Pagelle Giro d’Italia 2023: Roglič testa e cuore per vincere la sfida con Thomas, brilla la stella di Milan – Remco va via sul più bello; che mondo sarebbe senza Pinot?

Primož Roglič (Jumbo-Visma), 10: Finisce in gloria il suo inseguimento al Trofeo Senza Fine. La cronoscalata del Lussari gli consegna quel GT che il destino gli aveva tolto al Tour del 2020 e che sembrava volergli togliere anche stavolta al momento del problema meccanico. Lo sloveno, però, non si scompone, gestisce perfettamente lo sforzo, come ha fatto in tutto l’arco delle tre settimane, anche quando c’è stato da fare i conti con qualche acciacco causato da una caduta e si prende la maglia rosa proprio quando conta di più. Aiutato anche da un meraviglioso pubblico sloveno, il classe ’89 mette tutto quello che ha sulle ultime rampe e ora può finalmente esultare e mettere nella sua bacheca quel trofeo che Nibali l’aveva invitato a vedere a casa sua quando entrambi si lasciarono sfuggire Carapaz al Giro d’Italia 2019. Probabilmente da allora il suo palmares si era già arricchito a tal punto da farlo entrare di diritto tra i grandi della storia del ciclismo, oggi, però, assume ufficialmente lo status di leggenda.

Geraint Thomas (Ineos Grenadiers), 9,5: Onore al vincitore, ma anche al secondo classificato. In un ciclismo in cui i giovani talenti sembrano farla da padrone, sono due corridori nati negli ormai lontanissimi anni ’80 a giocarsi fino all’ultimo il Giro d’Italia, tanto che il gallese sogna a lungo di diventare il vincitore più anziano della storia del Giro d’Italia. Il sogno si infrange sulle ultime rampe del Lussari, ma il gallese incassa con eleganza la sconfitta complimentandosi con Roglic e tutta la Jumbo-Visma, chiudendo con classe tre settimane in cui spesso è sembrato il più forte. Dopo il podio dello scorso Tour arriva un altro piazzamento importante, che dimostra che a 37 anni è probabilmente nel miglior momento di forma della sua carriera (persino meglio di quando vinse il Tour nel 2018, quando la nouvelle vague di fenomeni era ancora allo stato embrionale), peccato solo per non essere riuscito a capitalizzare. Senza la vittoria finale, poi, c’è qualche rimpianto in più anche per quel secondo che a Cesena l’ha separato da una vittoria di tappa che per la sua storia spesso sfortunata sulle strade del Giro avrebbe meritato.

Jonathan Milan (Bahrain Victorious), 9: Va oltre le aspettative, ma l’impressione è che avrebbe potuto fare addirittura di più. Il friulano mostra tutto il suo strapotere nelle volate, dove dimostra di essere il più forte per distacco vincendo e San Salvo portandosi a casa anche la maglia ciclamino. Il classe 2000, però, può crescere ancora tanto, visto che alcune vittorie sfumano per un errore di posizionamento in volata, a volte imputabili direttamente a lui, che deve fare comunque ancora esperienza in questo tipo di corse, a volte al suo treno, che al netto di un buon Andrea Pasqualon (6,5) è tutt’altro che perfetto, probabilmente anche perché alcuni uomini servivano giustamente per proteggere gli uomini di classifica. Il ciclismo italiano ha dunque trovato un’altra star di caratura internazionale dopo Filippo Ganna, con il quale il corridore della Bahrain condivide un oro olimpico ottenuto su pista con il quartetto e ora anche un futuro che si preannuncia pieno di successi di altissimo livello.

Joao Almeida (UAE Team Emirates), 9: Il portoghese continua a cresce anno dopo anno. Dopo il ritiro per Covid dello scorso anno, il lusitano si presenta al via di Fossacesia Marina con l’obiettivo dichiarato di salire sul podio di Roma e ci riesce sfruttando la sua consueta regolarità, ma non solo. Il classe ’98, infatti, in questa edizione della corsa va anche all’attacco e viene premiato nella tappa del Monte Bondone portandosi anche il primo successo in un GT. Fino alla fine sembra poter lottare anche per il successo finale, ma tra le Tre Cime di Lavaredo e il Monte Lussari deve concedere parecchi secondi ai due che lo precedono. Il futuro però è tutto da sulla sua parte e con questo trend di crescita lo rivedremo presto a lottare per la vittoria.

