Le Delusioni del 2021: 1, Tao Geoghegan Hart
La nostra analisi della stagione 2021 continua qui sulle nostre pagine. Nell’ultima settimana abbiamo analizzato le dieci sorprese del 2021 e nella settimana precedente avevamo passato in rassegna i dieci migliori momenti della stagione, così questa settimana toccherà a una graduatoria non propriamente ambita dai protagonisti, quella delle dieci delusioni stagionali. Come al solito la top-10, emersa al termine di un articolato confronto in redazione, sarà svelata a ritroso, giorno dopo giorno, da lunedì a domenica, quando verrà svelato il nome del corridore che più di tutti ha deluso nel corso degli ultimi dodici mesi rispetto alle aspettative di inizio stagione.
1. Tao Geoghegan Hart
Nel 2020 Tao Geoghegan Hart aveva stupito tutti, trionfando a sorpresa in un Giro d’Italia in cui in salita aveva mostrato delle doti davvero invidiabili. La stagione 2021 doveva quindi essere quella della consacrazione per il britannico, il quale aveva approcciato l’annata con il chiaro intento di confermarsi ad alti livelli. L’anno del corridore della Ineos Grenadiers è invece stato costellato da prestazioni al di sotto delle aspettative e da episodi sfortunati, rivelandosi così una vera e propria delusione. La stagione del londinese è iniziata con un primo ritiro a causa di una brutta caduta alla Parigi-Nizza. Dopo un ulteriore ritiro al Giro dei Paesi Baschi, il ventiseienne ha provato a rifarsi con le classiche delle Ardenne, senza però mai riuscire a incidere. Il suo momento migliore è stato sicuramente il Giro del Delfinato, dove un secondo posto di tappa e delle buone prestazioni in salita erano sembrati il giusto antipasto in vista del Tour de France, vero obiettivo stagionale. Una caduta nella prima tappa ha però da subito messo fuori dai giochi il classe 1995, che da quel momento ha proseguito la Grande Boucle e l’intera stagione mettendosi al servizio dei capitani. Al netto di eventuali infortuni, nel 2022 vedremo se il britannico riuscirà a tornare ai livelli che l’hanno portato ad alzare il Trofeo senza fine.
2. Marc Hirschi
Un anno fa lo svizzero figurava ai primi posti della nostra classifica delle più grandi sorprese del 2020. Nel 2021 si aspettavano quindi grandi cose dal 23enne, che col passaggio alla UAE Team Emirates sembrava potersi confermare come uno degli uomini da classiche più forti al mondo. L’impatto con la squadra emiratina è stato invece diverso rispetto alle attese, con l’elvetico che ha ottenuto solo una vittoria e che non è mai riuscito a lasciare davvero il segno nei grandi appuntamenti, complici comunque anche alcuni problemi fisici a inizio stagione. Dopo alcune corse di rodaggio nella prima parte dell’anno, Hirschi si è presentato alle Classiche delle Ardenne con l’obiettivo di ripetere gli eccellenti risultati dell’anno precedente. Un caso di positività in squadra gli ha però impedito di difendere il titolo alla Freccia Vallone, mentre alla Liegi-Bastogne-Liegi ha chiuso con un sesto posto non sufficiente per registrare un bilancio positivo. La sua annata è proseguita con alcuni piazzamenti soprattutto nelle brevi corse a tappe e, dopo un Tour de France non troppo fortunato, si è leggermente risollevata solo negli ultimi mesi, quando ha ottenuto una vittoria di tappa e il secondo posto in classifica al Giro del Lussemburgo e il secondo posto alla Veneto Classic alle spalle di Samuele Battistella.
