Pagelle Giro d’Italia 2024: Sua Maestà Pogačar senza rivali, gran duello Merlier-Milan, Tiberi convince, Alaphilippe entusiasma

Tadej Pogačar (UAE Team Emirates), 10 e lode: Una dimostrazione di forza, talento e classe memorabile. Lo sloveno non aveva di fronte gli altri grandissimi di questo periodo storico del ciclismo, ma l’impressione è che sarebbe stata dura per tutti tenerselo dietro. Chiude con sei tappe vinte e con una sinfonia rosa che è iniziata con 24 ore di ritardo solo a causa del notevolissimo spunto di Narváez a Torino. A 25 anni, è già nella leggenda di questo sport, considerando che ha corso sei Grandi Giri e li ha chiusi tutti sul podio. Da premiare comunque anche la solidità dei suoi compagni di squadra (9), sui quali inizialmente in molti avevano dei dubbi, ma che si sono poi dimostrati all’altezza del loro capitano, soprattutto nelle giornate più dure.

Jonathan Milan (Lidl-Trek), 9,5: Porta a casa la seconda Maglia Ciclamino consecutiva e si conferma uno dei velocisti più forti dell’intero firmamento mondiale. Il contatore delle vittorie dice tre, ma quando non vince è sempre nel cuore dell’azione, come dimostrano i quattro secondi posti ottenuti. Anche lui è ancora decisamente giovane (gli anni sono 23) e le prospettive sono più che floride, anche per via di una batteria di compagni di squadra, fra cui un eccellente Simone Consonni (Voto 7), con cui continuare a lavorare per migliorarsi.

Daniel Felipe Martínez (Bora-hansgrohe), 9: Oggi crolla, domani non tiene, prima o poi salta… E invece, ha retto il confronto fino all’ultimissimo chilometro, portando a casa un podio pesantissimo. A volte chi arriva secondo è il primo degli sconfitti, ma un piazzamento del genere, alle spalle di un dominatore come Pogačar, vale tanto, per lui e per la squadra.

Tim Merlier (Soudal-QuickStep), 9: Pareggia il conto delle vittorie con Milan, chiudendo con due successi in pratica consecutivi, in quanto a volate. Tiene botta fino alla fine, mandando giù salite e stanchezza, e dimostra classe e grande sapienza tattica, lasciando un marchio notevole sul Giro 2024.

Geraint Thomas (Ineos Grenadiers), 8,5: Secondo podio consecutivo al Giro d’Italia, alla “tenera” età di 38 anni. In un ciclismo che va sempre più veloce e in cui balza alla ribalta un giovane talento dopo l’altro, lui brontola, si lamenta, ma tiene duro, dimostrando, nei momenti difficili, un carattere che già gli si riconosceva e che non si affievolisce con gli anni.

Julian Alaphilippe (Soudal-QuickStep), 8,5: Oltre le polemiche, oltre le frecciate, oltre gli infortuni. È un bi-campione del mondo, uno dei migliori corridori di questo periodo e uno che sa dare spettacolo: porta a casa una tappa (coronando il tris fra Giro, Tour e Vuelta), attacca ogni volta che può e dimostra anche un gran cuore nell’abbraccio a Mirco Maestri, dopo il successo di Fano. Campione, a tutto tondo.

Ben O’Connor (Decathlon Ag2r La Mondiale), 8: Si ferma nuovamente ai piedi del podio di un Grande Giro, dopo il quarto posto al Tour de France 2021. In salita si è confermato corridore di qualità, anche se nell’ultima settimana ha pagato qualche problema fisico. Durante il primo assolo di re Pogačar, ha provato a tenerne le ruote, dimostrando un bel coraggio: non lo ha più rifatto, ma ha portato comunque a casa, per sé e per la squadra, un risultato pesante.

Antonio Tiberi (Bahrain Victorious), 8: Tante aspettative sulle spalle, ma il laziale ha saputo reggere, eccome. Quinto posto finale, Maglia Bianca portata con successo fino a Roma e diverse azioni che ne hanno confermato, qualora ce ne fosse bisogno, le qualità di altissimo livello. Contando anche i minuti persi nei primissimi giorni, il suo bilancio non può che essere positivo.