Thibaut Pinot (Groupama-FDJ), 8,5: Ancora una volta il francese regala spettacolo sulle strade del Giro. Una condotta di gara sempre aggressiva lo fa entrare nel cuore degli appassionati, che gridano il suo nome su tutte le salite dalla prima all’ultima tappa, e gli permette di chiudere queste tre settimane con l’esaltante bottino della vittoria nella classifica degli scalatori e di un quinto posto in classifica generale. La top 5 in quello che, salvo clamorosi e attualmente improbabili ripensamenti sul ritiro a fine anno, sarà il suo ultimo Giro d’Italia è un risultato già importante, anche se la ciliegina sulla torta sarebbe stata la vittoria di tappa sfiorata in un paio di occasioni. Situazione nelle quali il transalpino si è mostrato spesso troppo generoso e forse anche un po’ avventato tatticamente. Il suo modo di correre è però quello che gli ha fatto conquistare tifosi non solo in Francia, ma in tutto il mondo, e che mondo sarebbe senza Thibaut? Adesso il prossimo obiettivo sarà quello di aiutare il suo ex gregario Gaudu a salire sul podio del Tour de France, in modo da poter lasciare la nave Groupama con la sua sostituzione ai vertici del team già avvenuta come farebbe ogni buon capitano.

Damiano Caruso (Bahrain Victorious), 8,5: Il corridore ragusano si conferma sempre più uomo di altissima classifica nelle grandi corse a tappe. Tolti i tre saliti sul podio, l’italiano è nettamente il più forte di tutti gli altri e  il quarto posto finale sta lì a dimostrarlo. Anche lui stesso, poi, rivendica quanto questo buon risultato sia importante anche per il ciclismo italiano, che esce molto bene da questo Giro d’Italia. In termini personali, poi, per il classe ’87 questo risultato è quasi pari al podio finale ottenuto nel 2021, quando chiuse alle spalle del solo Egan Bernal e portò a casa anche una tappa. In un Giro in cui l’esperienza ha fatto la differenza, lui ha fatto valere la sua e i risultati sono stati estremamente positivi.

Derek Gee (Israel-PremierTech), 8,5: Da nome semisconosciuto al grande pubblico a idolo delle folle in tre settimane. Il corridore canadese è stato uno dei più amati, perché è andato sempre all’attacco, senza mai fare calcoli, e sfiorando più volte il successo finale, con ben 4 secondi posti (l’unico che in stagione ne ha ottenuti di più senza mai vincere è Thibaut Pinot). I secondi posti, poi, sono arrivati anche nella classifica degli scalatori e in quella a punti, proprio a dimostrazione del fatto che, pianura o montagna, in fuga lui c’era. L’ennesima beffa arriva l’ultimo giorno, con un volenteroso Toms Skujins (7) che gli soffia all’ultimo la classifica dei Traguardi Volanti. Il Giro ormai è finito, ma lui probabilmente sarà ancora in fuga in qualche angolo di Roma.

Remco Evenepoel (Soudal-QuickStep), 8: Cosa sarebbero state tre settimane con lui in corsa? Non lo sapremo mai, ma sappiamo quello che abbiamo visto nella prima, con due vittorie a crono (l’ultima qualche ora prima del ritiro, quindi avendo già il covid) e alcuni giorni in maglia rosa che sembravano poterne fare il favorito per il successo finale. Il covid, però, lo colpisce proprio sul più bello e, al netto di una gestione del ritiro che poteva essere gestita sicuramente meglio (ma più da parte della squadra che da parte sua), lo porta a dover abbandonare la corsa per non rischiare conseguenze a lungo termine. La corsa stessa ne risente con una seconda settimana in cui la lotta per la generale è anestetizzata, anche a causa di un maltempo che avrebbe potuto solo peggiorare la sua condizione fisica. Il feeling con il Giro, e in generale con le strade italiane, non sembra scattare, ma la speranza è che il campione del mondo possa tornare in futuro per restare fino al traguardo della ventunesima tappa e giocarsi le sue carte per il successo finale fino alla fine.

