Lappartient su sicurezza, squadre da 6, radioline, dominio Sky, Caso Froome… L’integrale dell’intervista della discordia del presidente UCI

Fanno scalpore in questi giorni le nuove dichiarazioni di David Lappartient. Il presidente UCI ha concesso una lunga intervista nella quale affronta alcuni scottanti argomenti emersi negli ultimi tempi, dal doping alle problematiche di sicurezza, passando per il dominio del Team Sky, fischiatissimo, durante il Tour de France 2018 appena concluso. Temi centrali di quello che potrebbe essere anche il ciclismo che verrà che hanno scatenato un grande dibattito già prima di questa intervista realizzata dal numero uno del ciclismo, le cui dichiarazioni sono state successivamente in questi giorni riprese e commentate da molti.

Vi proponiamo dunque la traduzione integrale di questa intervista realizzata da Lionel Pittet e Laurent Favre per il quotidiano elvetico Le Temps, che potete trovare in originale a questo link.

Geraint Thomas, vincitore del Tour, ha ricevuto diversi fischi dai tifosi durante la corsa. Cosa ne pensa?
Non è mai piacevole, come leader di uno sport, vedere il vincitore della prova più prestigiosa ricevere dei fischi. Anche se il concorrente più preso di mira è stato Froome, non è né buono né sano. Ma non si può dettare la condotta al pubblico, fa ciò che vuole. E i fischi non hanno mai ucciso nessuno. È più fastidioso quando le persone attaccano fisicamente i corridori.

I pugni ai ciclisti esistevano già il tempo di Eddy Merckx …
Nel Tour de France, ci sono da 10 a 12 milioni di spettatori a bordo strada. Che nel lotto ci siano due o tre idioti, statisticamente, è inevitabile. Fortunatamente, questi comportamenti rimangono molto marginali. Faremo un’analisi dettagliata per vedere se possiamo migliorare in termini di sicurezza, ma dobbiamo renderci conto che la Grande Boucle mobilita il 10% della forza della gendarmeria nazionale, o 10.000 uomini, senza contare quelli degli altri servizi dell’ordine. È un numero considerevole.

Mettere transenne su tutte le salite non è fisicamente fattibile. Detto questo, dobbiamo riconoscere che quest’anno sul Tour de France regnava un’atmosfera pesante …

Come si è manifestata?
Non è veramente tangibile. È nell’aria, nelle discussioni che hai con gli appassionati… Non c’è né la stessa freschezza né la stessa passione del solito. Ci son state diversi episodi: la protesta degli agricoltori, la caduta di Vincenzo Nibali sull’Alpe d’Huez … Accumulandosi, questi incidenti appesantiscono l’atmosfera. È un classico: quando un Tour de France parte male, non migliorerà.

Il Tour de France è partito male a causa del caso Froome?
Sì. Chiudendo la procedura in seguito al suo controllo anomalo l’UCI ha preso la decisione che doveva prendere. Si è basata su criteri cartesiani, giuridici e se una presa di posizione dell’Agenzia Mondiale Antidoping. Ma io che sono un amministratore locale, so perfettamente che se da un lato ci sono i fatti come sono, dall’altro c’è la percezione di questi fatti sul pubblico. Che, a volte, è il contrario della realtà.

Perché la decisione di lasciar partire Froome è stata vissuta male dagli appassionati?
Questione di tempistiche. Per mesi non è successo nulla e poi, all’improvviso, la decisione arriva a quattro giorni dalla partenza del Tour. Inoltre, il giorno prima del nostro annuncio con cui Froome veniva scagionato ASO lo aveva respinto. Cosa può pensare il tifoso occasionale? Che il Tour cerca di fare quel che deve, punendo chi imbroglia, mentre le istituzioni, AMA e UCI, abbassano la testa di fronte a Sky.

