Nippo-Vini Fantini, Cunego riflette sulla sua carriera: “So che c’è chi mi rimprovera di aver ottenuto meno di quanto potessi”

Damiano Cunego ha appeso la bicicletta al chiodo sabato scorso, al termine dei Campionati nazionali. Essendo stato uno dei simboli del ciclismo italiano degli ultimi 15 anni, bilanci sulla carriera del veronese da parte di tifosi e addetti ai lavori si sono susseguiti. C’è chi riconosce l’incredibile talento del Piccolo Principe, vincitore del Giro d’Italia 2004 a soli 22 anni, e chi invece lo rimprovera per non essere riuscito a sfruttare del tutto le sue potenzialità. Il bottino finale parla comunque di 44 vittorie da professionista, numero che lo innalza a ben più di un semplice corridore.

“È arrivato il momento di dire basta e di voltare pagina – ha spiegato Cunego in un’intervista all’Arena – La mia nuova vita non mi spaventa. Sono soddisfatto di quello che ho ottenuto“.

Tra i rimpianti più grandi c’è il secondo posto di tappa in cima all’Alpe d’Huez al Tour de France 2006 (che alla fine chiuse undicesimo in maglia bianca), quando venne battuto solamente negli ultimi metri da Frank Schleck. “Quel 2° posto dietro Franck Schleck è uno dei miei più grandi rimpianti – ha ammesso ancora l’ex Lampre – Al momento giusto, lui ha avuto un cambio di ritmo. Nei primi 80 chilometri, sia io che Schleck avevamo speso tantissimo per centrare la fuga giusta e sono arrivato molto stanco”.

Anche il Mondiale di Varese 2008, seppur vinto dal compagno di nazionale Alessandro Ballan, non gli fa affiorare bei ricordi: “Un altro grande rimpianto. Nel gruppo in fuga ero il più veloce, come ho dimostrato nella volata. Ma era per la medaglia d’argento. Ballan ha anticipato tutti e, chiaramente, io e Davide Rebellin abbiamo difeso la sua bella azione. Ogni tanto penso a quel giorno: poteva essere una svolta importante della carriera“.

Il suo personale bilancio, che alla fine è quello che conta, è però più che positivo, con buona pace di coloro che lo criticano: “So che c’è chi mi rimprovera di aver ottenuto molto meno di quello che avrei potuto, ma se avessi vinto il Mondiale a Varese nel 2008 cosa direbbero? – ha concluso – Da piccolo sognavo di diventare un corridore di livello e ci sono riuscito, ora devo rigenerarmi, tornando sui… banchi di scuola perché ho tanto da imparare per tornare ad essere grande. Devo essere un buon professionista anche giù dalla bici”.

Autore di alcune grandi stagioni, ovviamente con il successo al Giro 2004 sempre nella mente di tutti, condizionandone inevitabilmente la carriera, sorprende dunque per certi aspetti sentire quale sia stato secondo lui il miglior Cunego, quello del 2006-2007: “Come performance, si è visto, a mio avviso, il Cunego più forte di sempre con un 4° e un 5° posto al Giro. Si possono dire tantissime cose, si è continuato a paragonare tutto a quel 2004, ma se vado vedere i diari che scrivevo quotidianamente c’è la conferma che allenamenti e prestazioni erano migliori di quelli del 2004. Solo che il livello si era alzato molto”.

Il momento della svolta, quando è iniziato il declino, è paradossalmente corrisposto invece a quando sembrava poter tornare ad alti livelli:  “Nel 2011 sono andato molto forte al Giro della Svizzera, perso all’ultimo giorno nella cronometro per soli 4”. E ho fatto 6° al Tour. Ero consapevole di un grosso cambiamento in atto. Sky ci stava proiettando a un ciclismo schematico e mi accorgevo che, per essere al top, avrei dovuto fare allenamenti e preparazione esasperanti. E in me, a livello di testa, tutto questo ha pesato“.

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