Pagelle Tour de France 2023: Vingegaard impeccabile, Pogačar oltre il limite – Philipsen padrone delle volate, Ciccone fa felice l’Italia
Jonas Vingegaard (Jumbo-Visma), 10 e lode: Perfetto, dall’inizio alla fine del Tour. Il danese si conferma il miglior interprete di grandi giri attualmente in circolazione con tre settimane senza alcun cedimento, correndo costantemente a un livello eccezionale. Il colpo decisivo lo piazza con una cronometro individuale, che rimane anche l’unica sua vittoria di tappa di questa edizione, e finisce per piegare la resistenza del rivale per la Maglia Gialla sfruttandone al massimo la giornata negativa. L’uomo di Hillerslev è al terzo podio consecutivo al Tour de France ed è ancora tutto sommato giovane: con questo Tour potrebbe essere iniziata l’era-Vingegaard.
Jasper Philipsen (Alpecin-Deceuninck), 10: Sconfitto solo l’ultimo giorno, lo sprinter belga domina gli sprint e la classifica a punti portandosi a casa quattro tappe e la prestigiosa Maglia Verde dimostrandosi non solo il più forte velocista del momento, ma anche un corridore capace di fare molto più che sprintare, senza snaturarsi e perdere il suo spunto veloce. Dopo i due successi della passata edizione, ribadisce ancora una volta come la sua squadra non dipenda solo da un uomo (che comunque ha dato un grandissimo contributo anche per questo risultato).
Tadej Pogačar (UAE Team Emirates), 9: A pedivelle ferme si può dire che quel che ha fatto lo sloveno, dopo l’infortunio accusato alla Liegi-Bastogne-Liegi e il conseguente complicato percorso di avvicinamento al Tour, è stato straordinario. Con il rivale danese ha messo in scena a più riprese un duello memorabile, fra attacchi, contrattacchi e punzecchiature agonistiche. Alla fine, paga la crisi di un giorno e deve accontentarsi, per il secondo anno consecutivo, del posto d’onore sul podio di Parigi. Chiude comunque con due vittorie di tappa, due secondi posti di giornata e altrettanti terzi, oltre che con la Maglia Bianca e con il quarto podio consecutivo al Tour de France: impossibile non considerarlo un bilancio eccezionale.
Adam Yates (UAE Team Emirates), 8,5: Pur lavorando per il suo capitano, per il quale da subito è pronto a sacrificarsi, il britannico riesce a ritagliarsi uno spazio importante sin dal primo giorno, conquistando tappa e leadership. Con indosso la Maglia Gialla è comunque da subito al servizio dello sloveno e non esita dare tutto per lui ogni volta che è possibile, diventando l’ultimo lanciatore di un gruppo in cui tutti hanno risposto ben presenti, dagli scalatori Rafal Majka (8) e Marc Soler (7), discontinuo ma prezioso nel giorno della grande crisi, ai passisti come Matteo Trentin (7,5) e Mikkel Bjerg (7,5).
Mads Pedersen (Lidl-Trek), 8,5: Vincitore a Limoges, pluripiazzato e onnipresente, non solo per sé ma anche al servizio del team assieme ad uno splendido Mattias Skjelmose (7,5), l’ex campione del mondo ribadisce le qualità che non a caso gli permettono di indossare l’iride sulle maniche e il collo. La generosità è il tocco in più per un corridore che forse senza spendere così tanto per gli altri avrebbe anche potuto raccogliere qualcosina in più in prima persona.
Giulio Ciccone (Lidl-Trek), 8: Arriva al Tour per riscattare la delusione di un Giro che gli è stato tolto ancor prima di poter partecipare e ci riesce benissimo. Partito senza alcuna ambizione di classifica, pronto ad allontanarsi dalle zone alte per togliersi qualsiasi pressione inutile, l’abruzzese prova da subito a mettersi in mostra e coglie un bel secondo posto già il quinto giorno, cominciando così a strizzare l’occhio a quello che sarà poi il suo grande obiettivo, la Maglia a Pois. Per quella decide di sacrificare qualsiasi altra cosa, correndo con la grande aggressività e determinazione che lo caratterizzano fino a centrare un obiettivo tutt’altro che semplice.
Felix Gall (AG2R Citroën), 8: La consacrazione ad altissimo livello per un corridore di cui si diceva già un gran bene. Va in fuga due volte e raccoglie un terzo posto sui Pirenei e una memorabile vittoria sulle Alpi, imponendosi un traguardo prestigioso come quello di Courchevel. Chiude con il punto esclamativo, rimanendo con Vingegaard e Pogačar sull’ultima salita del Tour e andando a prendersi un altro secondo posto di giornata. Entra nella Top 10 finale e garantisce alla sua squadra un bilancio generale più che positivo.
