I Numeri del 2019: tra i capitani brillano Primoz Roglič e Julian Alaphilippe. Sorpresa Tadej Pogačar, flop Romain Bardet
Quanto hanno corso e quanto è stato qualitativo il rendimento dei capitani delle formazioni World Tour nel 2019? Il terzo appuntamento della rubrica “I Numeri del 2019” è dedicato al percorso stagionale degli uomini di punta delle squadre del massimo circuito. Per redigere questo bilancio abbiamo preso in esame il ruolino di marcia di 37 corridori che si sono distribuiti i galloni di leader dei rispettivi team nei Grandi Giri. Non sempre (o non necessariamente) capitani unici, ma anche pedine che nel corso degli appuntamenti da tre settimane hanno saputo ritagliarsi un ruolo significativo, magari aggiudicandosi una frazione o entrando nella top ten finale. Nel conteggiare le vittorie di ciascuno abbiamo escluso dal novero quelle conseguite nelle prove a squadre e quelle nelle Hammer Series, mentre sono stati inseriti i podi centrati nelle classifiche generali finali.
La media dei giorni di gara per ciascuno di essi è di 63,7, un dato notevolmente inferiore rispetto allo scorso anno, quando furono 73,1. A contribuire al decremento sono stati gli annus horribilis vissuti proprio dalle vedette del 2018, ovvero Chris Froome (Team INEOS) e Tom Dumoulin (Sunweb), che hanno collezionato complessivamente appena 52 giorni (27 il Keniano Bianco e 25 il neerlandese) complici i gravi infortuni subiti nella ricognizione della cronometro del Delfinato e nel corso della tappa del Giro d’Italia con arrivo a Frascati. Il vincitore della Corsa Rosa nel 2017 è anche il capitano ad essersi attaccato meno volte il dorsale nella stagione appena conclusa, con l’estremo opposto fissato invece dal russo Ilnur Zakarin (Katusha-Alpecin) con i suoi 87 giorni di agonismo.
Le vittorie complessive sono state 94 (+4 nel saldo col 2018), ovvero 2,54 per ognuno dei ciclisti analizzati. Meno di un terzo (11 in tutto) si è portato a casa almeno una frazione dei tre GT dell’anno, con sei che hanno concesso quantomeno il bis. 232 sono stati i piazzamenti complessivi sul podio (6,27 per ogni atleta), tre le Classiche Monumento intascate, ossia le stesse di un anno fa: Milano-Sanremo, Liegi-Bastogne-Liegi e Il Lombardia, che hanno incoronato però specialisti diversi rispetto a 12 mesi prima. In drastico calo la statistica relativa alla doppia partecipazione nei Grandi Giri. Se un anno fa a misurarsi nel doppio appuntamento erano stati 25 dei 37 capitani, nel 2019 ci hanno provato in 17, con la percentuale che è scesa dal 67,5% al 46%.
L’accoppiata più gettonata è risultata essere Tour-Vuelta, provata da 8 elementi, mentre si sono cimentati nella combinata Giro-Tour in 5 e in quella Giro-Vuelta in 4. Meno coraggio e meno continuità. Nel 2018, infatti, addirittura in tre erano riusciti a salire sul podio in due Grandi Giri, con Froome a segno in Italia e terzo alla Grande Boucle, Dumoulin sulla piazza d’onore sia a Roma che a Parigi e Miguel Angel Lopez (Astana) sul gradino più basso del podio della Corsa Rosa e della Vuelta. Quest’anno, invece, è riuscito nell’impresa il solo Primož Roglič (Team Jumbo-Visma), conquistador in terra iberica dopo aver completato il podio di Verona al Giro.
