ACCPI, corridori e sportivi italiani scrivono alle istituzioni dopo la morte di Rebellin: “Dobbiamo fermare questa strage adesso”
La tragica morte di Davide Rebellin riporta in primo piano la questione della sicurezza sulle strade italiane. Ancora una volta, il mondo del ciclismo si trova a piangere un suo campione, come già accaduto nel 2017 con Michele Scarponi, ma accanto ai nomi noti sono purtroppo molte le persone (ciclisti, pedoni e, in generale, gli utenti deboli della strada) che ogni giorno rimangono vittime di incidenti sulle strade italiane. Ancora una volta, quindi, gli sportivi provano a rivolgersi alle istituzioni per chiedere di prendere provvedimenti per tentare di fermare questa strage; un appello rivolto al Presidente della Repubblica, al Presidente del Consiglio, al Presidente del Senato e a quello della Camera da parte dell’ACCPI (l’Associazione Corridori Ciclisti Professionisti), che sul suo sito ha pubblicato una lettera firmata da più di 40 tra corridori, ex corridori, personaggi dello sport e della cultura.
Fino a quando?
Per l’ennesima volta piangiamo un amico morto sulla strada. Michele Scarponi, ora Davide Rebellin ucciso ieri. E sempre ieri un ragazzo di 16 anni ammazzato mentre pedalava a Ferrara. Come Tommaso Cavorso, Silvia Piccini, Thomas Casarotto e tanti, troppi altri amici.
Solo nel 2021 sono morte oltre 200 persone in bicicletta, quasi 500 pedoni, molte di queste vittime di incidenti della strada dovuti a persone che semplicemente non si sono accorte della loro presenza. Non si sono resi conto che erano lì. Distratti dal cellulare, presi dalla frenesia con il piede sempre sull’acceleratore e lo sguardo chissà dove.
La strada non è solo delle automobili. La strada è del bambino che va a scuola, della mamma o del papà che accompagnano i figli in bici o a piedi, degli anziani che si spostano magari con l’unico mezzo che hanno a disposizione, le proprie gambe.
La strada è di tutti, o così dovrebbe essere, ma poi non è assolutamente vero.
E diventiamo ostacoli al cammino di bolidi impazziti o di persone distratte che non si rendono conto che l’automobile diventa uno strumento di morte se gestita con distrazione e mancanza di rispetto.
Perché tanto la velocità sulla strada è un fattore di successo quanto l’indifferenza per quelli che sono utenti deboli, diventato un fatto ordinario su cui piangere soltanto per qualche minuto nella quotidiana tragedia che tocca le famiglie investite, ed è proprio il caso di dirlo, dalla mala sorte di un pirata che semplicemente non guardava.
La nostra battaglia per imporre nel codice della strada regole più stringenti a tutela dei ciclisti non si fermerà. Ci abbiamo provato più e più volte e ci continuiamo a provare.
Chiediamo ancora una volta che si stabiliscano i limiti minimi per il sorpasso di una bicicletta sulla strada. È un piccolo passo ma un passo importante.
Perché stabilire regole chiare di distanza nel sorpasso dei ciclisti ci salva la vita.
Un metro e mezzo sono centocinquanta centimetri che rappresentano la distanza fra la vita e la morte. E vi assicuro che questo è la grandissima verità.
Non vogliamo, non possiamo, non dobbiamo smettere di chiedere regole diverse.
Ci eravamo quasi riusciti qualche mese fa ma ancora una volta la burocrazia e qualcuno in qualche ufficio di una ragioneria ha frenato e ha pensato di dire che mettere una norma semplice produceva un costo non coperto nel bilancio dello Stato.
Ma quale somma, peraltro infinitesimale, può valere la vita di una persona? Chi salva una vita salva il mondo intero. Qui non dobbiamo salvare il mondo intero dobbiamo soltanto scrivere una regola semplice.
Ridateci il diritto di vivere la nostra esperienza sulla strada come ciclisti con serenità e sicurezza. Dateci regole e aiutateci a pedalare in sicurezza.
Un metro e mezzo. Tre passi di cammino. Facciamoli!!
Perché dobbiamo fermare questa strage.
Adesso!
Da Ekoï è già Black Friday! Tutto il sito al 60%! |
Ascolta SpazioTalk! |
Ci trovi anche sulle migliori piattaforme di streaming |