Doping Tecnologico, Tadej Pogacar non ritiene sia usato in gruppo: “Non credo sia possibile nasconderlo”

Tadej Pogacar non crede che qualcuno possa far ricorso alla pedalata assistita in gruppo. Il leader della UAE Team Emirates crede che il doping meccanico nel ciclismo professionistico non sia più un problema di attualità in quanto ritiene che non sia “possibile nascondere” un motore in una bicicletta senza che venga scoperto. La convinzione dello sloveno arriva dai numerosi controlli effettuati praticamente su ogni corsa dall’UCI, con particolare attenzione nei grandi giri dove il numero di controlli sale notevolmente, ma anche da quanto espresso dalla tecnologia negli ultimi tempi.

“Da quando le biciclette elettriche (di consumo) sono diventate di moda, abbiamo visto che non è così facile mettere un motore in una bicicletta. Penso che si vedrebbe, non credo sia possibile nasconderlo”, ha commentato lo sloveno nel corso della conferenza che ieri ha tenuto dal ritiro del team, a La Nucia, nel sud-est della Spagna. A margine dei numerosi annunci che lo hanno coinvolto in vista di una stagione per lui rivoluzionaria visto che per la prima volta in sei anni da professionista correrà due GT, affrontando Giro d’Italia prima del Tour de France, il classe 1998 è dunque intervenuto anche su questo tema ormai sempre meno delicato e sentito in gruppo.

“Ci sono state voci cinque, dieci anni fa – ricorda – Ma non ricordo nemmeno l’ultima volta che ne ho sentito parlare. Penso che ora possiamo stare tranquilli”. L’unico caso rilevato ad alti livelli, arrivato in seguito a forti sospetti nati con l’inizio dello scorso decennio, non è  su strada, ma è nel ciclocross, peraltro a livello giovanile. Nell gennaio 2016 ai Campionati del Mondo U23 di ciclocross, la 19enne belga Femke Van den Driessche fu trovata infatti con una bici truccata venendo così sospesa per sei anni dall’UCI.

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