Carlos Rodriguez (INEOS Grenadiers), 8: Al primo Tour della carriera, finisce, giorno dopo giorni per assumere i gradi di capitano unico di una squadra molto blasonata. Lui tiene botta alla grande e accarezza anche il sogno-podio dopo la grande vittoria ottenuta in solitaria sul traguardo di Morzine, momento da incorniciare per lui. Il 22enne spagnolo accusa però un calo nell’ultima settimana e perde qualche posizione in classifica generale, dimostrando però grande caparbietà a seguito della caduta in cui è rimasto coinvolto nella penultima tappa.
Sepp Kuss (Jumbo-Visma), 8: Senza le cadute degli ultimi giorni avrebbe sicuramente centrato il suo miglior risultato in classifica in un GT, specialità nella quale ha sempre scortato i suoi capitani quantomeno sul podio finale, dimostrandosi spesso e volentieri il gregario più forte in salita, non solo del suo team, ma dell’intero gruppo. Capace di fare la differenza e mandare in difficoltà tutti i rivali del suo capitano è stato l’ultima freccia dopo che i primi colpi venivano assestati da Christophe Laporte (8) fino alla consegna dell’arco da parte quasi sempre di Wilco Kelderman (7).
Adrien Petit (Intermarché-Circus-Wanty), 8: Il ciclismo e lo sport sono fatti di vincitori e di grandi imprese per ottenere il successo, ma c’è spazio anche per la sofferenza e il coraggio. Sono questi ad aver caratterizzato il Tour de France del corridore francese, coinvolto nella maxi-caduta della tappa di La Morzine, riportando una profonda ferita per la quale era stato già messo in ambulanza per essere trasportato in ospedale. Lui invece è risalito in sella, si è fatto curare sul posto e ha corso per un’altra settimana.
Thibaut Pinot (Groupama-FDJ), 7,5: Tra i corridori più amati della sua generazione, il francese saluta il pubblico della Grande Boucle con tre settimane delle sue, alternando grandi prestazioni a delusioni. Alla fine coglie tre top10, sfiorando quella nella generale a cui non si è mai interessato, ma quello che conta per lui e con lui è tutt’altro: è l’emozione che regala con il suo modo di correre, con la sua gentilezza e sensibilità.
Pello Bilbao (Bahrain-Victorious), 7,5: Una vittoria di tappa e un ennesimo piazzamento nei dieci che ne conferma ancora una volta la solidità e l’affidabilità. Se forse ad un certo punto sembrava poter anche ambire a qualcosa di più, riscatta comunque più che bene la delusione di non essere riuscito a brillare nei suoi Paesi Baschi, da dove la corsa partiva.
Wout van Aert (Jumbo-Visma), 7,5: Per la prima volta dopo quattro edizioni a questa parte non vince neanche una tappa, ma la sua regolarità ed ecletticità sono ancora una volta evidenti a tutti. In un paio di occasioni avrebbe meritato anche maggiore supporto dalla sua squadra, in particolare dal suo capitano, ma lui con grande signorilità sorvola la cosa ed è comunque pronto a sacrificarsi per la causa senza colpo ferire. Da buon padre e marito lascia poi giustamente in anticipo.
Mathieu van der Poel (Alpecin-Deceuninck), 7,5: Forse tra qualche anno la casella zero nelle vittorie di questo Tour potrebbe essere rimpianto, ma quel che ha fatto in queste tre settimane in cui comunque era evidentemente non al meglio è stato un esempio di straordinaria generosità, mettendosi regolarmente al servizio della squadra per un obiettivo che ha saputo mettere prima delle sue ambizioni personali.
Michael Woods (Israel-Premier Tech), 7,5: Una splendida vittoria di tappa che ancora una volta conferma le sue grandi qualità, scoperte purtroppo troppo tardi. Il canadese ottiene così un successo emozionante, per come è arrivato e per quello che significa per lui, provando poi spesso a ripetersi, anche se non ritrova più la gamba di quel giorno di gloria.
Simon Yates (Team Jayco AlUla), 7,5: Torna a brillare in una corsa di tre settimane dopo una serie di esperienze deludenti e lo fa in una gara complessivamente di altissimo livello. Inizia benissimo, perde qualche secondo per via di un episodio sfortunato e poi rimane sempre fra i migliori, chiudendo in crescendo come testimoniano l’ottima cronometro e le ottime prove sfoderate nelle ultime due tappe di montagna.