Però, nel momento in cui ASO annuncia la sua intenzione di non autorizzare Froome a partecipare, sapevano che noi stavamo per emettere il nostro verdetto, perché li avevamo informati. Ma comunque decide di farlo. Mossa intenzionale o fortuita, non lo sapremo mai. Ma ci ha messo in difficoltà, perché l’UCI passa per i cattivi della situazione, scagionando un corridore che l’organizzatore di una corsa era pronto ad escludere.

Non sarebbe stato meglio, per l’immagine del ciclismo, che Chris Froome fosse sanzionato?
L’UCI sarebbe stata più popolare, sicuramente. Ma, con il rischio di deludere gli appassionati, una federazione internazionale non può condannare un innocente. Cosa è successo in questo caso? L’AMA, che solitamente non interviene mai in primo grado ma in appello, ha sconvolto le sue abitudini per scriverci che il caso Froome non costituiva una violazione delle regole antidoping. Che il caso fosse chiuso. A quel punto non potevamo fare altro che adeguarci. L’UCI non può sanzionare un corridore pensando alla propria immagine.

Il budget della Sky è quasi quanto quello di UCI e AMA. Come gestire una federazione quando una squadra è così forte?
Si tratta di una squadra che ha molti soldi, è evidente. Questo gli permette di pagare molti esperti per investigare un caso, per trovare gli errori. Ma questa capacità di difendersi bene non è un braccio di ferro con l’UCI. Quel che è contato, nel caso Froome, è la forza degli elementi a sostegno del dossier, semplicemente. Aggiungerei che se la Sky ha un ottimo avvocato, così è anche per l’UCI.

Poi ci sono anche i rischi. Se, avendo in nostro possesso le conclusioni dell’AMA in cui si diceva che Froome non aveva violato il regolamento, lo avessimo comunque sanzionato ci saremmo esposti. Dal canto suo l’AMA è stata spaventata da questo caso? Non è a me che bisognerebbe chiederlo.

Dal suo punto di vista, il bugdet dell’AMA è sufficiente?
Questo è un argomento importante. L’AMA ha un budget di 50 milioni di euro, l’UCI di 40 e la Sky di 35. Siamo lì. L’Agenzia Mondiale Antidoping ha le spalle abbastanza forti, da un punto di vista generale e non solo in questo caso, per lavorare? Nel caso di un atleta che si fa prendere con una dose da cavallo di EPO, nessun problema, ma per sostanza più complesse, in cui i risultati dei test possono essere contestati… Sì, la domanda è lecita.

Nel 2018 il ciclismo vive ancora in un era post-Festina?
Oggi, abbiamo un ciclismo pulito. Non al 100%, che sarebbe utopico, ma rispetto a venti anni fa, ora assistiamo ad un ciclismo vero. Basta guardare le facce dei corridori all’arrivo: sono al limite. Perché un ciclista ora può vincere un GT a pane e acqua. Nel 1998 non era possibile. Ma resta vulnerabile: quando uno scandalo colpisce il miglior corridore della sua generazione, ovviamente non sono i progressi dell’antidoping sui quali ci si sofferma.

Per questo si è impiegato così fermamente contro il doping tecnologico sin dalla sua elezione?
Sì, perché mentre abbiamo fatto pulizie per quanto riguarda il doping tradizionale, sarebbe terribile che il pubblico ora pensasse che sono le bici ad essere dopate. Vogliamo evitare lo scandalo. Quando sono arrivato all’UCI c’erano molti rumors al riguardo. Abbiamo fatto il necessario per farli tacere. Oggi, il motore non è più un argomento nel ciclismo professionistico.

Il pubblico, che non è mai contento, non ama molto il dominio della Sky. Lo comprende?
Ci sono tre elementi per spiegare questa sfiducia, pur non giustificandola ovviamente. Innanzitutto, l’ho già detto e questo non mi rende tutti amici, la Sky porta con sé alcuni scandali interni: il famoso pacco, le dichiarazioni dell’ex allenatore Shane Sutton sul modo di portare un corridore ad essere al 100% e l’inchiesta parlamentare britannica. Tutto questo lascia delle tracce.