Thymen Arensman (Ineos Grenadiers), 8: Subito un nuovo ingranaggio perfetto nel meccanismo Ineos. Il neerlandese parte dietro nelle gerarchie interne, ma una buona partenza e il ritiro di Geoghegan Hart lo portano a essere la prima alternativa a Geraint Thomas. La Ineos, però, stavolta sceglie l’approccio “Sky” del decennio scorso e decide di usare anche lui e Laurens De Plus (7,5) per tenere chiusa la corsa e fare il ritmo in salita per fare selezione da dietro nel gruppo dei big, nonostante entrambi fossero comunque in una buona posizione di classifica. Con il senno di poi, provare a mandare il classe ’99 in avanscoperta sarebbe potuta essere una mossa interessante, anche perché lui ha già dimostrato in carriera di sapersi ben comportare nelle azioni a lunga gittata nelle grandi tappe di montagna, ma nonostante ciò riesce a chiudere comunque con un ottimo sesto posto, che è un ottimo biglietto di presentazione per il primo GT con il suo nuovo team.

Filippo Zana (Jayco-AlUla), 8: Anche lui è tra i nomi che in questa edizione del Giro fanno sorridere il movimento italiano. La vittoria di tappa a Val di Zoldo è un sogno che diventa realtà, con il campione italiano che si gestisce perfettamente sulle salite e alla fine batte Thibaut Pinot nello sprint decisivo, tornando a far brillare il tricolore in una tappa linea del Giro per la prima volta dai tempi di Vincenzo Nibali. Oltre alla vittoria di tappa, però, il classe ’99 è spesso protagonista in salita per il lavoro al fianco del compagno Eddie Dunbar ed è sempre uno degli ultimi gregari a staccarsi. Il triennale con una formazione WorldTour ci fa pensare che il team vuole esplorare tutti i suoi possibili margini di miglioramento e noi non vediamo l’ora di assistere alla sua crescita.

Nico Denz (Bora-hansgrohe), 8: Il tedesco si ricorderà per sempre questa edizione del Giro d’Italia 2023. Dopo aver sfiorato il successo di tappa nel 2018, quest’anno il classe 1994 riesce finalmente a centrare l’obiettivo sul traguardo di Rivoli e non contento si ripete due giorni dopo a Cassano Magnano. In una seconda settimana dove i big sono resti a darsi battaglia è lui il vero mattatore, riuscendo a capitalizzare al meglio due fughe su due.

Sepp Kuss (Jumbo-Visma), 7,5: Il gregario che tutti vorrebbero avere. Lo statunitense a questo Giro si è ritrovato ad alti livelli e lo ha fatto nella ruolo che gli è più consono. È stato lui, infatti, l’angelo custode di Primoz Roglic nelle difficili frazioni alpine dell’ultima settimana, accompagnandolo nei momenti di difficoltà (come sul Monte Bondone) e spianando la strada ai suoi attacchi nei giorni migliori, come gli avevamo già visto fare nelle tre edizioni della Vuelta vinte dallo sloveno. Una parte della Maglia Rosa di Roglic è anche sua.

Ben Healy (EF Education-EasyPost), 7,5: L’irlandese conferma quanto di buono fatto vedere ad aprile correndo un Giro da protagonista. Il classe 2000 forse pecca un po’ di inesperienza sprecando tante energie in alcune frazioni per cercare di entrare in fuga, ma questo non gli impedisce di andare a prendersi la vittoria di tappa a Fossombrone con un assolo di quasi 50 chilometri. Nell’ultima settimana si spegne un po’ ma prova comunque a lottare sulle grandi montagne per la Maglia Azzurra, rischiando anche di far arrabbiare tutto il gruppo con i suoi scatti fuori tempo nella frazione dolomitica delle Tre Cime di Lavaredo.

Andreas Leknessund (DSM), 7,5: Con cinque giorni in Maglia Rosa e un ottavo posto finali in classifica generale, il Giro del norvegese è più che positivo. Il classe 1999 è infatti abile a cogliere l’occasione di andare ad indossare il simbolo del primato a Lago Laceno quando Remco Evenepoel si dichiara pronto a cederlo. Una volta persa la maglia decide comunque di testarsi in classifica generale per la prima volta in carriera, chiudendo con un bel piazzamento in top 10: l’impressione è che in futuro possa ancora crescere ed ambire a risultati più importanti.