Einer Rubio (Movistar), 7,5: Complessivamente, il settimo posto finale è il miglior risultato della sua carriera. Il piazzamento era importante soprattutto per la squadra e in qualche occasione ha dovuto probabilmente correre di conserva, per non rischiare di buttare via quanto costruito. Considerando quanto ha perso nelle due cronometro, potrà guardare con ottimismo alle prossime corse di tre settimane, magari con percorsi più favorevoli.

Jan Hirt (Soudal-QuickStep), 7,5: Si vede poco, tanto che entra nei primi 10 di giornata solo in due occasioni, ma porta a termine una corsa di estrema regolarità, chiudendo con un ottavo posto che ne rilancia le quotazioni individuali, un po’ in calando dopo il sesto posto al Giro 2022.

Michael Storer (Tudor Pro Cycling Team), 7,5: Il brivido finale, con tanto di caduta sulle strade di Roma, rimane solo un brivido e l’australiano confeziona un decimo posto che ne corona le ambizioni di inizio gara e che fa molto bene al morale della squadra, che chiude con un risultato di spessore il primo Grande Giro della sua storia.

Jhonatan Narváez (Ineos Grenadiers), 7,5: Vince la prima tappa, battendo un corridore che poi si rivelerà fondamentalmente imbattibile, e veste la prima Maglia Rosa. Basterebbe quello per poter vivere di rendita per le restanti 20 tappe, ma l’ecuadoriano ha una gamba super e decide di spendersi più volte in attacchi da lontano. Secondo a Fano, quarto a Sappada, presenza costante nei momenti di battaglia.

Valentin Paret-Peintre (Decathlon Ag2r La Mondiale), 7,5: Dipinge il suo capolavoro andando a vincere la tappa di Bocca della Selva in perfetta solitudine, piegando dei compagni di fuga di alto livello. Quando la strada sale, è uno degli ultimi a staccarsi dal gruppo dei migliori e in qualche occasione risulta molto prezioso per il compagno di squadra O’Connor. Scalatore puro, anche lui ha “solo” 23 anni.

Andrea Pietrobon (Team Polti-Kometa), 7,5: In fuga sempre e comunque. Accarezza il successo nella tappa di Lucca, giocandosi al meglio le sue carte, e in generale, è una garanzia quando c’è da attaccare da lontano e da fare chilometri nel vento. Porta a casa il primo posto nella classifica dei traguardi volanti e anche, naturalmente, quello nella graduatoria del premio fuga.

Pelayo Sánchez (Movistar), 7,5: Che avesse buone qualità si sapeva, ma che potesse essere così continuo no. Porta a casa una tappa, piegando nientemeno che Julian Alaphilippe, e fa vedere ottime cose su percorsi vallonati ed esigenti. Un altro nato nel nuovo millennio che potrà togliersi molte altre soddisfazioni.

Giulio Pellizzari (VF Group – Bardiani CSF – Faizanè), 7,5: Come sopra. Il ragazzo di anni ne ha solo 20, è al suo primo Grande Giro e soffre parecchio nella prima settimana di gara. Con grinta e determinazione, però, resiste a fatica e difficoltà e sboccia nei giorni successivi, attaccando con coraggio e ritagliandosi tanti momenti importanti. Un secondo posto, sul Monte Pana, e un’azione entusiasmante sul Monte Grappa spiccano in un finale di Giro da protagonista.

Georg Steinhauser (EF Education-EasyPost), 7,5: Altro giovane che sprizza classe da ogni pedalata. Attacca, resiste, accelera e combatte, fino a portare a casa una vittoria di tappa, con la benedizione di re Pogačar. Nel suo Giro ci sono anche due terzi posti e una serie di azioni di notevole spessore.

Andrea Vendrame (Decathlon Ag2r La Mondiale), 7,5: Ci prova in più di un’occasione e ci riesce, al termine di una tappa esigente come quella di Sappada. Per lui, un successo che vale parecchio e che ne conferma, una volta di più, le qualità di fondo e di resistenza.