3. Jai Hindley
Dopo le ottime prestazioni dell’anno scorso al Giro d’Italia, l’australiano del Team DSM sperava di poter essere leader della sua squadra nei grandi giri. In particolare, il venticinquenne aveva messo nel mirino la corsa rosa in cui già aveva sfiorato il successo, prima di conquistare il secondo posto sul podio di Milano. Il classe 1996 ha invece corso molto poco, registrando ritiri in quasi tutte le corse a tappe a cui ha partecipato, compreso quel Giro d’Italia su cui aveva messo il mirino. Il suo miglior piazzamento in una classifica finale è stato il settimo posto al Giro di Polonia, mentre la sua stagione si è mestamente chiusa a settembre con un ritiro al Giro di Slovacchia. Risultati che sono quindi ben lontani da quelle che erano le aspettative di inizio anno. Il prossimo anno ci dirà se quello del Giro 2020 era il vero Hindley o se invece si sia trattato fondamentalmente di un fuoco di paglia.
4. Jakob Fuglsang
5. Hugh Carthy
Dopo il terzo posto in classifica generale alla Vuelta a España, il 2020 ci aveva lasciato un Carthy apparentemente maturo per competere nelle grandi corse a tappe. Nel 2021 invece il britannico non è stato in grado di incidere fino in fondo e non è mai riuscito a trovare l’acuto che fungesse da punto di svolta. La sua stagione si è aperta con dei discreti piazzamenti in classifica generale alla Volta a Catalunya e al Giro dei Paesi Baschi. Il successivo quinto posto al Tour of The Alps sembrava delineare una forma in crescendo in vista di un Giro d’Italia in cui il ventisettenne ambiva a un piazzamento sul podio. Invece, nella Corsa Rosa, il corridore della EF Education-Nippo ha sempre corso sulla difensiva, chiudendo con un non particolarmente brillante ottavo posto in classifica. L’alto scalatore è poi tornato alle corse ad agosto, quando è riuscito a vincere una tappa alla Vuelta a Burgos. Dopodiché nella sua stagione si sono registrati solamente ritiri, dapprima alla Vuelta a España e successivamente in diverse classiche del calendario italiano di fine anno.
6. Arnaud Démare
Dopo un 2020 da corridore più vincente del gruppo, il 2021 è stata una stagione complicata per il velocista francese, che in realtà non era partito nemmeno malissimo. Alla Roue Tourangelle arriva la prima vittoria stagionale, seguita da due tappe alla Volta a la Comunitat Valenciana e tre tappe di una Boucles de la Mayenne stradominata. Dopo aver vinto anche una tappa alla Route d’Occitanie, però, qualcosa si inceppa proprio nel momento più importante: il Tour de France. Nelle prime otto tappe partecipa solo una volta alla volata chiudendo quarto e alla nona tappa finisce fuori tempo massimo, chiudendo anzitempo il principale appuntamento stagionale. Il tempo per rifarsi ci sarebbe, ma anche la partecipazione alla Vuelta è anonima (un secondo e un sesto posto gli unici piazzamenti), nonostante riesca a restare in gara per tutte e tre le settimane. A fine anno vince da campione la Parigi-Tours, mettendo finalmente in mostra il suo talento al termine di una stagione in cui non è riuscito a rendere al meglio.
7. Miguel Angel Lopez
Costretto a saltare quasi tutta la prima parte di stagione a causa del Covid, lo scalatore colombiano fa il suo debutto con la formazione spagnola solamente al Giro di Romandia, partecipando e conquistando poi Vuelta a Andalucia e Mont Ventoux Dénivelé Challenge, entrambe prive però di grandi nomi al via. Dopo un discreto Giro del Delfinato, il 27enne si presenta alla partenza del Tour con l’ambizione di migliorare il piazzamento del 2020, ma sin dalle prime giornate è costretto ad abbandonare le ambizioni di classifica a causa di una delle cadute che funestano l’inizio della Grande Boucle e, pur riuscendo a dare un contributo alla causa del compagno di squadra Enric Mas, non riesce dunque mai ad essere protagonista in prima persona. Decisamente meglio va alla Vuelta a España, dove le tre positive settimane di gara (condite da un successo di tappa sull’Altu d’El Gamoniteiru e dal terzo posto provvisorio in classifica) vengono però rovinate da quanto accade nell’ultima tappa in linea, quando una crisi di nervi dovuta alla situazione di gara, dove stava perdendo il podio, lo porta ad abbandonare la corsa (non senza polemiche con il suo team) e, poche settimane dopo, a rescindere il contratto con la Movistar.
