Carriera finita per Chris Froome? Molti dubbi, ma è troppo presto per saperlo. Fiducia tra gli esperti
Chris Froome potrà tornare quello di prima dopo la brutta caduta al Giro del Delfinato 2019? È chiaramente questo il grande interrogativo che aleggia nell’aria sin dalle prime indiscrezioni riguardo le sue condizioni, quando si è capito che l’infortunio era più serio di quanto fosse stato lasciato trapelare inizialmente. Qualsiasi risposta sembra attualmente prematura, visto che il Keniano Bianco è stato appena operato e si trova ancora in terapia intensiva. Cruciali saranno proprio questi primi giorni, così come tutto il percorso di ricostruzione ossea e muscolare che attendo ora lo sfortunato capitano del Team Ineos. In seguito, se il corpo dovesse mostrare che le possibilità ci sono, ovviamente, molto dipenderà anche dallo stesso Froome, dalla sua forza di volontà.
Questa è sempre stata uno dei grandissimi punti di forza di un corridore che nell’impegno e nei sacrifici ha costruito la sua straordinaria parabola, ma potrebbe anche non bastare. Da considerare infatti che Froome ha compiuto 34 anni lo scorso 20 maggio e per puntare ai suoi prossimi grandi obiettivi dovrà sostanzialmente aspettare i 35 anni. Un’età in cui mai nessuno ha più vinto né Giro d’Italia né Tour de France. Resta chiaramente l’eccezione di Chris Horner alla Vuelta a España, così come il grande recupero di Alejandro Valverde che dopo il terribile infortunio al Tour de France è poi diventato campione del mondo nel 2018, a 38 anni. L’età è dunque un limite potenzialmente relativo, così come le impressioni che possono aversi in queste prime ore.
Se al momento dell’incidente una persona di esperienza che si è recata sul luogo ci ha confidato aver pensato “non potrai mai più tornare in bici”, anche il team manager Dave Brailsford non vuole al momento fare alcuna previsione. “Molto dipenderà dai prossimi giorni, ma voglio pensare che sia ancora possibile – ha risposto alla BBC riguardo la possibilità di vederlo correre ancora – Vista la sua mentalità, se sarà possibile allora lo farà”.
Tra vederlo tornare in sella e vederlo trionfare di nuovo al Tour de France ci passa tuttavia tutta la differenza che intercorre tra il recupero di un uomo o di un campione. “In questi casi non serve a niente fare questi ragionamenti adesso – aggiunge Brailsford ai nostri microfoni rivelando un quadro clinico non proprio rassicurante – Inutile chiedersi se questo o se quello, adesso conta capire la situazione attuale”.
Malgrado un bollettino medico sempre meno confortante, i pareri dei dottori che si sono espressi sinora sul caso sembrano nel complesso comunque abbastanza rassicuranti. “Non ha niente a che vedere con l’età – spiega Lieven Maesschalck, specialista della riabilitazione interpellato da Het Nieuwsblad – Se l’operazione dovesse andare bene e la frattura guarisce bene, un ritorno è perfettamente possibile. Anche la rieducazione potrebbe iniziare relativamente in fretta perché il ciclismo è un movimento ciclico, una delle prime cose che si possono fare in un processo di recupero. Ottimo per ricostruire il muscolo senza compromettere l’infortunio”.
Stesso parere sostanzialmente per Eric Bouvat, medico della Ag2r La Mondiale. “Dovrà stare fermo circa tre mesi, ma in seguito trovo che l’ipotesi che debba chiudere la sua carriera sia abbastanza bassa – commenta a Le Parisien – È un problema dal quale ci si riprende e potrà fare ciclismo ad alta intensità come lo faceva prima”.
Ovviamente, nessuno può rispondere direttamente sul livello che potrà nuovamente raggiungere. Tornare ad alto livello sembra possibile, ma al suo livello? La domanda probabilmente non ha ancora risposta. “Sta a lui dare la risposta – commenta in merito Rik Verbrugghe, che subì una doppia frattura del femore al Tour 2006 – Dipende dalle ambizioni che aveva ancora per il suo fine carriera. A 34 anni la fine si avvicina, ma si possono ancora fare 3-4 anni ad un ottimo livello. Se ne aveva l’ambizione, nella rieducazione troverà le motivazioni per ripartire su buone basi”.
Chiaramente, si tratta di giudizi effettuati senza conoscere il caso specifico, che ovviamente potrebbe comportare alcuni dettagli aggiuntivi. Si ritorna dunque alla casella di partenza. Siamo nel campo delle ipotesi e bisogna aspettare. Facile da dire, meno da fare. Per tutti sono giorni grande agitazione, in cui preoccupazione, empatia e molte sensazioni contrastanti si mischiano fra loro. Ma quel che conta, prima di tutto, è che Chris Froome stia bene. Poi, tutto il resto, lo scopriremo passo passo.
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