: Arrivato con problemi muscolari, non li risolve e deve tornarsene a casa mestamente.

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