Alberto Dainese (DSM), 7,5 : Ancora una volta dimostra al suo team che sbaglia a non avere fiducia in lui. A inizio anno, nonostante un ottimo 2022 con la vittoria di tappa al Giro a Reggio Emilia, la compagine neerlandese aveva scalzato il ruolo di velocista principe del team affidandolo a Sam Welsford. L’australiano non era nella selezione del Giro, ma Dainese è partito comunque dietro a Marius Mayrhofer (5,5) nelle gerarchie. Lo sprinter veneto deve così inizialmente soffrire, colpito anche da problemi fisici nella seconda settimana, che lo costringono a stringere i denti in salita, pensando anche al ritiro. La tenacia del classe ’98, però, viene premiata a Caorle, nella sua terra, dove arriva una splendida vittoria di tappa in volata. Quel giorno Mayrhofer è molto bravo a lavorare per lui, rendendo ancora più inspiegabile la scelta del team DSM di invertire in ruoli. Il contratto di Dainese è in scadenza e dunque la speranza per lui è che possa cambiare aria o che il suo team si renda conto, come è ormai abbastanza chiaro a tutti, che il velocista più forte della squadra è lui.

Davide Bais (Eolo-Kometa), 7,5: Regala un’altra impresa in alta quota alla Eolo-Kometa. Dopo la vittoria di Lorenzo Fortunato allo Zoncolan nel 2021, il classe ’98 porta la formazione italiana a festeggiare in cima al Gran Sasso. Per qualche giorno indossa anche la maglia azzurra, per la quale resta in lotta quasi fino alla fine, ma nella terza settimana va comprensibilmente in calando. Il suo Giro però si poteva ormai già dire più che riuscito.

Mark Cavendish (Astana Qazaqstan), 7,5 Il suo Giro inizia con una condizione ancora tutta da trovare. Tappa dopo tappa, chilometro dopo chilometro e fatica dopo fatica trova il ritmo giusto e si affaccia all’ultima frazione, quella di Roma, con il morale in crescita e con una squadra tutta al suo servizio. A Roma, appunto, il velocista dell’Isola di Man sfodera l’azione perfetta e chiude nel migliore dei modi possibili la sua lunga esperienza sulle strade italiane, facendo felice anche la formazione kazaka, che aveva disperato bisogno di un acuto per nobilitare la sua stagione.

Brandon McNulty (UAE Team Emirates), 7: Una splendida vittoria che riscatta tante delusioni. Lo statunitense arriva al Giro in ottima forma, poi soffre, ma è bravo a stringere i denti per poi riuscire a togliersi una grandissima soddisfazione. Cerca poi di mettersi anche al servizio del suo capitano, anche se nelle giornate in cui la sua squadra è tra le migliori non è fra i più incisivi, contrariamente a Jay Vine (7), che dal canto suo non riesce a lasciare il segno in prima persona, ma è fondamentale per la causa del team, per la quale sono anche completamente sacrificati anche Davide Formolo (6) e Diego Ulissi (6).

Pascal Ackermann (UAE Team Emirates), 7: Nelle primissime volate in pratica non si vede, ma cresce in gambe e morale con il passare dei giorni, tanto da vincere sul traguardo di Tortona e accumulando altri piazzamenti di buona qualità. Nell’ultima settimana mostra una condizione invidiabile, fungendo da supporto anche alla squadra in tappe poco adatte alle sue caratteristiche. Sfortunato nell’ultima volata, quando finisce contro le transenne (fortunatamente senza conseguenze).

Eddie Dunbar (Jayco-AlUla), 7: Aveva ragione lui. A gennaio la critica aveva accolto con qualche riserva la scelta del team di annunciarlo sin da subito come capitano unico al Giro d’Italia, ma sia il corridore che la squadra avevano detto che fino a quel momento l’unica cosa che gli era mancata era un’occasione. Tolta quindi la concorrenza del team Ineos, il team Jayco-AlUla affida le chiavi del team all’irlandese, che ripaga con tre settimane molto solide, che a due giorni dalla fine lo vedono ancora in quarta posizione nella generale. Tra le Tre Cime di Lavaredo e il Monte Lussari è costretto a cedere qualcosa, ma la top 10 finale è un grande risultato, soprattutto se consideriamo che questo era soltanto il suo secondo GT e il primo l’aveva corso ormai quattro anni fa.

Santiago Buitrago (Bahrain Victorious), 7: Un giorno per svoltare le sue tre settimane. Il colombiano soffre a lungo, per tanti motivi, primo tra tutti quello di rendersi conto che non è ancora pronto per fare classifica a causa dei suoi limiti a cronometro. Nell’ultimo giorno utile, però, il sudamericano si inserisce nella fuga giusta e arriva in solitaria sul traguardo delle Tre Cime di Lavaredo, prendendosi un altro successo prestigioso come aveva già fatto un anno fa a Lavarone. Nel suo futuro sogna ancora la classifica generale, ma se il presente è vincere una tappa ogni anno non è poi così male.