A proposito di vincitori, come hanno strutturato i rispettivi calendari i dominatori di Giro d’Italia, Tour de France e Vuelta a España? Sia Richard Carapaz (Movistar) che Egan Bernal (Team INEOS) hanno articolato il proprio su un solo evento da tre settimane. Per entrambi è stata una scelta dettata da cause di forza maggiore, con l’ecuadoriano che ha rinunciato all’ultimo a prendere il via in Spagna chiudendo il suo anno con 62 giorni di gara all’attivo, e il colombiano che ha “ripiegato con successo” Oltralpe dopo aver dovuto dire addio al tentativo d’assalto alla Maglia Rosa complice una caduta a una settimana dalla partenza di Bologna. Per lui un totale di 64 giorni di gara conditi da 5 affermazioni totali e 12 podi. Con i suoi 69 giorni, invece, Roglic ha selezionato e centrato quasi tutti gli obiettivi che si era posto. Lo sloveno ha vissuto un 2019 da incorniciare vincendo indistintamente brevi corse a tappe, Grandi Giri e gare in linea, giungendo allo striscione di fine anno con uno score impressionante che lo rende di gran lunga il migliore tra i capitani: 13 griffe d’autore e 26 podi, con gli unici passaggi a vuoto nell’ultima settimana del Giro e nella cronometro iridata, figlia anche della stanchezza accumulata sulle strade della Vuelta.
Tra i regolaristi meritano una menzione anche quei corridori capaci di finire tra i primi 10 della classifica generale in entrambi i GT a cui hanno preso parte. Ci è riuscito il tridente pesante della Movistar, che ha tuttavia raccolto i frutti migliori con l’elemento meno atteso (Carapaz). Mikel Landa Meana ha chiuso con al collo la medaglia di legno il Giro e al sesto posto la Grande Boucle, accentuando la sua idiosincrasia con i podi e l’innata capacità nello scivolare indietro, suo malgrado, nelle gerarchie di squadra a causa di eventi fortuiti. Alejandro Valverde ha impreziosito la sua maglia iridata con un nono posto finale a Parigi correndo da terzo incomodo e con la piazza d’onore alla Vuelta, punta di diamante di un 2019 corredato da 84 giorni di gara e la bellezza di 20 podi a ribadire un talento immarcescibile. Nella sua stagione anonima, invece, Nairo Quintana ha chiuso ottavo al Tour e quarto alla Vuelta, salvando entrambe le spedizioni con un bel successo di tappa. Doppia top ten anche per Rafal Majka (Bora-hansgrohe), sesto sia a Verona che a Madrid, e per un mai fortunato Miguel Angel Lopez (Astana), che non può certo gioire del settimo posto finale al Giro e del quinto alla Vuelta in un’annata che ne reclamava la consacrazione e che è invece giunta al suo nadir con appena 3 acuti in 71 esibizioni.
Slovenia sugli scudi anche per quanto riguarda il plurivittorioso nelle singole frazioni. A condividere la statuetta sono proprio Roglic (con due timbri a cronometro al Giro e uno alla Vuelta) e il connazionale Tadej Pogačar (UAE Team Emirates), che al debutto assoluto in un appuntamento di tre settimane, si è presentato sul gradino più basso del podio di Madrid forte di ben tre assoli. Si sono invece fermati a quota due Julian Alaphilippe (Deceuninck-Quick Step), Richard Carapaz (Movistar), Simon Yates (Mitchelton-Scott) e Nairo Quintana (Movistar), con il colombiano che è risultato essere l’unico a rintracciare territori di caccia privilegiati in due nazioni diverse. Roglic completa il suo show risultando anche il migliore nel rapporto tra giorni di gara e vittorie conseguite. L’ex saltatore con gli sci si è imposto nel 18,8% delle corse a cui ha preso parte, salendo sul podio nel 37,7% (26 su 69) delle occasioni. Alle sue spalle Alaphilippe (12 successi in 66 appuntamenti, pari al 18,1%), che dopo una primavera altisonante ha meravigliato alla Grande Boucle sfiorando il colpaccio e lanciando un guanto di sfida in vista delle corse a tappe del futuro, e Pogačar (12,9% con 8 su 62).
Oltre a questo terzetto, hanno sfondato la doppia cifra nella casella dei podi totali anche Valverde (20), Jakob Fuglsang (Astana) con 15, Bernal (12) e Adam Yates (Mitchelton-Scott) con 11. Se il danese ha ribadito un certo mal di stomaco sulle tre settimane dopo aver brillato nelle Classiche e negli appuntamenti di una settimana, il britannico ha confermato di non reggere ancora la pressione e i ritmi da Grande Giro dopo aver ben figurato nel percorso di avvicinamento al Tour. Tra i bocciati dell’anno, pur con motivazioni diverse, vanno inclusi giocoforza Fabio Aru (UAE Team Emirates), al via 54 volte e mai a podio in un anno in cui ha però l’attenuante di un intervento chirurgico che ne ha messo in dubbio anche il ritorno all’attività agonistica, un Romain Bardet (Ag2R La Mondiale) incredibilmente involuto, giù dal podio di Parigi per il secondo anno di fila, mai competitivo neppure negli appuntamenti di un giorno e al quale non basta una Maglia a Pois come premio di consolazione, e un Rigoberto Uran (EF Education First) poco presente ai nastri di partenza e ancor meno incisivo.
