Giro d’Italia 2020, Mauro Vegni difende le scelte sul percorso: “La filosofia del Giro sarà sempre questa”

Il direttore del Giro d’Italia 2020, Mauro Vegni, difende a spada tratta le scelte fatte riguardo al percorso. La Corsa Rosa, che partirà dall’Ungheria per giungere fino a Milano, punta su un percorso non troppo difficile, se non nella terza settimana, sul quale gli organizzatori non hanno voluto calcare troppo la mano. Vegni sottolinea come questa scelta possa favorire, in un anno ricco di obiettivi per tanti atleti, in primis Olimpiadi e Mondiali, un’importante presenza di big.

“Probabilmente abbiamo un po’ addolcito il percorso rispetto agli anni passati, proprio considerando che ci sono le Olimpiadi e i Mondiali – ha spiegato ai media – Gli atleti che vogliono fare una stagione importante hanno bisogno che anche gli organizzatori ne tengano conto. Noi abbiamo provato a farlo pur mantenendo il Giro sullo stesso livello degli anni passati e con le stesse caratteristiche, quindi un Giro buono per tutti i tipi di corridori”.

Non si tratta però della risposta a una richiesta specifica di qualche squadra o corridore: “È un pensiero che abbiamo fatto noi. Fare l’organizzatore significa plasmare le necessità di tutti e siccome viviamo di atleti, perché sono poi quelli che portano la televisione e il pubblico, non puoi non considerarli. Quindi abbiamo fatto una riflessione pensando che è anche l’anno dell’Olimpiade e c’è poi un Mondiale duro. Noi, come Giro d’Italia abbiamo fatto attenzione a non stressarli troppo“.

Viene inoltre difesa la decisione di proporre tappe comunque tappa dal chilometraggio spesso elevato, andando in controtendenza al trend di Tour e Vuelta: “Credo che un Grande Giro non sia fatto da tappe di 130 chilometri, ne puoi fare una come tappa di defaticamento per l’atleta. Io vedo che i Grandi Giri vengono vinti dagli atleti di fondo che hanno i chilometri nelle gambe e la capacità di salire sopra i 2000 metri. Quindi qualche ritocco può esserci, ma la filosofia del Giro sarà sempre questa“.

Riguardo alla presenza di Peter Sagan, la ricostruisce così: “Questo avvicinamento è datato qualche anno nel senso che già quest’anno si era ipotizzata una sua presenza, poi lui aveva ancora l’obiettivo di una maglia al Tour. È successo un po’ come con Froome, che è venuto dopo avere fatto la tripletta al Tour. Si sente stimolato dalla possibilità di portare la maglia ciclamino a Milano“.

Un commento

  1. Caro Mauro

    Come ben sai le corse le fanno i corridori.Piu’ la tappa e’ lunga,piu’ si organizzano di conseguenza.Solita fuga e l’esito scontato con la gara negli ultimi km.E noi telespettatori a dormire grazie anche ai bei paesaggi.Diciamola tutta:il ciclismo è anche,direi soprattutto,la memoria di un territorio.Per lo spettacolo bisogna inserire le salite nel finale,qualche foratura e purtroppo ……..le cadute.Se questa è la filosofia degli orgazizzatori del Giro,non ci siamo!130 km defaticamento?Perche’ non lo chiedi ai corridori che temono proprio le distanze brevi?
    Punti fermi:
    -Distanza massima delle tappe 160 km o 4 h di corsa.L’ideale 100 km in linea e 40-60 in circuito.
    -Circuito.Una lunga salita di montagna ripetuta due o tre volte raddoppia gli spettatori e rende piu’ sicure le discese.
    -La zona di arrivo come uno stadio che offra agli appassionati di ciclismo un vero spettacolo di 1-2 ore(circuito di 6 km ove possibile,gare tipo pista giovanili ,buona musica).
    -Traguardi volanti(e GPM quando ci sono).Sono una vera risorsa !Per vivacizzare la corsa ce ne vogliono almeno quattro,tutti con abbuoni in secondi e naturalmente …punti.Sara’ una battaglia totale per lo spettacolo.

    Saluti Gianfranco Di Pretoro

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