Pagelle Giro del Delfinato 2018: Thomas senza lode, Nibali e Barguil in ritardo

Geraint Thomas (Team Sky), 9,5: Apre col brivido, chiude col broncio. In mezzo, però, domina e ipoteca – scortato da un Tao Geoghegan Hart (9,5) che continua a prenotarsi il futuro fatica dopo fatica – una corsa che si conferma territorio di caccia privilegiato della formazione britannica, al sesto centro nelle ultime otto edizioni. Caduto nel prologo, il gallese corre da padrone in tutte le frazioni di montagna ad eccezione di quella finale nella quale, quando era lecito attendersi un suo colpo per apporre la ciliegina sulla torta, spara a salve facendosi staccare dagli avversari diretti pur senza rimettere in palio una maglia gialla ormai blindata. Una piccola crepa, all’interno di un muro ben costruito, che può minarne le certezze in chiave Grande Boucle. Anche se i precedenti dei predecessori Wiggins e Froome, capaci di centrare la doppietta Delfinato-Tour de France in quattro delle cinque occasioni sopra citate, possono trasformarsi in qualcosa in più di un mero dato statistico.

Adam Yates (Mitchelton-Scott), 8,5: Puntella un graduale e incoraggiante percorso di avvicinamento al Tour de France con la bella vittoria nella frazione conclusiva con la quale incornicia la piazza d’onore. Interpreta la settimana all’insegna della costanza di rendimento e senza strafare, distribuendo con lungimiranza sforzi e scatti. Letale quello che piazza a 300 metri dal traguardo di Saint-Gervais Mont Blanc, attraverso il quale lascia anche il dubbio di aver potuto puntare al colpo grosso con un briciolo in più di intraprendenza.

Dario Cataldo (Astana Pro Team), 8: Non serviva questo Delfinato per sottolineare come, e quanto, non sia un semplice luogotenente. L’abruzzese fa le cose in grande interpretando la corsa alla garibaldina e facendo suoi tutti e tre gli HC distribuiti durante le sette tappe. Un tesoretto che gli permette di assicurarsi la Maglia a Pois di miglior scalatore e che suona come un discreto toccasana in previsione della Grande Boucle. L’unico neo è nella vittoria sfumata nella quarta frazione, quando gli sono mancati soltanto 350 metri per resistere al ritorno del gruppo e prendersi una gioia quanto mai meritata.

Daryl Impey (Mitchelton-Scott), 8: È il protagonista indiscusso del primo segmento della kermesse transalpina. Alza le braccia al cielo a Saint-Just-Saint-Rambert con uno sprint da applausi e l’indomani si cuce addosso le insegne del primato grazie al gioco degli abbuoni. Conferma di avere una condizione ottima anche nelle successive frazioni, a lui meno congeniali, nelle quali si mette al servizio della squadra. A quattro anni di distanza dalla Maglia Gialla conquistata al Tour de France, ribadisce il rapporto idilliaco con le terre d’Oltralpe.

Julian Alaphilippe (Quick-Step Floors) 8: Ricava il massimo da ogni corsa alla quale prende parte. Bruciato da Impey allo sprint, tiene duro in una salita particolarmente adatta a lui (quella verso la stazione sciistica di Lans-en-Vercors, per prendersi la rivincita e incastonare la quinta gemma stagionale. Per migliorare nelle lunghe salite c’è (forse) tempo, ma il presente continua a essere un gran bel vedere.

Romain Bardet (Ag2R La Mondiale), 7,5: Onora al meglio la corsa bandendo le mezze misure. Ci prova più volte, spesso oltre ogni ragionevole possibilità e rischiando inutili fuorigiri. Muove i compagni (a partire dal simbiotico Pierre Roger Latour, 7 e non solo per la Maglia Bianca conquistata) come se dovesse far detonare la gara da un momento all’altro, ma le gambe non sono ancora quelle dei giorni migliori. E non potrebbe essere altrimenti. Nonostante una brillantezza in fieri chiude sul podio della generale, con un podio e tre top five di tappa.

Daniel Martin (UAE-Team Emirates), 7,5: A respingere le sue chance di giocarsi fino in fondo le possibilità di lottare per la classifica generale è la cronosquadre. Ma non solo. L’irlandese ha il gran merito di sbloccare una stagione finora in chiaroscuro con la rasoiata che lo porta al successo a Valmorel, favorita anche dall’eccessivo ritardo accumulato in classifica che gli vale un tacito “placet” dai big, ma, pur dando spessso l’impressione di essere il più pimpante ogniqualvolta la strada si arrampichi, manca l’appuntamento col bis e col podio.

Pello Bilbao (Astana Pro Team), 7: Senza soluzione di continuità. Lo spagnolo conserva i buoni carburante nelle tasche e, dopo aver vinto al Tour of the Alps ed essersi piazzato nella top ten della classifica generale al Giro d’Italia, si toglie un’altra soddisfazione personale. Quello realizzato verso La Rosiere è un capolavoro di sagacia tattica e gestione dello sforzo, che gli permette di giocare col cronometro contenendo il distacco dagli “indiani” alle sue spalle. Ora si goda un meritato riposo.

Edward Ravasi (UAE-Team Emirates), 7: Prosegue a suon di fuga l’apprendistato verso un futuro da conquistare. Il 24enne di Besnate si alterna con Valerio Conti (6,5), ancora pimpante dopo le fatiche del Giro d’Italia, nelle azioni di giornata e non si risparmia. Il successo parziale non arriva, ma la crescita in ottica GT è un elemento che la formazione di Saronni non potrà non tenere in conto.