I giorni di gara dei capitani delle squadre World Tour nel 2019
Ciclista | Squadra | Giorni di gara | GT disputati | Piazzamento finale | Miglior risultato tappa | Vittorie stagionali | Podi |
Julian Alaphilippe | DQT | 66 | 1 | 5 | 1 (x2) | 12 | 19 |
Fabio Aru | UAD | 54 | 2 | 14/DNF | 5 | 0 | 0 |
Romain Bardet | ALM | 55 | 1 | 15 | 2 | 0 | 5 |
Egan Bernal | INS | 62 | 1 | 1 | 4 | 5 | 12 |
Emanuel Buchmann | BOH | 62 | 1 | 4 | 4 (x2) | 2 | 6 |
Richard Carapaz | MOV | 64 | 1 | 1 | 1 (x2) | 5 | 8 |
Tom Dumoulin | SUN | 27 | 1 | DNF | 5 | 0 | 2 |
Davide Formolo | BOH | 66 | 2 | 15/DNF | 3 (x2) | 2 | 6 |
Chris Froome | INS | 25 | 0 | – | – | 0 | 0 |
Jakob Fuglsang | AST | 76 | 2 | DNF/13 | 1 | 5 | 15 |
David Gaudu | GFC | 67 | 1 | 13 | 15 (x2) | 1 | 4 |
Bob Jungels | DQT | 65 | 1 | 33 | 7 | 4 | 6 |
Wilco Kelderman | SUN | 69 | 2 | DNF/7 | 5 | 0 | 1 |
Steven Kruijswijk | TJV | 54 | 2 | 3/DNF | 3 | 0 | 4 |
Mikel Landa Meana | MOV | 73 | 2 | 4/6 | 2 | 1 | 6 |
Pierre Roger Latour | ALM | 52 | 1 | 35 | 3 | 0 | 1 |
Miguel Ángel López | AST | 71 | 2 | 7/5 | 3 | 3 | 8 |
Rafal Majka | BOH | 78 | 2 | 6/6 | 3 | 0 | 3 |
Daniel Martin | UAD | 70 | 1 | 18 | 14 | 0 | 3 |
Enric Mas | DQT | 65 | 1 | 22 | 9 | 2 | 4 |
Louis Meintjes | TDD | 61 | 1 | 51 | 7 | 0 | 1 |
Bauke Mollema | TFS | 76 | 2 | 5/28 | 3 | 2 | 5 |
Vincenzo Nibali | TBM | 76 | 2 | 2/39 | 1 | 1 | 6 |
Sam Oomen | SUN | 31 | 1 | DNF | 11 | 0 | 0 |
Thibaut Pinot | GFC | 54 | 1 | DNF | 1 | 5 | 9 |
Tadej Pogačar | UAD | 62 | 1 | 3 | 1 (x3) | 8 | 11 |
Richie Porte | TFS | 68 | 1 | 11 | 5 | 1 | 3 |
Nairo Quintana | MOV | 80 | 2 | 8/4 | 1 (x2) | 3 | 5 |
Primož Roglič | TJV | 69 | 2 | 3/1 | 1 (x3) | 13 | 26 |
Dylan Teuns | TBM | 86 | 2 | 44/12 | 1 | 2 | 3 |
Geraint Thomas | INS | 54 | 1 | 2 | 2 | 0 | 4 |
Rigoberto Uran | EF1 | 46 | 2 | 7/DNF | 4 (x2) | 0 | 2 |
Alejandro Valverde | MOV | 84 | 2 | 9/2 | 1 | 5 | 20 |
Michael Woods | EF1 | 65 | 1 | 32 | 7 | 2 | 5 |
Adam Yates | MTS | 74 | 1 | 29 | 13 | 5 | 11 |
Simon Yates | MTS | 63 | 2 | 8/49 | 1 (x2) | 4 | 7 |
Ilnur Zakarin | TKA | 87 | 2 | 10/51 | 1 | 1 | 1 |
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