Einer Rubio (Movistar), 7: Il suo Giro è molto simile a quello del suo connazionale. Anche lui non riesce a curare le ambizioni di classifica, ma anche lui ha una giornata da sogno che da sola vale le tre settimane, quella con l’arrivo a Crans Montana. Bravo a disinteressarsi delle schermaglie tra Cepeda e Pinot (che forse gli hanno riportato alla memoria le sue discussioni con Thomas De Gendt in una fuga del Giro 2020), il colombiano dimostra anche una discreta maturità nella gestione della corsa. Alla fine arriva anche a un passo dalla top 10, che è un risultato che riuscirà sicuramente a migliorare in futuro dando continuità alle sue prestazioni.

Magnus Cort (EF Education-EasyPost), 7: Riesce sempre a sorprendere. Nelle giornate in cui te lo aspetteresti lui non si fa vedere, poi quando meno te lo aspetti te lo ritrovi tra i protagonisti: alzi la mano chi l’aveva pronosticato sul podio di giornata alle Tre Cime di Lavaredo, così smascheriamo tutti i bugiardi. Il suo capolavoro è però a Viareggio, quando dopo essere entrato nella fuga di giornata con Gee e Alessandro De Marchi resiste con loro al ritorno del gruppo e poi è perfetto nella volata finale per prendersi un successo che lo porta nella ristretta élite di corridori che hanno vinto almeno una tappa in tutti e tre i grandi giri.

Aurélien Paret-Peintre (Ag2r Citroën), 7: Il francese era arrivato a questa Corsa Rosa con due obiettivi: vincere una tappa e curare la classifica generale. Il primo risultato viene raggiunto subito a Lago Laceno, mentre per quanto riguarda il secondo non riesce ad andare oltre un quindicesimo posto, frutto anche di alcune giornate passate coraggiosamente in fuga.

Kaden Groves (Alpecin-Deceuninck), 7: Il classe 1998 è uno dei velocisti più forti di questo Giro. Il neerlandese riesce, infatti, a piazzarsi nei primi tre in quattro frazioni (vincendo quella di Salerno), dimostrando anche una buona tenuta in salita nei finali più impegnativi. Alcuni problemi di salute lo costringono petò ad alzare bandiera bianca dopo aver provato a tenere duro per alcuni giorni.

Mads Pedersen (Trek-Segafredo), 7: Il danese è tra i grandi nomi attesi al via di questa edizione della Corsa Rosa e non delude le aspettative: nelle prime due settimane vince, infatti, a Napoli e conquista altri piazzamenti di prestigio nelle volate, che sembrano poterlo rilanciare in ottica maglia ciclamino, per la quale era considerato il favorito alla vigilia. Lascia poi la corsa prima dell’inizio delle Alpi, quando il vantaggio di Milan è già consistente, ma la vittoria di Napoli gli permette di diventare un altro di quei corridori capaci di vincere tappe in tutti e tre i grandi giri, con l’importante dettaglio che lui ci è riuscito nel giro di meno di un anno.

Michael Matthews (Jayco-AlUla) 7: L’obiettivo principale, quello della vittoria di tappa, è arrivato subito, con il guizzo di Melfi. Con l’andare delle tappe perde un po’ di brillantezza ed è meno presente nei finali a lui adatti (pur cogliendo un podio di giornata a Caorle), rimanendo così a debita distanza da Milan nella classifica della Maglia Ciclamino, a cui tutto sommato puntava e in cui deve accontentarsi del terzo posto.

Bruno Armirail (Groupama-FDJ), 6,5:  Due giorni in maglia rosa per ripagare le fatiche di una carriera. Sempre a lavorare per i compagni, come del resto ha fatto anche in questo Giro per Thibaut Pinot, il classe ’94 centra la fuga giusta a Cassano Magnago e su gentile omaggio della Ineos Grenadiers conquista le insigne del primato. Può godersi due giornate in rosa, prima di dover rientrare in ranghi, come lui stesso aveva spiegato quando aveva conquistato, facendo trasparire anche una grande umiltà. Alla fine torna a casa con un sedicesimo posto in classifica generale, ma soprattutto con tanta soddisfazione per tre settimane in cui ha dato una grande mano al capitano e ha vissuto un sogno rosa.