Thymen Arensman (Ineos Grenadiers), 7: Comincia maluccio, corre molto bene nella fase centrale e poi finisce nuovamente in calando, non riuscendo a portare dalla sua la lotta per la Maglia Bianca. Sembra sospeso fra i compiti di squadra, a sostegno di Thomas, e le ambizioni personali, e finisce per auto-silenziarsi, anche se il sesto posto finale è risultato tutt’altro che trascurabile.

Filippo Ganna (Ineos Grenadiers), 7: Voleva la vittoria di tappa e la vittoria di tappa è arrivata, dopo una prestazione eccezionale nella cronometro di Desenzano sul Garda. Secondo nella prima prova contro il tempo, si spende spesso per la squadra e mette in mostra una buona condizione.

Olav Kooij (Visma | Lease a Bike), 7: Al primo Grande Giro della carriera piazza subito la stoccata del corridore di qualità, con una volata di grande classe. Purtroppo, però, si ammala sul più bello e deve lasciare la corsa, con ancora diverse occasioni disponibili.

Benjamin Thomas (Cofidis), 7: Si ritrova una grande occasione a disposizione e non se la fa sfuggire, vincendo, dalla fuga, la tappa di Lucca. Non arriva a Roma, ma salva il bilancio di una squadra con poche altre note positive (una di queste è Stanisław Aniołkowski – voto 7 – che si fa largo nelle volate della seconda metà del Giro, ottenendo anche un prezioso secondo posto).

Giovanni Aleotti (Bora-hansgrohe), 7: Gli viene chiesto di coprire il ruolo di sostegno di montagna per Daniel Felipe Martínez e lui risponde ‘presentissimo’. Tiene duro con grande determinazione fin quando le gambe lo sorreggono e risulta sostegno fondamentale, oltre che unico, per il compagno di classifica.

Davide Piganzoli (Team Polti-Kometa), 7: Alla fine, da esordiente, la classifica l’ha curata eccome. Non si prende rischi inutili, ma porta a termine tre settimane di assoluta regolarità, chiudendo al 13esimo posto della graduatoria finale. A 21 anni, non è mica poco.

Filippo Fiorelli (VF Group-Bardiani CSF-Faizanè), 7: Giro all’attacco quello del 29enne siciliano, che soprattutto nella prima settimana è molto attivo, andando poi un po’ in calando con il passare delle tappe. Nelle prime era però riuscito ad accumulare un bel tesoretto nella classifica Intergiro che poi riesce a difendere, sprintando con i velocisti o anticipandoli, fino a Roma, dove riesce così a salire sul podio finale.

Romain Bardet (Team dsm-firmenich PostNL), 6,5: Altalena di emozioni e di condizione. Arrivava al Giro sull’onda di una grande Liegi, ma nelle prime giornate accusa passivi pesanti. Si ritrova nella seconda settimana e sembra poter addirittura tornare in corsa per il podio, prima di conoscere altre giornate difficili. Tre piazzamenti fra i 10 di giornata e un nono posto finale fanno comunque al bilancio-UCI della squadra.

Filippo Zana (Team Jayco AlUla), 6,5: In avvio non doveva essere l’uomo di classifica della squadra, ma l’addio di Dunbar lo ha catapultato in questa veste. Alla fine, esce dalla prima pagina della graduatoria solo di fronte alle ultime due montagne, ma dimostra grande caparbietà nel non deragliare del tutto.

Simon Geschke (Cofidis), 6,5: È la sua stagione di addio, ma in quanto a classifica generale finale, è il miglior Grande giro della sua carriera. Il 14esimo posto non è memorabile, ma è una bella dimostrazione di professionalità da parte del tedesco, che va spesso all’attacco.

Christian Scaroni (Astana Qazaqstan), 6,5: Anche lui va spesso all’attacco e si spende ogni volta che può. Nel momento in cui la condizione stava crescendo e le occasioni per le fughe stavano aumentando, è costretto al ritiro.

Davide Ballerini (Astana Qazaqstan), 6,5: Si presentava al Giro con qualche incognita, visto il lungo periodo di inattività alle spalle e un’unica gara, il Giro di Turchia, nelle gambe. Va in crescendo e lo ritrovi spesso nel cuore dell’azione, sia in fuga da lontano che nelle volate. Forse non corre con grande giudizio, ma l’impressione è che abbia voluto mettersi alla prova, in vista delle prossime gare.

