Tour de France 2020, Greg LeMond sprona Egan Bernal: “Non devi lavorare per Chris Froome”

Greg LeMond entusiasta della nuova generazione di ciclisti, che sprona a guardare sempre avanti. Andando contro corrente con la consolidata teoria per la quale maturando si raggiunge il proprio apice, l’ex corridore statunitense ritiene di aver vissuto il suo apice ancor prima di passare professionista, a cavallo della maggiore età europea, per cui non bisogna fare alcun regalo in questo momento ad altri corridori. L’esempio più lampante ai suoi occhi in questo momento, da cui parte con il suo ragionamento, è l’eventuale convivenza fra Egan Bernal e Chris Froome al Tour de France 2020, dove il colombiano sarà il campione uscente e il britannico l’uomo che vuole entrare nella storia conquistando il suo quinto successo.

Ho sentito dire che Bernal vorrebbe lavorare per Froome – esordisce ai microfoni di VeloNews – Ma per favore…Chris Froome non è un suo amico e nel momento in cui gli concede la vittoria sarebbe una perdita per la sua carriera e la sua vita. Non deve farlo! Mi dispiace, ma Chris Froome è alla fine della sua carriera, mentre lui è all’inizio, non dovrebbe fare regali a nessuno. Deve prendere quel che è suo ed è più forte di Chris”.

Vincitore di tre Tour de France, di cui il primo a 25 anni, l’americano ha le idee chiare su quel che farebbe al suo posto: “Nessun dubbio, a 22 anni non rinuncerei a nessuna vittoria. Lo dico a tutti i giovani, non vi fate ingannare, prendete la vostra direzione, scegliete la vostra strada perché non avrete una seconda possibilità”.

Primo americano, poi diventato nuovamente unico dopo le squalifiche di Lance Armstrong e Floyd Landis, a conquistare la Grande Boucle, nel 1986 dovette lottare per la leadership interna con l’ex capitano Bernard Hinault (che nel 1985 aveva aiutato a vincere, concludendo secondo), privando così il francese di quello che sarebbe ora il record assoluto di sei vittorie. Già compagno di Laurent Fignon nel 1984, quando il francese conquistò la corsa davanti a Hinault e lo stess LeMond, il californiano sa dunque bene di cosa parla, per averlo vissuto sulla sua pelle, rilanciando la sua teoria sull’età in cui i ciclisti possono dare il loro meglio.

“Ho sempre contestato l’idea che si matura e migliora crescendo – spiega in merito – Non è vero. Sono tutte scuse perché il vero talento, come Eddy Merckx, me e Hinault, era a 17, 18, 19 anni e questo è un un buon segno per il ciclismo. Può sembrare il contrario, ma credo fermamente che quando hai del talento, non è a 23 anni, ma l’apice è a 19, 20. E non devi aspettare”.

Dal canto suo la Ineos sembra intenzionata a puntare in prima battuta sul Keniano Bianco, storico capitano che ha raccolto in carriera sei dei nove GT conquistati dal team, ma non senza rinunciare alla partecipazione del colombiano, considerato ben più di un piano B. Un piano tutto sommato simile a quello che nel 2018 ha portato al successo di Geraint Thomas. Così, a ben vedere, negli ultimi due anni è sempre stato il secondo uomo della squadra ad imporsi a Parigi, con l’ex pupillo di Gianni Savio che si è imposto lo scorso luglio davanti al compagno e campione uscente, che sulla carta si presentava al via, dopo il forfait di Froome, con i gradi di capitano (seppur con molti dubbi viste le vicissitudini dopo il successo dell’anno precedente).

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