Work Service Vitalcare Videa, Davide Rebellin: “Ho continuato a correre per così tanti anni in parte a causa della squalifica ricevuta ai Giochi Olimpici”

Domenica scorsa, alla Veneto Classic, si è chiusa la lunga carriera di Davide Rebellin. Il veneto classe 1971 ha infatti deciso di appendere la bici al chiodo dopo 30 anni tra i professionisti e più di 60 vittorie, tra le quali spiccano sicuramente quelle ottenute alla Liegi-Bastogne-Liegi, all’Amstel Gold Race, alla Freccia Vallone (tre volte) e in tante classiche del calendario italiano. L’ormai ex corridore, che nelle ultime due stagioni ha corso con la maglia della Work Service Vitalcare Videa, nel 2008 era anche riuscito a conquistare una medaglia d’argento nella prova su strada delle Olimpiadi di Pechino, tuttavia tale medaglia gli fu poi tolta l’anno seguente a causa della positività al CERA, per la quale fu sospeso dall’attività per due anni. Una squalifica che, secondo quanto ammesso dallo stesso 51enne, è uno dei motivi per cui la sua carriera è durata così a lungo.

Ho continuato a correre per così tanti anni in parte a causa della squalifica ricevuta ai Giochi Olimpici, dove sono stato fuori per due anni – ha dichiarato Rebellin a Cyclingnews – Volevo tornare e speravo di correre per una grande squadra e fare le Classiche, e magari concludere la mia carriera vincendo un’altra grande gara come la Freccia Vallone o la Liegi. Ma, dopo la mia squalifica, ho ricevuto molte porte chiuse in faccia dalle squadre. Non potevo rientrare in una grande squadra ed è forse anche per questo che ho allungato la mia carriera”.

“Ero incredulo. Non riuscivo a capacitarmi di ciò che stava succedendo – ha proseguito il 51enne riferendosi alla positività, rispetto alla quale si è sempre proclamato innocente – Ho sempre pensato che fosse stato commesso un errore e ho sempre continuato ad allenarmi come se potessi ricominciare il giorno dopo”. Qualche anno dopo, però, Rebellin fu assolto dalla giustizia italiana per l’accusa di doping: “Sono stato scagionato dalla giustizia italiana, ma non ho riavuto la medaglia olimpica. Ma per me è come se ce l’avessi ancora. Anche se non ce l’ho fisicamente, sento che è ancora mia”.

“Speravo di essere riammesso, di trovare la porta ancora aperta, ma non è stato così. Conoscevano tutti il ​​mio valore come atleta, ma ho avuto questa cosa delle Olimpiadi che ha chiuso un po’ le porte“, ha spiegato il nativo di San Bonifacio, che comunque non si è perso d’animo nonostante i rifiuti: “Ho preferito guardare avanti e, soprattutto, mostrare il mio valore con i miei risultati. Ho sempre sperato di tornare nel WorldTour, almeno fino a quando non ho lasciato la CCC (nel 2016, ndr)”.

Dopo aver lascialo il team polacco, negli ultimi anni il classe 1971 ha un po’ girato il mondo militando in diverse formazioni Continental: “Anche se facevo parte di squadre molto piccole – e, in un certo senso, umilianti – hanno fatto tutto con molto cuore, ed è stato bellissimo. E mi hanno portato in posti che forse non avrei mai visitato, come l’Iran e l’Africa. È stato divertente”. Infine, all’inizio di quest’anno è arrivata la decisione di chiudere la carriera: “Non ho continuato fino a 51 anni per fissare una sorta di di record. L’ho fatto perché avevo voglia di farlo. Ma ora penso che sia giunto il momento giusto per fermarsi”.

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