Samuel Sanchez, la sua verità: “Tante bugie sulla mia positività, ho dimostrato la mia innocenza; ma in questi casi puoi farlo solo con tanti soldi”

Samuel Sánchez è stato un corridore di altissimo livello nei primi quindici anni del XXI secolo. Asturiano di Oviedo, ha vinto la prova in linea dei Giochi olimpici di Pechino 2008 e in bacheca ha anche il secondo posto al Tour de France 2010 (a seguito delle squalifiche incassate da Alberto Contador e Denis Menchov). Il periodo è di quelli accidentati, dal punto di vista del doping, ma Sánchez, passato professionista nel 2005 con la Euskaltel-Euskadi, aveva condotto tutta una carriera senza incappare in alcun problema, fino a quello che lo ha portato al ritiro, anticipato rispetto al suo volere.

Era il 2017 e Sánchez, all’epoca 39enne e in forza alla BMC, stava per correre la decima Vuelta a España della sua carriera. Prima della partenza, però, uscì la notizia di una sua positività al GHRP-2. Lo spagnolo fu sospeso e successivamente si vide comminare dall’UCI una squalifica per due anni, nonostante la stessa Unione Ciclistica Internazionale riconobbe, al termine del procedimento relativo al caso, che la positività fu frutto di una contaminazione alimentare. Alla fine della squalifica, nel 2019, Sánchez aveva 41 anni e non riprese più a gareggiare.

A distanza di tanto tempo, l’iberico, 34 corse complessivamente vinte in carriera, ha raccontato la sua vicenda a Escapa Podcast: “Ci sono voluti tanto tempo e tante prove, ma dopo due anni sono riuscito a dimostrare la verità, che non era solo la mia, ma quella dell’UCI. Hanno riconosciuto che si era trattato di contaminazione alimentare, ma la sospensione minima era di due anni per regolamento, anche se era dimostrato che io fossi stato testato positivo senza essermi dopato. Infatti, non mi hanno neanche sanzionato con una multa. A quel punto, ognuno può dire la sua, ma io ho la coscienza pulita”.

Sánchez sottolinea uno degli aspetti più complicati con cui ha avuto a che fare: “I media – le sue parole – A causa di scarsa informazione e voglia di sensazionalismo hanno lanciato accuse totalmente false. Avevano parlato di positività all’Ormone della crescita, ma non era vero. Avevano parlato di un’iniezione, ma la sostanza che hanno trovato nelle mie analisi non può essere iniettata in alcun modo in un corpo. Sono stato testato positivo a una molecola che è frutto dell’unione di quattro aminoacidi e che può rimanere fuori dalle analisi per 5 anni. Nel mio caso, è risultata una quantità bassissima, dovuta alla presenza in un integratore alimentare”.

Questo fatto induce l’asturiano a una riflessione sui regolamenti: “Nel caso di alcune sostanze, che è il mio ma anche quello che ha riguardato Alberto Contador, bisogna quantificare la soglia che possa portare a una squalifica, perché sotto quella soglia non si producono miglioramenti nelle prestazioni. Di certo, ora il sistema è sbagliato: se hai tanti soldi, riesci a difenderti. Altrimenti, niente. A me, fin dal primo momento, gli avvocati hanno detto che la difesa mi sarebbe costata tantissimo, ma ero convinto di non aver fatto niente di mia volontà. Dal punto di vista emotivo, dimostrare che non era colpa mia, che non mi ero dopato, mi avrebbe dato pace”.

Sánchez ribadisce: “Le regole sulle contaminazioni da cibo sono da aggiornare, se pensi a quello che è successo a me, a Contador, a Michael Rogers e a tantissimi altri atleti. Queste cose ti portano ad affrontare tante brutte situazioni. Io ho dovuto ritirarmi quando non volevo farlo. Se mi fosse successo a 30 anni, magari avrei ripreso a correre e la cosa poteva anche sembrare dimenticata. Così non è stato e per me ha significato la fine della carriera”.

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