Kaden Groves (Alpecin-Deceuninck), 6,5: Chiude con due secondi e due terzi posti. Per un velocista, la vittoria è spesso l’unico risultato considerato buono, ma la sua continuità rimane un aspetto da tenere in conto, considerati anche i problemi fisici avuti nei mesi precedenti.

Madis Mihkels (Intermarché-Wanty), 6,5: Primo GT per il talento estone, che puntava soprattutto a fare esperienza e a mettersi a disposizione di Girmay nelle volate. Dopo il ritiro dell’eritreo, però, si lancia in prima persona negli sprint, riuscendo a cogliere alcuni buoni piazzamenti e, soprattutto, dimostrando una buona tenuta sulle tre settimane.

Lorenzo Fortunato (Astana Qazaqstan), 6: L’uscita di scena di Lutsenko lo consacra come speranza della squadra. Lui risponde molto bene nella prima metà del Giro e poi perde in brillantezza, staccandosi dal gruppo degli uomini di classifica in più di un’occasione e scivolando fuori dalle prime 10 posizioni, dove un piazzamento pareva essere alla sua portata.

Damiano Caruso (Bahrain Victorious), 6: Partito come uno dei due uomini di punta della sua squadra, il siciliano deve però presto rinunciare alle ambizioni di classifica tra malanni e cadute. Ci prova quindi in un paio di occasioni in fuga ma, soprattutto, è prezioso con la sua esperienza a fianco di Tiberi.

Ewen Costiou (Arkéa-B&B Hotels), 6: Alla prima partecipazione in un Grande Giro, l’interessante 21enne francese si mette in evidenza provando in diverse occasioni ad andare all’attacco. Alcune volte sbaglia un po’ i tempi, frutto probabilmente di ancora un po’ d’inesperienza, ma dimostra spirito d’iniziativa e riesce a cogliere anche una top-10 di giornata a Santa Cristina Valgardena.

Maximilian Schachmann (Bora-hansgrohe), 6: Parte bene, con il secondo posto nella frazione inaugurale, mostrandosi qualche volta nel corso della prima settimana, per poi sparire progressivamente. Non manca comunque il lavoro al servizio del capitano Martinez, salvando così il suo bilancio, che a livello personale non sarebbe di certo sufficiente.

Nairo Quintana (Movistar), 6: Già prima della partenza del Giro aveva dichiarato di puntare a un successo di tappa, e ci va vicinissimo in una delle tappe più importanti, quella con arrivo al Mottolino di Livigno, dove viene superato solo dalla super rimonta di Pogacar. Per il resto, aiuta come può il compagno di squadra e connazionale Rubio.

Alberto Dainese (Tudor Pro Cycling Team), 5,5: Presentatosi al Giro dopo aver dovuto saltare una gran fetta della prima parte di stagione (e probabilmente per questo motivo gli è mancato qualcosa in esplosività), il velocista veneto non riesce quest’anno a lasciare il segno, centrando per cinque volte la top-10, ma senza mai essere veramente in lotta per la vittoria se non nella sua Padova.

Juan Pedro Lopez (Lidl-Trek), 5,5: Lo scalatore spagnolo è spesso molto attivo e si sacrifica anche molto per la squadra, lavorando quando possibile nelle tappe a lui meno congeniali in favore di Milan, ma è chiaro che da lui ci si aspettava un Giro molto diverso, con la classifica che poteva essere un obiettivo concreto.

Laurence Pithie (Groupama-FDJ), 5,5: Si presentava alla Grande Partenza sull’onda delle belle cose fatte vedere in primavera, ma alla fine il suo piatto è rimasto abbastanza vuoto. Comprimario nelle volate e assente sui percorsi mossi. È giovane, avrà tempo per rifarsi.

Esteban Chaves (EF Education-EasyPost), 5: Giro piuttosto anonimo quello dello scalatore colombiano, un po’ sulla falsariga delle ultime stagioni, nelle quali lo si è visto talvolta protagonista in fuga. Cosa che però non accade quasi mai nelle tre settimane italiane, dove lo si è visto concretamente solo nelle prime giornate, quando per qualche tappa è rimasto nella top-10 della classifica generale.