Michal Kwiatkowski (INEOS Grenadiers), 7,5: Tornato a vincere al Tour de France al termine di una masterclass in come si vince in fuga, per tutto il resto del tempo è a pieno servizio dei suoi capitani, su qualsiasi terreno e in qualsiasi momento, che sia per le borracce, per scortarli in pianura o per rilanciarli in salita. Un altro campione del mondo che lo è anche al di là del singolo risultato.
Kasper Asgreen (Soudal-QuickStep), 7,5: Fedele al fianco del capitano designato, si ritrova libero nel finale di corsa e ne approfitta nel modo migliore, scaricando anche il peso di un Tour sfortunato per il suo team. Una vittoria capolavoro e un’altra sfiorata in due giorni che valgono tre settimane.
Matej Mohorič (Bahrain-Victorious), 7,5: Tra i più presenti nei tentativi di fuga, non centra spessissimo l’obiettivo, ma quando lo fa raccoglie un terzo e un primo posto. Nel giorno del successo dimostra poi una profondità e uno spessore umano che valgono ancor più della vittoria ottenuta.
Victor Campenaerts (Lotto Dstny), 7,5: Anche se a volte le sue azioni sembrano più votate a strizzare l’occhio al pubblico e alla telecamera, il belga è indubbiamente uno dei corridori più in vista di questa edizione, animando spesso e volentieri le fasi di corsa più monotone. Quasi sempre il primo a muoversi, ci sono anche un paio di occasioni in cui mette in scacco gli avversari e, pur non vincendo, dimostra che il suo nuovo status gli calza a pennello.
Jai Hindley (Bora-hansgrohe), 7,5: Dopo la bella vittoria di tappa che lo rilancia a seguito di un inizio difficile, l’australiano sembra lanciato verso la bagarre per il podio con i favori del pronostico, poi finisce a terra il giorno della maxi-caduta e non ha più modo di giocarsi le sue carte fino in fondo, dovendo concludere con l’amaro in bocca di non sapere come sarebbe andata. Appuntamento rimandato.
Jordi Meeus (Bora-hansgrohe), 7,5: Dopo alcuni buoni piazzamenti, centra il colpo grosso nell’ultimo giorno. Nella volata forse più importante e più sentita di tutta la corsa riesce dove non era riuscito nessuno in tre settimane: battere Jasper Philipsen in volata. Per il 25enne belga un successo che potrebbe dargli un altro status, compiendo un ulteriore passo nella direzione intrapresa prepotentemente nelle ultime due stagioni.
Ben O’Connor (AG2R Citroën), 7: Arriva per fare il capitano e rilanciarsi dopo un anno difficile, ma sin dalle prime tappe è di nuovo fuori dai giochi. Si reinventa gregario e lo fa splendidamente, offrendo un supporto fondamentale al suo nuovo leader, senza dimenticare numerosi raid offensivi che lo portano a salire due volte sul podio di tappa.
Ion Izagirre (Cofidis), 7: Vince una splendida tappa e poi non ritrova più quel livello, malgrado sia tra coloro che spesso provano a muoversi quando la strada sale. Non proprio regolarissimo, aggiunge comunque un’altra prestigiosa linea al suo buon palmarès.
Wout Poels (Bahrain-Victorious), 7: Non si vede moltissimo, lavorando soprattutto per la squadra, ma quando ha dei momenti liberi ci prova, riuscendo a centrare due fughe, concretizzandone una nel migliore dei modi. Tra i gregari più forti della sua generazione, era venuto nella sua nuova squadra per avere più spazio e in questo Tour è riuscito finalmente a coronare le sue ambizioni.
Victor Lafay (Cofidis), 7: Splendido il primo giorno, vincitore il secondo, lascia per certi versi con l’amaro in bocca perché ci si poteva da quel momento aspettare ancora qualcosa di più. Ma lui è così, genio e sregolatezza, e d’altro canto se quelle prestazioni fossero arrivate alla fine sarebbe stato un successo comunque. Quindi, il suo Tour è un successo. Peccato per la conclusione sfortunata con una brutta caduta il penultimo giorno.
Alberto Bettiol (EF Education – EasyPost), 6,5: Non riesce mai a concretizzare, ma il corridore toscano è tra i più attivi di questo Tour de France, mancando spesso la fortuna nel centrare l’azione di giornata o comunque il movimento giusto al momento giusto. L’impressione è che chiuda in crescendo, fisicamente e mentalmente, dando segnali importanti in vista dei mondiali.