Inoltre, c’è ovviamente il caso Froome, che dà l’impressione al grande pubblico che le istituzioni si siano chinate di fronte alla squadra, anche se non è questo il caso. Infine, c’è il modo in cui la squadra corre. Vince, quindi avrebbe torto a fare diversamente, ma il pubblico la vede diversamente, vuole lo spettacolo. La Sky è come una squadra di calcio che gioca in maniera molto concreta, ma senza entusiasmare i suoi appassionati.

Ha un esempio preciso in testa?
Il primo tempo della Francia nella finale del Mondiale! I bleus non riuscivano a fare due passaggi di fila contro i croati che giocavano in maniera stupenda. Ma la freddezza e il pragmatismo fanno la differenza. Detto ciò, queste così, non scatenano la folla. La Sky vince, quindi ha ragione. Ma quando un telespettatore vede otto corridori di una squadra fare l’andatura e tenere la corsa chiusa pensano a cambiare canale per guardare una serie TV. In questo senso, la palla sta a noi: spetta all’UCI fare in modo che le corse siano più appassionanti.

Quest’anno avete ridotto le squadre da nove a otto…
Per far sì che questa misura sia efficace bisognerebbe andare oltre, con una riduzione a sei, secondo me. In sette, una squadra come la Sky tiene ancora chiusa la corsa. In sei, togliendo il leader, restano solo cinque corridori per tirare e faticherebbero un po’ di più. Contemporaneamente, servirebbero forse più squadre, per avere un gruppo comunque di numero sufficiente. Organizzeremo uno studio di attrattiva perché ci sono tanti aspetti da tenere in considerazione. Bisogna proibire le radioline che uccidono l’iniziativa e i misuratori di potenza che portano i corridori al controllo? Bisogna ripensare il format delle tappe? Dobbiamo analizzare tutto.

Sta pensando a creare una sorta di fair-play finanziario?
Sono contro il salary cap individuale. Se una squadra vuole pagare un corridore otto milioni l’anno, nessun problema. Ma penso che potremmo regolare la massa salariale complessiva delle squadre, in modo da equilibrare le forze. Perché oggi si nota come la Sky abbia Geraint Thomas, Chris Froome ed Egan Bernal, ovvero tre corridori che potrebbero essere primo, secondo e terzo del Tour de France. Invece, è nell’interesse del ciclismo che i migliori siano in squadre diverse. Ed è questo che fa la forza del Giro: siccome i migliori gregari sono al riposo in vista del Tour de France, i leader sono molto meno ben circondati e si ritrovano presto a lottare fra loro.

Il Tour de France è diventato di una importanza senza rivali con le altre corse, questa cosa preoccupa?
Non bisogna certo provare a ridurre l’appeal del Tour, che rappresenta un valore immenso per il ciclismo. La domanda da farsi è come fare a vendere meglio il Giro, una prova fantastica che per esempio è difficile da seguire negli Stati Uniti, o le classiche. Parigi – Roubaix e il Giro delle Fiandre sono qualcosa di straordinario! Sono le corse più appassionanti, perché non puoi conoscerne lo svolgimento in anticipo. Come dargli la visibilità che meritano?

Sono le domande che tutte le discipline si fanno: come conquistare il mondo, come ottenere nuovi mercati…
Il nostro vantaggio rispetto a molte di queste è che la competizione globale ce l’abbiamo già nel Tour de France. È trasmesso in 190 paesi, rappresentando un totale di 3,5-4 miliardi di spettatori. Dobbiamo servircene per svilupparci ovunque. In Sudamerica, dove la popolarità del ciclismo è incredibile. In Africa, dove vogliamo organizzare i Mondiali. In Cina, dove ci è stato detto che l’obiettivo è di fare del ciclismo uno degli sport principali. Ma la Cina ad oggi non ha che 2800 affiliati, quattro volte meno che in Bretagna… Sono cose che non si fanno in un paio di anni. Qui, ad Aigle, formiamo gli atleti delle piccole nazioni del ciclismo, per far crescere lentamente la cultura del ciclismo.