Caleb Ewan (Team Jayco AlUla), 5: Lui non è più tanto giovane e, una volta di più, è rimasto lontano dalle aspettative. Porta a termine, per la prima volta dopo cinque tentativi, il Giro d’Italia, ma non riesce mai a farsi davvero vedere nelle volate. Un sesto posto è il suo miglior risultato.

Fernando Gaviria (Movistar), 5: Come per Ewan, il miglior piazzamento di tutto il Giro è un sesto posto e, come nel caso del collega australiano, l’impressione ormai è che la brillantezza degli anni passati sia ormai lontana.

Edward Dunbar (Team Jayco AlUla), sv: Il suo Giro, nel quale puntava a migliorare il settimo posto di un anno fa, finisce già alla terza tappa dopo una caduta avvenuta il giorno precedente e che lo costringe a lasciare con il ginocchio dolorante.

Biniam Girmay (Intermarché-Wanty), sv: Il terzo posto nella volata di Fossano poteva far presagire una corsa da protagonista per lui, ma il giorno seguente cade per due volte in pochi chilometri e, nonostante non riporti problemi fisici particolarmente gravi, decide di lasciare la gara.

Israel-Premier Tech, sv: Corsa da dimenticare per la formazione israeliana, che già prima di arrivare al giro di boa resta con metà squadra dopo che cadute e malattie mettono ko quattro corridori, tra cui due uomini importanti quali Michael Woods e Ethan Vernon. Da quel momento i superstiti provano a fare quello che possono, cercando una qualche fuga con Marco Frigo e Simon Clarke o provando a lanciarsi in volata con Hugo Hofstetter, senza tuttavia raccogliere grossi risultati.

Fabio Jakobsen (Team dsm-firmenich PostNL), sv: Giro estremamente complicato quello del velocista neerlandese, che fatica sin dalle prime tappe per via di una condizione non ottimale. Dopo una caduta nella volata di Francavilla al Mare, poi, opta per tornare a casa e riposarsi.

Christophe Laporte (Visma | Lease a Bike), sv: Chiamato in sostituzione dell’infortunato Van Aert, il campione europeo europeo puntava a rilanciarsi dopo una primavera complicata provando ad aiutare Kooij nelle volate e cercando una qualche fuga, ma il suo Giro termina nell’ottava tappa, due giorni dopo una caduta.

Florian Lipowitz (Bora-hansgrohe), sv: Dopo le belle cose fatte vedere al Romandia, il giovane scalatore tedesco era partito abbastanza bene anche nella Corsa Rosa, conquistando un quinto posto a Oropa, ma a causa dell’influenza deve abbandonare già il sesto giorno, lasciando così il capitano Martinez senza un uomo che avrebbe potuto rivelarsi importante.

Alexey Lutsenko (Astana Qazaqstan), sv: Non parte benissimo, ma è pronto a reagire e cerca di trovare una sua dimensione. Purtroppo si ammala e deve salutare la Corsa Rosa senza poter dire la sua.

Cian Uijtdebroeks (Visma | Lease a Bike), sv: Al di là del tempo perso nella crono di Perugia, cosa tutto sommato prevedibile, il talento belga stava disputando un Giro di alto livello, dato che all’inizio della seconda settimana si trovava al quinto posto e in Maglia Bianca. Purtroppo, però, proprio nel primo giorno di riposo contrae una forte influenza che lo costringe a salutare la corsa e le ambizioni di poter quantomeno ripetere quanto fatto lo scorso anno alla Vuelta.

Domenico Pozzovivo (VF Group-Bardiani CSF-Faizanè), 18: Come i Giri corsi dallo scalatore di Policoro, che è riuscito così a eguagliare Wladimiro Panizza in quanto a numero di partecipazioni. Di questi ne ha conclusi 12, spesso fermato dalla sfortuna che anche all’inizio di questo Giro ci ha messo lo zampino in un paio di occasioni, ma il 41enne riesce a portare la bici sino a Roma, dove si prende il saluto dei tifosi nella sua ultima tappa alla Corsa Rosa, e a conquistare comunque la top-20.

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