Egan Bernal (INEOS Grenadiers), 6,5: Nessuno, a partire da lui, sapeva cosa aspettarsi da questo Tour de France per il vincitore dell’edizione 2019. Ad appena 26 anni si converte in uomo di esperienza per i suoi ancor più giovani compagni, catapultati capitani. Si mette così al loro pieno servizio, correndo tre settimane di sacrifici, ma preziose per il morale e per comprendere meglio chi può ancora essere quel corridore che ad appena 22 anni conquistava la Grande Boucle.
Mark Cavendish (Astana Qazaqstan), 6,5: L’obiettivo era quello di scrivere la storia in quanto a vittorie di tappa, ma il velocista dell’Isola di Man ha dovuto arrendersi alla sfortuna e a una clavicola rotta. Nelle volate disputate fino a quel momento aveva raccolto un quinto, un sesto e, soprattutto, un secondo posto che aveva fatto ben sperare per il prosieguo della gara. Sulla carta era il suo ultimo Tour, chissà che non voglia ripensarci.
Julian Alaphilippe (Soudal-QuickStep), 6,5: Non è quello dei tempi migliori, almeno nelle gambe, ma la testa c’è ancora tutta. Generoso e intraprendente come pochi in questo Tour, finisce con l’essere il corridore che passa più in tempo in fuga nel corso delle tre settimane, a dimostrazione di una voglia e di una grinta ancora ben presenti.
Bryan Coquard (Cofidis), 6,5: Piazzato più volte, ancor più spesso va all’attacco per provare a lasciar il segno anche in tappe non proprio ideali per le ruote veloci.
Krists Neilands (Israel-PremierTech), 6,5: Anche lui è fra i più attivi di questa edizione, uscendone con un credito non da poco con la sfortuna.
Tom Pidcock (Ineos Grenadiers), 6,5: Ad una prima metà di alto livello corrisponde una seconda fase di sofferenza, nella quale trova comunque modo per provare ad attaccare e mettersi al servizio del team quando necessario. L’esame per diventare uomo da classifica non è chiaramente superato, ma è stato un primo tentativo di apprendistato, dal quale può ripartire.
Luca Mozzato (Arkéa-Samsic), 6,5: Altro Tour all’insegna dell’esperienza per il velocista azzurro che conferma i buoni piazzamenti ottenuti lo scorso anno, pur non avendo grande supporto nei momenti chiave.
Pierre Latour (TotalEnergies), 6,5: Simbolo assoluto di chi non molla, anche quando il tuo stesso corpo e la tua mente ti dicono di fermarti. Bloccato nelle discese, continua ad affrontarle con la speranza che un giorno tutto questo possa passare.
Guillaume Martin (Cofidis), 6: Corsa generosa da parte del grimpeur transalpino che raccoglie così una Top10 anche un po’ fortunosa, pur se non immeritata. Fa il suo e lo fa bene, la sensazione però è che dopo qualche anno potrebbe anche provare a giocarsi diversamente le sue carte per provare a diversificare gli obiettivi.
Neilson Powless (EF Education – EasyPost), 6: Ormai è un corridore affermato e ci si poteva aspettare di più. Forse non al meglio della condizione, trova comunque il modo per emergere correndo due settimane da protagonista nella lotta per la maglia a pois.
Dylan Groenewegen (Team Jayco-AlUla), 6: Due podi e qualche piazzamento non possono bastare ad uno come lui, arrivato alla Grande Boucle con ben altre ambizioni. Se il bilancio negli sprint puri è negativo, a mitigare la delusione il fatto che comunque è tra i più presenti alle spalle del cannibale Philipsen, nonché la sua propensione ad attaccare e provarci anche in tappe in cui un tempo si sarebbe lasciato defilare. Segno di fame e di una condizione forse non così malvagia.
Warren Barguil (Arkéa-Samsic), 6: Trova sempre qualcuno di più forte sulla sua strada, ma non smette mai di provarci, provando la fuga ad ogni occasione utile.
Alexey Lutsenko (Astana Qazaqstan), 5,5: Dopo due top 10 consecutive costruite con regolarità e costanza, stavolta il campione kazako stecca, non trovando mai la gamba dei giorni migliori. Ci prova comunque spesso e volentieri, confermando tuttavia che in queste tre settimane c’era più di testa che di fisico.
