I Volti Nuovi del Gruppo, Mattia Petrucci: “Vorrei lasciare il segno già quest’anno. Qui è un altro mondo”

Il viaggio de I Volti Nuovi del Gruppo prosegue con Mattia Petrucci, nuovo acquisto della Green Project-Bardiani CSF-Faizané. Il giovane talentuoso ha fatto tanta gavetta, tra i due anni nella Continental della Groupama-FDJ e i successivi due con la Colpack-Ballan, in cui è riuscito a mettere in mostra le proprie qualità. Il veronese si è quindi accasato alla Green Project-Bardiani CSF-Faizané. La redazione di SpazioCiclismo lo ha intervistato per la rubrica che dà spazio a tutti i neoprofessionisti italiani: una parte dell’intervista è disponibile nella puntata di SpazioTalk, il podcast di SpazioCiclismo.

Descriviti ai nostri lettori. Che corridore sei?
Penso che in futuro sarò un cacciatore di tappe. Sono un corridore che tiene in salita, ma non sono uno scalatore puro. E sono abbastanza veloce. In un arrivo con 10/15 corridori potrei dire la mia. Mi ci vedo nel futuro.

Hai già ottenuto risultati interessanti da under nelle classiche collinari, come nel Piccolo Lombardia. Anche questo genere di corse può essere adatto a te?
Sì, certo. Il Piccolo Lombardia si addice alle mie caratteristiche, salite impegnative come il Ghisallo ma anche un finale tortuoso con strappi, curve, difficoltà. Sulla carta sono i percorsi migliori per me.

Passi professionista dopo aver già fatto tanta gavetta. Com’è la sensazione di questo salto di qualità?
Sono contentissimo, voglio ringraziare la squadra per avermi fatto passare professionista. Sono contento di aver finalizzato un percorso lineare, con una crescita costante anno dopo anno. Già nelle giovanili ho ottenuto risultati: sono stato campione nazionale tra gli allievi, negli juniores ho vinto dieci gare dal secondo anno. Questo mi ha fatto aprire gli occhi, da lì ho pensato di poter fare sul serio in questo sport.

I due anni nella Continental della Groupama però non sono andati come speravi.
Guardandola dopo, non è stata una scelta azzeccatissima. Non era l’ambiente giusto per me. Non ha senso rivangare. Con la Colpack invece ho avuto subito un buon feeling.

Con la Colpack hai avuto già la possibilità di partecipare a corse di alto livello in Italia. Com’è la sensazione di confrontarsi con un professionista, cosa cambia?
È totalmente un altro mondo. L’andatura media che si tiene per tutta la corsa è molto diversa. C’è una fase molto meno di studio e più di selezione da parte di chi vuole fare corsa dura. Devo migliorare sulla resistenza. So di poter fare bene sulle corse in cui arriva un gruppo ristretto, ma non è facile rimanere in quei 20 o 30 corridori che si giocano le gare più dure. Anche perché non dimentichiamo che anche le corse per i velocisti spesso hanno 1500 metri di dislivello. Non c’è più uno stacco netto tra chi va forte in salita, in pianura o su percorsi collinari, bisogna andare forte dappertutto.

Sai già dove debutterai?
Sì, la mia prima corsa è la Vuelta a San Juan. Vediamo come va, anche per valutare com’è andata la preparazione invernale. Abbiamo voluto seguire un programma nuovo, ho fatto tanta base. Solo nelle ultime settimane ho fatto più intensità, quindi dovrò sfruttare la corsa per aggiungere quello che mi manca. Ma ci tengo ad arrivarci già in buone condizioni.

Cosa ti aspetti da questa stagione?
Voglio mettermi in mostra fin da subito. Non perché senza un risultato non conti niente, ma voglio essere presente fin da subito. So che correrò competizioni abbordabili, anche se oggi pure le corse “secondarie” hanno un elenco partenti d’onore. Ma voglio lasciare un segno già in quest’annata. Chiaramente non partirò con il ruolo di capitano, come è normale che sia. Ho solo 22 anni, quando mi dovrò mettere a disposizione lo farò. Però questa è una squadra che lascia il giusto spazio a chi se lo merita. Ed è in corsa che guadagni il rispetto dei compagni.

Quando hai iniziato ad andare in bicicletta?
Da G6, quindi a 10-11 anni.

E chi era il tuo idolo?
Non avevo un corridore in particolare, stimavo fin da subito tutti i professionisti. Ammiravo molto Valverde, anche per caratteristiche mi piacerebbe avvicinarmi a lui, come corridore. Certo, vincere il 10% di quello che ha vinto lui sarebbe sufficiente… Però come dicevo vorrei avere le sue qualità, tenere bene in salita e poter vincere volate ristrette. E poi nonostante le cadute e le difficoltà è riuscito a rimanere sul pezzo fino a 40 anni.

Da veronese, hai parlato con i tanti ciclisti veronesi in gruppo?
Sì, l’ultimo dell’anno ci siamo allenati insieme e abbiamo fatto il giro del lago. Fa sempre piacere essere in questo gruppo, una loro parola conta molto per me. Oggi i giovani tendono “a sapere tutto loro”, si è un po’ persa la curiosità. Per me invece è importante affiancarmi a ragazzi più esperti nella mia squadra, come Tonelli e Gabburo. Gabburo oltretutto è anche veronese. Così posso sentire la loro opinione e chiedere un consiglio. È gente con già 6/7 stagioni nelle gambe e nella testa.

Se tu potessi scegliere una corsa da vincere nella prima stagione, e una in carriera, cosa sceglieresti?
Ce ne sono diverse che mi piacciono. Non starò a dire Tirreno-Adriatico o Giro, so che è la mia prima stagione. Ma per esempio il Giro di Slovenia, il Giro di Norvegia, hanno arrivi più adatti alle mie caratteristiche. Il livello è alto ma la condizione dei partecipanti non è la stessa che si vede al Tour de France. Anche quando partecipa il Pogacar di turno, non è mai al 100%. Certo, il suo 70% equivale al mio 120% (ride, ndr), però lo Slovenia è una di quelle corse in cui mi piacerebbe riuscire a essere davanti, magari per un podio. In futuro mi piacerebbe pensare a una tappa al Giro. Ovviamente mi piacerebbe di più vincere una classica come la Freccia Vallone o una tappa per ogni Grand Tour, ma penso sarebbe qualcosa di non indifferente.

Manda un messaggio ai tifosi o ai giovani che fanno ciclismo.
Posso consigliare solo di divertirsi, a prescindere dall’età che si ha o se si è professionisti o amatori. Se non ti diverti quando esci in bici, è difficile provare buone sensazioni e passare professionista. Poi ovvio che serve un minimo di cilindrata per passare professionista, ma è la perseveranza a farti fare il salto di qualità. Ormai tutti fanno cinque o sei ore di allenamento o vanno a dormire presto, la differenza è riuscire a fare qualcosa che gli altri non fanno.

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