Lance Armstrong su Jan Ullrich: “Eravamo i migliori di una generazione di me*da”

Lance Armstrong ha parlato con emozione dell’ex rivale e ora amico Jan Ullrich. Il tedesco in questi giorni è tornato prepotentemente a fare parlare di sé in seguito alle dichiarazioni rilasciate in vista della pubblicazione del documentario sulla sua vita che sarà pubblicato su Amazon Prime questa settimana. Oltre alla confessione di aver fatto uso di doping praticamente per tutta la sua carriera professionistica per “adeguarsi ad un sistema già in atto” e per non “presentarsi a una sparatoria armato di coltelli”, l’ex corridore di Rostock ha anche confermato le sue grandi difficoltà dopo l’esplosione della Operacion Puerto e il suo allontanamento dal ciclismo, che lo ha portato a vivere nella dipendenza, di alcol e droghe.

Un periodo che era culminato con una crisi nel 2018 fino a farlo entrare in una clinica per disintossicarsi. Quello fu il momento dell’avvicinamento del texano al rivale di una vita: “Marco Pantani era già morto all’epoca, non potevo sopportare di perdere un altro di noi – ricorda per Zeitmagazin a proposito della visita che fece in clinica al vincitore del Tour de France 1997 – Non sapevo cosa aspettarmi. Ma amo quest’uomo. Il fatto che stesse così male mi ha spezzato il cuore”

Durante il loro periodo di gloria, una fase della storia del ciclismo oscurata dall’abuso di doping di un gran numero di atleti, i due avversari hanno dominato la scena soprattutto alla Grande Boucle, dando vita ad un dualismo che ha visto avere sempre la meglio lo statunitense, che interruppe ancor prima del nascere quello che sembrava destinato ad essere il regno dell’ex portacolori della Telekom.

“Eravamo entrambi delle icone nei nostri Paesi – sottolinea il texano – Io, perché avevo sconfitto il cancro e avevo ispirato molte persone; Jan perché è stato il primo vincitore tedesco del Tour. Anche se sembra immodesto: eravamo i più grandi del ciclismo, a livello globale. E facevamo parte di questa generazione di merda […] Né io né Jan né nessun altro della nostra generazione avremmo dovuto prendere questa decisione (che sente in qualche modo essere stato costretto a prendere, ndr). Purtroppo la realtà è stata diversa”.

Il 52enne americano, che ha perso praticamente tutti i suoi titoli dopo l’ammissione di aver fatto uso di sostanze dopanti e la conseguente condanna da parte dell’USADA, è passato dalle stelle alle stalle e sa bene cosa ha dovuto passare il rivale ora 49enne: “Mi ci sono voluti dieci maledetti anni per uscire da questo buco. La mia vita è implosa. Non solo ho perso milioni di dollari, ma ho perso quasi tutto ciò che mi aveva definito”.

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