Doping, 29 casi nel 2022 (10 in più che nel 2021) ma tra i professionisti mai così pochi dal 1998
29 casi di doping lo scorso anno nel ciclismo, secondo quanto riporta il Movimento Per un Ciclismo Credibile. Un numero alto nel suo complesso, sono dieci in più rispetto alla precedente stagione, “riportando i valori a quelli precedenti la pandemia”, ma bisogna anche notare che quasi tutti sono arrivati da corridori appartenenti al circuito continental. Se finora, da quanto il MPCC monitora questo valore, solo nel 2019 si era avuto un risultato peggiore, è comunque interessante notare che limitandoci alla strada il numero scende a 19, dei quali ben 17 appartengono al mondo continental (coinvolgendo 12 squadre, tra cui ovviamente la W52 – FC Porto che poi ha chiuso a causa dello scandalo che la ha travolta).
Solamente dunque dunque i casi appartenenti a formazioni Professionistiche (uno nel WorldTour, che peraltro non è un vero e proprio caso di doping visto che si tratta di una sostanza come il Tramadol che non porta a squalifica, né vietata dall’Agenzia Mondiale Antidoping). Come sottolinea dunque il Movimento si tratta “del numero più basso mai registrato dal caso Festina!”, parliamo quindi del 1998, ovvero 25 anni fa. Un valore che certamente fa piacere e dà una indicazione di massima rassicurante sul ciclismo professionistico. Ovviamente, resta tuttavia importante e preoccupante il trend mostrato dalla categoria minore, dove ci sono meno controlli, oltre a non essere sottoposta al passaporto biologico.
Guardando nel complesso i numeri da notare che dei ventinove casi complessivi solamente sei riguardano le donne, coinvolgendo cinque squadre. Il totale di ventinove peraltro pone il ciclismo in quinta posizione fra le discipline peggiori dell’anno, poco sotto Baseball e powerlifting, ma ben lontana dal sollevamento pesi (discipline simile alla precedente, ma cambia il tipo di esecuzione dell’esercizio) e dall’atletica.
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