Come si passa dalla bicicletta al ciclismo?
La bicicletta come mezzo di trasporto è sempre più popolare. Abbiamo un intero dipartimento all’UCI che lavora sulla transizione tra spostarsi in bici e correre. Questo passa da una tappa intermedia: la bici in quanto divertimento, per fare degli usciti nel fine settimana con gli amici o durante eventi ciclosportivi. Mezzo di trasporto, divertimento, sport: bisogna riuscire a collegare il tutto.

Oggi, esiste una cultura della bici, che si propaga anche ai piani alti, fra i quali “il ciclismo è il nuovo golf”…
Sì, ed è così. A titolo personale, ho ripreso a correre per poter parlare, anche di lavoro, con alcune persone. La bici è stata passato per un certo tempo, ora è tornata di tendenza. Ci sono anche linee di abbigliamento legate al ciclismo, dei bike shop, dei bike coffee… Per me questo va oltre l’effetto moda. C’è una tendenza di fondo, che si palesa anche con il grande numero di donne che decidono di andare in bici mentre prima era una attività molto maschile. Oggi, le persone stanno attente alla linea, curano il proprio benessere, quindi siccome a 40 anni non possono più correre perché le rotule fanno male, salgono in sella.

Questa immagine cool stona invece con l’immagine sporca dello sport.
Per trovare degli scandali bisogna ammettere che il ciclismo è una buona miniera. E quando uno trova una miniera ricca, la sfrutta, non ne cerca un’altra… E il caso Froome la ha arricchita.

Da dieci anni, il ciclismo è obiettivamente lo sport che lotta più apertamente contro il doping. La sua cattiva immagine è ingiusta?
L’UCI impiega il 25% del suo budget nella lotta al doping, ovvero circa 10 milioni di euro l’anno. Alcune federazioni internazionali allocano 50.000 euro. Noi cerchiamo, troviamo e sanzioniamo. Andiamo sempre più avanti. Un esempio è il Tramadol. Un vero e proprio prodotto dopante che alza al soglia della tolleranza al dolore, ma non è sulla lista dei prodotti dopanti dell’AMA. Abbiamo deciso di vietarlo per ragioni di sicurezza. Se prendi questo prodotto non puoi guidare una macchina, quindi cosa giustifica che si possa fare una competizione ciclistica? È pericoloso.

Insomma, proibiremo il Tramadol. Lo ricercheremo nei controlli e rischiamo di trovarne. Questo creerà forse un nuovo scandalo. Ma la verità è che saremo gli unici a cercare l’utilizzo di questa sostanza. Il nostro passato, che è diventato la nostra tara, ci impone di essere all’avanguardia.

2 Commenti

  1. Sono d’accordo sul togliere le radioline per mettersi in contatto con le ammiraglie, ma le lascerei collegate con il direttore di corsa per segnalare pericoli duranta la gara.
    La riforma fondamentale sarebbe togliere i misuratori di potenza in gara, il corridore deve andare più a sensazione e non a numeri. Anche le squadre a 6 mi trova d’accordo. Spero che qualcosa venga fatto perchè così lo spettacolo latita.
    Cmq mia personalissima idea, la prima cosa da fare è togliere i misuratori di potenza.
    Saluti
    Simone

  2. Penso che i tifosi francesi non sono mai stati sportivi con i campioni stranieri che possono vincere il Tour,e penso anche che personaggi come Bernard Hinault dovrebbero evitare di fare certe dichiarazioni.Anche gli organizzatori della prestigiosa corsa francese non sempre sono impeccabili.Per il resto ben vengano tutte le regole possibili e immaginabili per la sicurezza e lo spettacolo.

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