Ilan van Wilder (Soudal-QuickStep), 6,5: Tre settimane utili per crescere. Nella prima settimana è il più prezioso gregario di Evenepoel in salita, mentre dopo il ritiro del campione del mondo sceglie di restare sempre nel gruppo dei migliori per vedere fin dove può resistere. Alla fine è uno degli unici due corridori del suo team a restare in gara e pur senza compagni riesce a gestirsi sempre bene in salita, tanto da portarsi a casa un buon dodicesimo posto finale.

Lennard Kamna (Bora-hansgrohe), 6,5: Ha centrato la top 10, ma ne è valsa davvero la pena? Probabilmente per lui e per la sua squadra sì, soprattutto dopo il ritiro di Alexander Vlasov, ma per noi che guardavamo la corsa sicuramente no. Il nono posto è un risultato importante, il migliore in un GT nella carriera del tedesco, e la scelta di fargli fare classifica è giusta, ma soprattutto in una corsa bloccata come quella di quest’anno vedere in azione il grande attaccante dello scorso anno avrebbe fatto un gran bene allo spettacolo. Per difendere la posizione resta sempre al coperto e non lo si vede praticamente mai, con le prestazioni dell’anno scorso (oltre alla vittoria sull’Etna, anche il suo lavoro per Hindley nell’ultima tappa in linea, decisivo per mandare in crisi Carapaz)  che probabilmente rimarranno nella memoria degli appassionati molto più a lungo di questo ottimo, ma anonimo nono posto. Il risultato (per lui e il team) è arrivato, ma a che prezzo (per noi)?

Marco Frigo (Israel – PremierTech), 6,5: Tanti tentativi, tre fughe riusciti e tre piazzamenti di prestigio per il giovane neoprofessionista italiano, che più volte se l’è giocata in salita con corridori sulla carta molto più quotati di lui. Con un pizzico di fortuna in più, e magari anche qualche abilità in discesa in più, i risultati sarebbero potuti essere anche migliori, ma il suo primo Giro è comunque decisamente riuscito.

Alessandro De Marchi (Team Jayco – AlUla), 6,5: Centra tre volte la fuga di giornata e due volte va vicinissimo al colpaccio che insegue da tutta la sua carriera. Oltre a queste azioni anche tanto lavoro al servizio dei suoi capitani, tanto in montagna quanto per puntare a successi parziali. Ancora una volta il corridore friulano dimostra così tutta la sua consistenza.

Vincenzo Albanese (Eolo – Kometa), 6: Parte benissimo, mettendosi in mostra più volte nel corso della prima settimana, cogliendo numerosi piazzamenti che tuttavia non riesce mai a convertire in qualcosa in più. Con il passare dei giorni fa più fatica e si vede meno, ma non per questo smette di provarci.

Warren Barguil (Arkéa-Samsic), 6: Dopo aver rischiato di saltare la Corsa Rosa per una positività al covid a pochi giorni dal via, il francese si presenta al via in condizioni precarie e non riesce mai realmente a riprendersi. Nel corso delle tre settimane prova spesso ad attaccare, senza risparmiarsi e riuscendo anche a superare una brutta caduta, proseguendo ad inseguire il suo obiettivo di vincere in ogni GT, ma non ci riuscirà, trovando un terzo posto come migliore risultato.

Fernando Gaviria (Movistar), 5,5: Indubbiamente ha dovuto fare i conti con la sfortuna e al suo attivo va segnalata la voglia di non mollare fino all’ultimo chilometro. Dal punto di vista delle volate, però, il piatto alla fine piange, considerato che tutti i grandi nomi del settore presenti in corsa alla fine hanno lasciato il loro segno, meno lui. In più di un’occasione, Roma compresa, pecca dal punto di vista tattico, rimanendo allo scoperto troppo presto.

Arne Marit (Intermarché-Circus-Wanty), 5,5: Era partito molto bene, mettendosi in luce e sfiorando il podio nella prima volata, a gruppo ancora “compatto”. Da lì in poi, però, non è riuscito a ripetersi incappando anche in un “quasi incidente” nella volata di Caorle. Pure nell’ultima opportunità a disposizione, quella di Roma, è rimasto tagliato fuori dalla lotta per le posizioni che contano di più

Alberto Bettiol (EF Education-EasyPost), 5,5: Si fa notare, ma nel suo bilancio pesa la possibilità di vittoria non colta sul traguardo di Cassano Magnago, quando, dopo aver fatto parte della fuga buona, avrebbe probabilmente dovuto gestire meglio il finale, comunque piuttosto confuso. Anche a Rivoli, tappa in cui era andato all’attacco insieme a un gruppetto numeroso, non ha avuto poi il modo di lasciare il segno sotto il traguardo.