Peter Sagan (TotalEnergies), 5,5: Il suo ultimo Tour purtroppo conferma la sua dimensione attuale, quella di un corridore che ha dato tantissimo e che probabilmente ormai non ha più quella voglia e quel fuoco dentro che ti permettono di dare quel di più che riusciva a dare. Niente di male, dobbiamo comunque ringraziarlo perché parte del ciclismo e dei ciclisti moderni son merito suo.
Alexander Kristoff (Uno-X Pro Cycling), 5,5: Arrivato per portare la formazione norvegese in un’altra dimensione, fallisce l’appuntamento più importante della stagione, nel quale il campione europeo non riesce mai davvero a farsi notare, soffrendo spesso nelle retrovie di un gruppo dal quale invece si suoi giovani compagni fuoriescono spesso e volentieri raccogliendo alla fine due podi con Tobias Halland Johannessen (6,5) e Jonas Abrahamsen (6,5).
Rigoberto Uran (EF Education – EasyPost), 5,5: Quando riesce, seppur a fatica, si inserisce in fuga, ma non è mai realmente protagonista, subendo la corsa anche lì.
David Gaudu (Groupama-FDJ), 5,5: Arrivato con grandissime ambizioni che hanno scaturito non pochi problemi in squadra, stecca completamente le sue tre settimane, con pochissimi alti, che al massimo son medi, e molti più bassi. Alla fine raccoglie un nono posto, lontanissimo dal podio ma anche da coloro che lo precedono con cui non è mai realmente in competizione. Un risultato che non può che stargli stretto.
Biniam Girmay (Intermarché-Circus-Wanty), 5,5: Dopo lo splendido Giro 2022 questo Tour doveva essere quello della consacrazione, invece si vede solo in qualche sprazzo, forse non proprio quando te lo aspetti (e questo è positivo), ma mancando invece alcune delle occasioni che sembravano invece decisamente più adatte a lui (nota dolente su cui lavorare).
Magnus Cort (EF Education – EasyPost), 5: Tra i cacciatori di tappa più temuti, stavolta resta a secco, ma soprattutto lo fa senza mai riuscire davvero ad avvicinarsi al suo obiettivo, al termine di tre settimane di vorrei ma non posso,
Mikel Landa (Bahrain-Victorious), 5: Arrivato con grandissime ambizioni ad una corsa che sembrava perfetta per lui, il basco non trova mai la giusta gamba e soffre per tutto il tempo, malgrado provi a scrollarsi di dosso l’inerzia negativa.
Daniel Martinez (Ineos Grenadiers), 5: Arrivato per essere il capitano della corazzata britannica è il primo a perdere terreno, senza più ritrovarsi fino allo sfortunato ritiro. Ma ormai la rotta era segnata.
Caleb Ewan (Lotto Dstny), 4: Se il problema è fisico o mentale non è dato saperlo, ma è chiaro che qualcosa non va.
Romain Bardet (Team dsm-firmenich), sv: Rallentato da problemi di salute, viene buttato fuori da una caduta proprio quando cerca di rilanciarsi.
Richard Carapaz (EF Education-EasyPost), sv: Il Tour era il grande obiettivo della sua stagione, ma la sua corsa è durata meno di una tappa. A terra dopo un centinaio di chilometri, ha concluso la prima giornata di gara, ma è stato costretto al ritiro.
Fabio Jakobsen (Soudal-QuickStep), sv: Un piazzamento nell’unica volata che riesce a disputare, poi una brutta caduta e tanta sofferenza fino al ritiro
Matteo Jorgenson (Movistar), sv: Arrivato già in condizioni precarie, una ulteriore caduta le peggiora e deve poi ritirarsi dopo qualche giorno a barcamenarsi come possibile.
Enric Mas (Movistar), sv: Vedi quanto detto per Carapaz, con rimpianti forse anche maggiori, visto quello che aveva fatto vedere in salita lo spagnolo sul finire della scorsa stagione. Invece, il suo Tour è durato meno di un giorno.
Louis Meintjes (Intermarché-Circus-Wanty), sv: Stava facendo una corsa in linea con le sue aspettative fino al momento del ritiro.
Michael Mørkøv (Soudal-QuickStep), 10: Completamente votato alla causa del team e del suo capitano Fabio Jakobsen, al fianco del quale corre fino al momento del suo ritiro. Prosegue così la sua Grande Boucle affiancando come può gli altri leader del suo team, chiudendo ultimo, ma comunque portando termine le tre settimane. Simbolo di tutti coloro che soffrono in coda, ma non mollano.
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