I Volti Nuovi del Gruppo, Davide Piganzoli: “Non voglio perdere il vizio di lottare là davanti”

La nostra rubrica de I Volti Nuovi del Gruppo prosegue con il giovane talento Davide Piganzoli. Il corridore della Eolo-Kometa ha appena firmato il suo primo contratto da professionista con la formazione italo-spagnola, per la quale ha corso per due anni nel team Under 23. Il classe 2002 si è già tolto qualche bella soddisfazione in carriera, dal titolo di campione nazionale a cronometro Under 23 ottenuto l’anno scorso al quinto posto in classifica generale al Tour de l’Avenir 2022, condito da qualche piazzamento di tappa. Ora si racconta ai microfoni di SpazioCiclismo, in un’intervista di cui può essere ascoltato un estratto all’interno del podcast SpazioTalk.

Che tipo di corridore sei? Quali sono le tue caratteristiche?
Sono un corridore da corse a tappe. Mi piacciono le salite, soprattutto le salite lunghe. Ho anche un fisico abbastanza snello per poter fare questi percorsi. Ma mi piacciono anche le cronometro, negli ultimi anni ho visto che vado bene anche a cronometro. Potrei essere un corridore da corse a tappe, ma solo il tempo darà la risposta definitiva.

A che età hai iniziato ad andare in bicicletta?
Abbastanza tardi, da G5 o G6. Non sono stato uno dei primi a iniziare, all’inizio lo prendevo come un gioco, un divertimento. Eravamo un gruppettino piccolo nel mio paese, ma ci divertivamo. Alla fine siamo ancora qua…

Hai già ottenuto risultati molto importanti da under. Qual è quello di cui vai più fiero? E quando hai capito che avevi il motore per diventare professionista?
Tre anni fa ho fatto terzo al campionato italiano al primo anno da under, l’anno scorso sono riuscito a vincerlo. Il risultato che mi affascina di più è il quinto posto nella classifica generale del Tour de l’Avenir, con anche un secondo, terzo e quarto posto di tappa. Lì ero arrivato in ottima forma, avevo lavorato bene in altura senza fare errori e stando attento a certe cose. Ho visto i risultati, che arrivano quando dietro c’è un bell’allenamento. Avevo fatto tutto per bene e il risultato è arrivato. È la corsa più importante al mondo per gli under 23, quindi lì ho capito che sarebbe potuto essere il mio mestiere. Lo dicevo da tanto tempo, ma ho iniziato a crederci da quel momento.

Sì, l’Avenir è spesso la vetrina per far capire se un giovane ha le qualità giuste, e tu lo hai dimostrato.
Esatto, è come il Tour de France per i professionisti. Il nostro chiaramente durava dieci giorni, però erano molto duri. Alla fine l’Italia è rimasta con solo tre corridori da metà gara in poi, abbiamo dovuto dosare le forze e giocare d’astuzia. Però siamo stati premiati.

Adesso nuova avventura nella formazione principale della Eolo-Kometa. Com’è il primo impatto?
Sicuramente qua vanno molto più forte, però bisogna mantenere i nostri valori e cercare di lavorare bene, come ho sempre fatto negli ultimi anni. Ho passato bene quest’inverno, a parte qualche giorno con piccoli problemi. La squadra mi dà molta fiducia e anche questo è importante.

Passi professionista in un ambiente che ti conosce e che conosci bene, appunto la Eolo-Kometa. Come ti trovi lì e quanto è stato importante per la tua crescita graduale?
Sicuramente devo veramente tanto a questa squadra. Sono passato qui quando ancora nessuno mi conosceva. Era l’anno del Covid e io andavo bene perché ero stato preparato bene alla Trevigliese e abbiamo visto che alla fine tanti sono riusciti a passare al professionismo. Poi sono arrivato qua senza grandi aspettative, sapevo che avrei corso poco nel primo anno sia per la scuola sia perché appunto ero al primo anno. Qui guardano molto queste cose, si cerca di non far fare troppe gare a un primo anno. Mi hanno comunque fatto fare il Giro d’Italia Under 23 perché hanno visto che in Spagna avevo ottenuto buoni risultati. Sono andato bene al Giro e poi al campionato italiano. Di sicuro qui ti fanno crescere rispettando i tuoi tempi. Non tutti siamo uguali, ma alla fine è una crescita graduale.

Tanti corridori sono passati dalle giovanili della Eolo-Kometa, prima di “esplodere” nel World Tour.
Sì, pensiamo a Juan Pedro Lopez, cresciuto qua prima di diventare maglia rosa al Giro d’Italia. O a Carlos Rodriguez, che ora corre alla Ineos-Grenadiers. Lavorando in questo progetto si può arrivare lontani.

Hai legato con qualcuno in particolare in squadra?
Dall’anno scorso mi sono portato dietro Fernando Tercero, eravamo già tanto tanto amici e compagni di squadra. Nel primo ritiro sono stato in camera con lui, ora sono stato in camera con Fancellu. Con lui sono andato a Sestriere e all’Avenir, poi abbiamo anticipato entrambi il ritiro di una settimana. Anche con quelli un po’ più esperti mi trovo bene: penso a Gavazzi, che abita vicino a me, a Fortunato… Ho parlato tanto anche con loro, siamo un bel gruppo.

Conosci già il tuo calendario per la stagione?
Più o meno sì, anche se sappiamo che potrà cambiare molto. Dipenderà molto dagli inviti, essendo una Professional. L’idea è partire con calma, senza fare gare di livello troppo alto. Inizio al Tour of Antalya in Turchia, poi mi sposterò in Italia a fare le principali gare italiane. Il primo marzo sarò al Laigueglia, poi farò qualche giorno all’Istria Tour, poi andrò in Italia facendo la Milano-Torino e la Coppi e Bartali.

Sarà una stagione di adattamento, ma non escludi la possibilità di provare a piazzarti.
Sì, ne ho parlato con la squadra. È importante fare esperienza nei primi anni, ma è anche importante non perdere il vizio di essere lì davanti a combattere. Quindi farò anche gare un pochino di livello inferiore per non perdere l’abitudine di stare davanti.

Che gare ti piacerebbe vincere quest’anno?
Parto sempre con l’idea di lottare per vincere, quando sto bene. Non ne ho una in particolare. In carriera invece sogno di vincere un Grand Tour un giorno, da italiano mi piacerebbe il Giro d’Italia. Con i manager che abbiamo noi, Ivan e Alberto… È giusto imparare da loro e continuare a crescere. Il tempo darà le risposte.

Lancia un messaggio ai tifosi.
Ai giovani voglio dire che è importante che continuino a seguirci. Abbiamo visto come in Belgio e in Olanda il ciclismo è guardato in un altro modo, è un altro sport. Alla fine noi siamo l’Italia, siamo una nazionale forte, con un movimento giovanile ampio. È importante continuare con questo progetto per una crescita graduale, che siano coinvolte sempre più società nel ciclismo. Nei primi anni però un giovane deve solo divertirsi. I sacrifici vanno fatti, ma con i tempi giusti. Se inizi a fare sacrifici a 15 o 16 anni, successivamente non hai più la voglia di farli. Sappiamo che ora tra i professionisti serve fare grandi sacrifici, sia per l’alimentazione sia perché si sta molto lontano da casa. Se si fanno all’età giusta si possono mantenere, se si iniziano a fare a 13 o 14 anni diventa già molto più difficile.

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