#SpazioTalk, Davide Cassani: “Mi aspetto molto da Baroncini e poi speriamo in Tiberi – Bisogna alzare il livello del nostro dilettantismo e al ciclismo italiano servirebbe un Sinner”
Lo sguardo di Davide Cassani si posa sui problemi, sulle speranze e sulle prospettive del ciclismo su strada italiano. L’ex corridore ed ex Commissario tecnico della Nazionale ha analizzato la situazione attuale, quella che porta all’inizio della stagione 2024, parlando ai microfoni di SpazioTalk, il nostro podcast settimanale, e soffermandosi su alcune questioni che lo hanno visto anche coinvolto in prima persona, come quella dell’allestimento di una squadra WorldTour di licenza italiana, che manca ormai da tanti anni (l’ultima fu l’allora Lampre-Merida, nella stagione 2016).
Hai un progetto Continental, ma non uno professionistico. Perché e perché è così difficile per le squadre italiane avere aziende italiane che investano in questo sport?
Sono diversi anni che non c’è una squadra WorldTour italiana, vuol dire nessuno trova le risorse per allestire una formazione di tale spessore. Rispetto ad alcuni anni fa il budget necessario è sensibilmente aumentato, e in Italia non ci sono sponsor che investano così tanto nel ciclismo. Ma è un problema comune anche per tanti altri sport. Trovare risorse per lo sport è sempre complicato e per me è stata la stessa cosa: in passato ci ho provato ad allestire una squadra WorldTour, ma non ho trovato le risorse.
Parlando di atleti, come valuti la situazione degli italiani. C’è qualcuno che ti ha sorpreso nel 2023?
No, sorpreso no. Filippo Ganna è ancora in una fase di crescita, il secondo posto alla Sanremo e il sesto alla Roubaix ci dicono che può ambire a risultati ancora più importanti. Lui è ancora concentrato sulla pista e secondo me fa bene, perché gli piace e perché gli fa bene. Nel 2024 i suoi obiettivi principali saranno i Giochi Olimpici di Parigi 2024 e cercherà di preparare cronometro e gare su pista, anche se, guardando alla cronometro, con avversari come Joshua Tarling e Remco Evenepoel, non sarà semplice. Ma il percorso di questa prova potrebbe essere più adatto a lui rispetto a quello che abbiamo trovato a Tokyo 2020. Jonathan Milan è cresciuto, ha fatto un ottimo Giro d’Italia e ora, cambiando squadra, mi auguro possa avere nuovi stimoli e magari compagni di squadra in grado di poterlo aiutare. Bisogna capire dove può arrivare, perché non è solamente un corridore da tappe, ma potrebbe diventare un corridore da classiche. Stesso discorso per Alberto Dainese, che ha fatto benissimo a cambiare squadra. Restando nelle corse di un giorno, ha fatto un gran finale di stagione Andrea Bagioli, con una fantastica ultima settimana. Anche lui cambia squadra e chissà che non possa trovare la continuità che nel 2023 non ha avuto. Poi, però, siamo ancora alla ricerca di un corridore da corse a tappe. Io mi aspetto molto da Filippo Baroncini, che è stato davvero molto sfortunato: i numeri li ha e ha anche la testa, spero abbia un po’ più di fortuna.
Altri nomi?
Bisogna capire cosa potrà fare Giulio Ciccone. Per adesso non è mai riuscito a fare classifica nelle grandi corse a tappe. Nel 2023 è stato bravo al Tour de France, perché ha sfruttato l’occasione andando vicino a vincere una tappa e portando a casa la Maglia a Pois. Non so se sarà in grado di fare classifica, però anche Damiano Caruso ha fatto classifica non da ragazzino e ha fatto un bel podio al Giro d’Italia. Resta innegabile che per il momento non abbiamo un corridore per le corse a tappe. Speriamo in Antonio Tiberi, che è un ragazzo che ha buone doti: bisogna vedere se ha il carattere giusto, la cattiveria agonistica e la voglia di arrivare in alto. È poi innegabile che in questo periodo storico del ciclismo ci sono 5-6 elementi che sono nettamente più forti e che non lasciano spazio a nessun altro.
Si torna quindi al discorso delle squadre: magari alcuni corridori, in una formazione italiana, avrebbero più spazi a disposizione?
Ora, comunque, ci sono la Lidl-Trek e l’Astana Qazaqstan che sono squadre che hanno una forte matrice italiana. Quindi speriamo che i ragazzi italiani possano trovare gli spazi giusti, ma è naturale che questi spazi devi anche conquistarteli. Alla fine non è le squadre ti frenino; se vai forte, ti lasciano andare e ti dànno anche responsabilità. Certo, avessimo una squadra WorldTour sarebbe sicuramente meglio perché sarebbe un punto di arrivo, oltre che un faro per tutto il movimento ciclistico italiano.
Quale sarebbe la soluzione per far uscire il ciclismo italiano da queste difficoltà?
Migliorare nel settore giovanile, cercando di offrire un calendario migliore ai nostri Under 23, che ora o vanno all’estero o sono costretti ad affrontare un calendario risicato. Adesso ci sono tante squadre Continental e molte di loro hanno capito che il ciclismo è cambiato e stanno cercando di portare i loro ragazzi all’estero. Abbiamo bisogno di più corse a tappe e abbiamo bisogno di alzare il livello del nostro dilettantismo. Non possiamo pensare di copiare quello che facevamo 30-40 anni fa, quando le nostre squadre erano di livello mondiale. All’estero hanno cambiato e anche noi lo stiamo facendo, ma dobbiamo farlo più in fretta. Non sono ottimista, ma sono fiducioso che si possa fare qualcosa di buono. Bisogna comunque valutare che, a livello di squadre giovanili, la nuova legge sulle associazioni sportive ha impaurito tante realtà e gli organizzatori hanno sempre più difficoltà ad allestire corse. Dobbiamo cercare di fare squadra fra i vari settori, altrimenti non andiamo da nessuna parte.
Restando sull’attualità, servirebbe un “Effetto-Sinner”?
Certo che sì. A parte il calcio, tutti gli sport hanno bisogno di un trascinatore, come sono stati Alberto Tomba e Marco Pantani e come adesso lo è Jannik Sinner. Sì, ci vorrebbe un Sinner anche per noi.
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