Simone Consonni (Cofidis), 5,5: Nelle volate ci prova sempre, ma non va oltre un quinto posto come miglior risultato. Perde dopo poche tappe l’appoggio di Davide Cimolai, non riuscendo poi a lasciare il segno in un campo velocisti che qualche spazio lo lasciava, soprattutto nella seconda metà della Corsa Rosa.

Bauke Mollema (Trek-Segafredo), 5: Qualche prova generosa, ma risultati davvero deludenti per l’esperto corridore neerlandese, che non ha mai trovato la tappa giusta per lasciare il segno e il suo miglior risultato, un quarto posto, è arrivato a quasi due minuti dal vincitore. Tre settimane dunque piuttosto deludenti per lui, che nella crono del Lussari ieri ha confermato la sua condizione da “vorrei, ma non posso”.

Patrick Konrad (Bora-hansgrohe), 5: Con Kamna impegnato a difendere la classifica, spetterebbe a lui il ruolo di uomo d’attacco. L’austriaco riesce anche a centrare qualche fuga, ma nei fatti non entra mai nemmeno nella lotta per la vittoria.

Hugh Carthy (EF Education-EasyPost), 5: Alla fine non è riuscito ad arrivare a Roma. Prima della tappa delle Tre Cime di Lavaredo ha sofferto di problemi di stomaco che l’hanno costretto al ritiro, ma già prima di quelli era ormai lontano dalla top 10. Riavvolgendo il nastro di sole tre settimane, lui stesso si vedeva tra i candidati al podio finale e viene dunque da sé che il suo Giro d’Italia è da considerare insufficiente.

Jack Haig (Bahrain Victorious), 5: Alla fine è lui l’unico davvero deluso della squadra. Arrivato con ambizioni di classifica, l’australiano mostra subito qualche piccola crepa, che poi diventa voragine nella terza settimana, quando è sempre tra i primi uomini di classifica a staccarsi. Complice una caduta che lo condiziona, anche quando ormai è fuori di classifica, non riesce nemmeno a dare una grande mano a Damiano Caruso, né riesce ad andare in fuga come il compagno Buitrago verso le Tre Cime di Lavaredo.

Filippo Ganna (Ineos Grenadiers), sv: Nella prima cronometro era stato battuto solo da un fenomenale Remco Evenepoel. Alla vigilia della seconda prova contro il tempo, però, il covid lo costringe al ritiro impedendogli di essere protagonista in questa edizione del Giro.

Alexander Vlasov (Bora-hansgrohe), sv: Come Remco Evenepoel è costretto a lasciare la corsa prima dell’inizio della seconda settimana per via del covid (anche se nel suo caso la positività è emersa a ritiro già avvenuto). In quel momento era in top 10, ma con la battaglia tra i big che non c’era ancora mai stata è difficile immaginare quale risultato avrebbe potuto raggiungere.

Tao Geoghegan Hart (Ineos Grenadiers), sv: Il britannico era tra i più attesi sulle grandi montagne, ma una brutta caduta lo ha costretto al ritiro dopo prima ancora che arrivassero le Alpi, quando era già terzo in classifica generale, mostrando una ottima gamba.

Domenico Pozzovivo (Israel-PremierTech), sv: Il covid colpisce anche lui, che deve salutare la corsa prima della tappa di Viareggio, quando di fatto ancora non c’è stata alcuna battaglia sul suo terreno preferito, la salita.

Rigoberto Uran (EF Education – EasyPost), sv: Non sembrava al meglio, anche se la sua esperienza gli avrebbe sicuramente potuto permettere di giocarsi le sue carte in terza settimana, ma il covid ferma anche lui.

Valerio Conti (Team Corratec – Selle Italia), sv: Doveva essere l’uomo di riferimento della sfortunata formazione professional italiana, che perde anche Stefano Gandin (7) autore di numerose fughe, ma una brutta caduta lo costringe a fermarsi dopo appena tre tappe. Resta comunque al fianco dei suoi giovani compagni per incitarli.

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