Ineos Grenadiers, Joshua Tarling ottimista per il futuro: “L’anno prossimo, forse tra un paio d’anni, saremo una squadra davvero forte”
Joshua Tarling è sicuramente uno dei giovani talenti più interessanti del gruppo. Alla prima stagione tra i professionisti, il classe 2004 della Ineos Grenadiers ha dimostrato di essere già tra i migliori interpreti delle prove contro il tempo, conquistando ben quattro successi a cronometro (tra cui il titolo nazionale e quello europeo) e il bronzo mondiale alla spalle di due big come Remco Evenepoel e Filippo Ganna. Il 19enne britannico, che vista l’età dovrebbe avere ancora ampi margini di miglioramento, si candida così a diventare una delle stelle di una squadra che si è rinnovata molto nelle ultime stagioni e che ha ingaggiato diverse giovani promesse pronte a sbocciare nei prossimi anni per permettere al team di tornare a competere stabilmente con compagini quali Jumbo-Visma e UAE Team Emirates.
“Se si guarda ai corridori della nostra squadra, la maggior parte di loro sono giovani”, riconosce Tarling in un’intervista rilasciata a GCN, con il britannico che però appare ottimista per l’immediato futuro: “Ad essere onesti, forse l’anno prossimo, forse tra un paio d’anni, saremo una squadra davvero forte. Penso che ‘Big Ben’ (Turner, ndr) vincerà una classica il prossimo anno. Lo stesso per Magnus (Sheffield, ndr)”.
Ai molti giovani bisogna però affiancare anche corridori più esperti che li possano guidare e consigliare: “L’anno prossimo avremo il meglio di entrambi i mondi – prosegue il 19enne – Abbiamo nuovi corridori, ma poi abbiamo anche quelli più vecchi come Luke (Rowe, ndr), Kwiatkowski e Ben Swift. È l’ingrediente perfetto, c’è solo bisogno di qualcosa in più [per raggiungere il livello di Jumbo-Visma]. Tutti sono molto motivati e vogliosi di ripartire, quindi incrociamo le dita”.
Il giovane talento britannico ha ammesso di aver imparato molto dai compagni di squadra più esperti durante questo 2023: “Luke ha un valore inestimabile. Senza di lui sarebbe stata una stagione orribile. Lo stesso con Geraint Thomas, con Swift, con Kwiatkowski. È stato fantastico all’Amstel perché conosce quella gara, la ama, arrivavano quasi troppe informazioni da lui! Sembrava che avesse appunti su ogni salita, ma ti rende la vita così facile perché, se corri con loro, devi semplicemente pedalare e fare quello che dicono. Senza di loro dovresti capirlo da solo e poi usare le gambe. Almeno ora non devo usare la testa, posso semplicemente fare quello che mi dicono”.
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