Peter Sagan: “La parte più difficile era la fama. Alla Tinkoff pensavano che fossi finito e non avrei più vinto”
Peter Sagan ripercorre alcuni dei momenti della sua carriera. L’ex corridore slovacco ha un palmarès ricchissimo, con tre mondiali consecutivi vinti (dal 2015 al 2017), un Giro delle Fiandre (2016), una Parigi-Roubaix (2018), 12 tappe al Tour de France condite da ben 7 maglie verdi, per un bottino complessivo di 121 successi. Non tutti i momenti però sono stati facilissimi, a cominciare da quando è cambiato in maniera considerevole il modo di allenarsi nel ciclismo, utilizzando i dati anche in allenamento per cercare di ottenere la miglior prestazione possibile.
In un’intervista a TopCycling Peter Sagan ha parlato di cosa ha trovato particolarmente complicato nel suo percorso ciclistico: “Per me, la parte più difficile era la fama. Penso sia complicato per chiunque diventi famoso improvvisamente. Ovviamente, essere famoso mi ha anche portato vantaggi e opportunità, è qualcosa che resterà per sempre con me. Durante tutta la mia carriera, ho imparato a conviverci, ma devo confessare che non è stato facile”.
Ripercorrendo la sua carriera, Sagan riconosce il periodo del 2014-2015 come quello in cui è cambiato il modo di allenarsi: “Prima avevo un piano di allenamento, ma mi allenavo anche basandomi tanto sulle mie sensazioni. All’improvviso avevo dei coach che mi dicevano: ‘Se ti alleni così, sarai uno scalatore migliore, ma manterrai la tua potenza nello sprint’. Anche se ero già molto vincente in quel momento, ho pensato: ‘Ok, proviamo’. Ma non ha funzionato. Il 2014 è stata la mia stagione peggiore. Nel 2015, quando sono arrivato alla Tinkoff, la storia è continuata con il coach Bobby Julich che aveva le stesse teorie, ma non stavano funzionando. Le cose sono precipitate quando si è rifiutato di prendersi la responsabilità. Dopo quattro mesi alla Tinkoff, quando non stavo vincendo, ha detto che ero finito e non avrei mai più vinto in carriera. Gli ho detto: ‘Sai cosa? Io farò a modo mio, tu a modo tuo. Non voglio più vederti'”.
Mai profezia fu più sbagliata: dal 2015 Peter Sagan ha poi vinto tre mondiali consecutivi e due monumento, appunto il Fiandre nel 2016 e la Roubaix nel 2018, quest’ultima già con la divisa della Bora-Hansgrohe. Merito anche di un sistema di allenamento differente: “Tutto è cambiato quando ho conosciuto Paxti Vila, un allenatore più umano, che era stato un corridore e capiva meglio le necessità di ogni atleta. Con lui, ho trovato un equilibrio. Siamo tornati a lavorare con una modalità basata su un piano ma anche su come mi sentivo, non come una macchina, e ho ricominciato a vincere”. Insomma, guai a toccare il sistema di allenamento di un fuoriclasse come Sagan.
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