Damiano Caruso (BMC Racing Team), 7: Eppur si piazza. Non lo si vede praticamente mai, ma fa bene tutto quello che è chiamato a fare. Il siciliano è il solito usato dal rendimento sicuro. Sfrutta a suo favore la cronosquadre e si difende al meglio, ad eccezione della sesta tappa, quando le pendenze si fanno cattive. Il quinto posto finale, col podio sfumato nei due giorni finali, è un premio alla costanza e un’iniezione di fiducia per capitan Porte in vista del luglio francese.

Emanuel Buchmann (Bora-Hansgrohe), 6,5: Sfinisce i compagni senza raccogliere praticamente nulla. Il 25enne tedesco si testa su ogni salita e inanella piazzamenti su piazzamenti, ma a conti fatti non mette mai paura ai fab four della corsa. La generosità non viene ripagata da un risultato prestigioso e neppure da un posto nella top five, che gli sfugge per appena 21 secondi.

Pascal Ackermann (Bora-Hansgrohe), 6,5: Aveva due cartucce da sparare e ne manda a segno una. Rimasto chiuso a Saint-Just-Saint-Rambert, dove è costretto ad accontentarsi del gradino più basso del podio di tappa, lo sprinter tedesco si rifà il giorno seguente a Belleville, quando non deve servirsi neppure del treno per alzare le braccia al cielo a capo di una volata caotica. Il secondo sigillo stagionale, dopo quello al Romandia, testimonia i suoi progressi e la solidità della formazione tedesca negli arrivi a ranghi compatti.

Daniel Navarro (Cofidis, Solution Crédits), 6,5: Sbaglia sovente i tempi per muoversi e quando li azzecca gli mancano gli ultimi 50 metri. Oscar alla sfortuna per l’esperto spagnolo in forza alla Professional transalpina, che conferma il gran feeling con l’antipasto del Tour de France mancando di un soffio la festa nella tappa conclusiva, quando Yates lo fagocita con lo striscione già in vista.

Michal Kwiatkowski (Team Sky), 6: Dopo la partenza a razzo nel prologo era lecito attendersi qualcosa in più. Invece il polacco, dopo aver lasciato le insegne del primato a Impey ed essersele riprese grazie alla cronosquadre, è costretto dai propri limiti a spendersi esclusivamente al servizio di Geraint Thomas. La pagella è trasferibile a Gianni Moscon, che entusiasma per strapotere fisico nelle prime giornate ma paga a caro prezzo il poker finale all’insù che testimonia come, per ambire a fare classifica in futuro nelle corse a tappe, la strada da percorrere sia molta.

Antwan Tolhoek (Team LottoNL-Jumbo), 6: Vuole (forse) troppo e nulla stringe. Quando capisce di non poter tenere il passo dei migliori in salita, il 24enne olandese – nella frazione conclusiva – ci prova dalla distanza. La decisione, anche al netto di una classifica generale che non gli avrebbe permesso di andare in avanscoperta già in precedenza, non paga. Finisce infatti col doversi accontentare delle briciole, lambendo la top ten in classifica generale e in due tappe e giungendo secondo nella graduatoria riservata agli Under 25.

Ilnur Zakarin (Katusha-Alpecin), 5,5: Chi l’ha visto? Il russo sbuffa e fatica sulle ruote dei migliori lungo tutte le salite della corsa, ma non ha mai la condizione necessaria per provare ad impensierirli. Il suo Delfinato è una faticosa, e continua, ricerca alla condizione migliore e si chiude con la magra consolazione della top ten centrata come ultimo nome.

Marc Soler (Movistar Team), 5,5: Anche lui dà l’impressione di non conoscere appieno l’attuale stato di forma ed è chiamato a una ricerca dello stesso che si traduce in tappe interpretate in maniera diversa una dall’altra. Impossibilitato a seguire il ritmo dei migliori, prova ad anticiparli e ad attaccare da lontano. I risultati (il miglior piazzamento è il tredicesimo posto ottenuto a Valmorel) non gli danno mai ragione.

Warren Barguil (Fortuneo-Samsic), 5,5: Mai al livello dei primi, prova ad insidiarli dalla lunga distanza animando la fuga nella breve tappone con arrivo a La Rosiere. Il risultato che ottiene è la mera cartina di tornasole delle sue condizioni: respinto dalle salite, dovrà cambiare marcia da qui a un mese per confermarsi sui livelli che lo hanno consacrato al grande pubblico un anno fa.

Edvald Boasson Hagen (Dimension Data), 5,5: Marca visita nella prima volata, si fa superare a doppia velocità da Ackermann nella seconda. Il norvegese chiude però col sorriso sulle labbra, convinto di aver messo prezioso fieno in cascina in vista del Tour, nonostante l’appuntamento col successo sia ulteriormente rimandato.

Vincenzo Nibali (Bahrain Merida), 5: Non suoni l’allarme rosso(blu), ma la prestazione complessiva non è certo di quella da spellarsi le mani. Il vincitore dell’ultima Milano-Sanremo ha i due cerchi rossi puntati più avanti sul calendario e in carriera ha sempre sfruttato il Delfinato come tappa di avvicinamento ai grandi obiettivi, ma il solo scatto piazzato nella prima frazione (in pianura), pur entusiasmante e quasi vincente, pesa decisamente poco sulla bilancia finale. Specie se su questa salgono anche le non prestazioni nelle ultime due tappe.

Phil Bahaus (Team Sunweb), 4,5: Le volate erano concentrate nelle frazioni iniziali, ma il tedesco non è parso accorgersene. Si stacca in entrambe le frazioni “favorevoli” alle ruote veloci, evidenziando doti ancora da sgrezzare e fotografando una partecipazione, quella della formazione tedesca, tutt’altro che memorabile.

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