8. Michael Matthews
Il ritorno alla BikeExchange dopo quattro stagioni alla Sunweb non può essere considerato particolarmente positivo per il corridore australiano, che raccoglie molti piazzamenti ma zero successi, cosa mai accaduta da quando è professionista. Sia al Tour, dove va vicino alla vittoria nella prima tappa e dove rimane in lotta fin quasi alla fine per la Maglia Verde, sia alla Vuelta, dove non mancavano le giornate favorevoli alle sue caratteristiche, il classe 1990 colleziona numerose top10, ma a mancare è sempre quel qualcosa che, alla fine, gli possa permettere di alzare le braccia al cielo. In primavera, invece, partecipa a tutte le classiche, concludendo nei primi dieci Milano-Sanremo, Gand-Wevelgem e Amstel Gold Race, a conferma di una sempre maggiore versatilità che gli consente di essere competitivo praticamente ovunque, ma che paradossalmente non gli permette di essere ancora un vincente.
9. Nairo Quintana
Il secondo anno in maglia Arkéa-Samsic non ha riservato neanche questa volta l’atteso ritorno ai massimi livelli dello scalatore colombiano. Certo, non sono mancate buone prestazioni sparse come la vittoria della Vuelta a Asturias e l’undicesimo posto al Lombardia, ma il Tour de France lo ha di nuovo respinto. Un 28° posto in classifica generale è lontanissimo dalle sue potenzialità e qualche tentativo da lontano alla ricerca della maglia a pois e di un successo di tappa, obiettivi peraltro falliti, non può certo compensare un’altra annata nel complesso opaca. Lui stesso ha affermato di avere pagato ancora qualche strascico fisico della caduta al Tour 2020, ma ormai i fasti dei tempi della Movistar sembrano essere lontani. Anche l’anno prossimo punterà tutto sul Tour de France, staremo a vedere se saprà finalmente riscattarsi.
10. Mikel Landa
Un’altra stagione difficile per lo scalatore basco. Il quarto posto al Tour de France 2020 sembrava finalmente averlo riportato stabilmente nelle più alte gerarchie del ciclismo mondiale. Quest’anno invece è tornata a bussare alla sua porta la sfortuna. Dopo un buon inizio di stagione, uno spartitraffico nel finale della quinta tappa del Giro d’Italia gli è stato fatale, costringendolo al ritiro a causa di una frattura della clavicola. Tornato a vincere alla Vuelta a Burgos, la sua Vuelta è durata soltanto 17 tappe nel corso delle quali non è mai riuscito a trovare il giusto colpo di pedale. Spera ovviamente di poter tornare al massimo della forma l’anno prossimo, ma gli anni passano e le occasioni per vincere il tanto agognato Grande Giro sono sempre meno.
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Questa doveva essere una delle ultime stagioni di fuoco di Jakob Fuglsang, ma il danese invece non è riuscito a vincere nemmeno una corsa. La decisione di abbandonare i Grandi Giri per dedicarsi principalmente alle corse di un giorno, che gli hanno regalato le soddisfazioni più grandi in carriera, non ha sortito gli effetti sperati. Alla fine non è arrivata neanche una top ten tra classiche monumento e Giochi Olimpici, evento nel quale non è riuscito ad andare oltre il dodicesimo posto. Un nono posto alle Strade Bianche non è abbastanza per un corridore della sua importanza, che peraltro non riesce nemmeno a risollevarsi al Tour de France dove non lascia mai il segno. Le molteplici fratture procuratosi al Benelux Tour lo tagliano poi fuori dal finale di stagione, dove avrebbe provato a difendere il titolo a Il Lombardia. Rialzare il livello l’anno prossimo, a 37 anni compiuti, non sarà affatto facile per un corridore che probabilmente ormai ha dato il meglio di sé.