#SpazioTalk, Domenico Pozzovivo (NTT): “Calendario sbilanciato verso il Tour. Correre con Froome sarebbe stimolante. Futuro? Sogno Tokyo e studio da preparatore”
Domenico Pozzovivo brucia come sempre i tempi in vista di una stagione corta e che potrebbe allungargli la carriera. Ospite della nona puntata di #SpazioTalk, il portacolori della NTT Pro Cycling, si è soffermato sugli obiettivi personali e sul futuro. A meno di una settimana dall’intervento alla tibia resosi necessario per la rimozione di un chiodo inserito in seguito all’investimento che lo ha visto sfortunato protagonista nell’agosto dello scorso anno, lo scalatore lucano morde il freno per riprendere l’attività e ha analizzato ai nostri microfoni, col consueto acume che gli si riconosce, la compilazione di un calendario a suo avviso “troppo sbilanciato” verso il Tour. Se proprio la Grande Boucle e le Classiche delle Ardenne dovrebbero rappresentare il fulcro del suo planning stagionale, l’ex Bahrain-Merida non chiude la porta a possibilità alternative. Sul futuro, invece, ha le idee chiare: i Giochi Olimpici di Tokyo come possibile punto esclamativo su 17 anni di carriera e la permanenza nell’ambiente dopo aver appeso la bici al chiodo.
Come procede il recupero dopo il nuovo intervento per la rimozione del chiodo dalla caviglia operata e tra quanto potrai tornare a pedalare?
Le mie condizioni sono in netto miglioramento, non ci sono stati problemi di sorta sulle cicatrici. Quello che andava tenuto d’occhio era il tendine rotuleo, perché durante l’intervento viene reciso e poi ricucito. Adesso ho ancora il ginocchio gonfio, ma devo ammettere che sono già riuscito a pedalare sui rulli e il decorso, come al solito, è stato più veloce rispetto a quello che i medici mi avevano prospettato.
Si trattava dell’ultima operazione in programma?
Per quanto riguarda la tibia sì. Sul gomito, invece, tutti i chiodi messi nel mese di agosto sono ancora in sede perché bisogna attendere di più per una buona consolidazione delle fratture.
Questo nuovo stop forzato è un bene o un male?
Lo stop non mi sta assolutamente danneggiando dal punto di vista del recupero. Affrettare i tempi va bene, ma a volte si tralasciano dei particolari, cosa che in questo periodo ho potuto curare. Ho potuto continuare a fare fisioterapia, sicuramente in una stagione “normale” con il periodo agonistico non avrei potuto fare. Da questo punto di vista lo stop mi sta avvantaggiando, ovvio che senza il virus l’intervento fatto la settimana scorsa sarebbe stato anticipato di 45 giorni. Forse sarebbe stato meno calcificato il chiodo all’interno, ma alla fine sono congetture. Penso che in generale ho dei vantaggi, che sto cercando di sfruttare.
Come hai vissuto questi due mesi? Sei riuscito a curare anche un po’ gli interessi extra-ciclistici…
Soprattutto nella prima fase mi sono dedicato a cercare di superare un altro esame all’università, anche per impegnare di più la testa. Era un periodo in cui non c’erano certezze su nulla, anche se avevo la fortuna di essere in Svizzera e gli allenamenti su strada li ho potuti continuare sempre tranne un periodo di pausa che mi ero preso in accordo con i preparatori. Ho continuato lo studio e ho cercato di non fare programmi troppo a lungo termine, perché di volta in volta sarebbero potuti essere smentiti dalle novità che c’erano giorno per giorno.
Questa compressione della stagione ti allunga la carriera?
Facendo i conti, se si dovesse riprendere ad agosto come spero, in due anni ne avrei fatto uno di gare. L’anno scorso la mia stagione si è interrotta ad agosto dopo il Giro di Polonia. Sicuramente da quel punto di vista può essere una motivazione in più per provare a sacrifici, finché il mio fisico me lo permetterà e ne avrò voglia.
Che esperienza è stata la quarantena forzata durante l’UAE Tour?
Sono stati giorni in cui tutto il mondo ha cominciato a scoprire la gravità della situazione. Devo ammettere che io, come forse la maggior parte delle persone, fino a quel punto avevo sottovalutato il pericolo del coronavirus. Lì siamo stati messi di fronte alla realtà. Il fatto di correre comportava dei rischi nella possibilità di contagiarci e le autorità degli Emirati Arabi hanno preso decisioni nel nostro interesse, fermando tutto e facendo i tamponi a tutti attendendo l’esito prima di tornare a casa. In quei giorni abbiamo preso davvero coscienza di quello che stava per capitare.
Anche alla luce di ciò che avete vissuto in quell’occasione, che ciclismo ti immagini alla ripresa? Passando dagli allenamenti individuali alle competizioni i fattori di rischio si moltiplicano
Guardando anche quelli che sono i numeri dei contagi in Europa, penso che in estate il virus ci possa dare meno problemi sotto il profilo della contagiosità. Sicuramente i protocolli che andranno attuati saranno volti a ridurre il rischio di poterci contagiare. Il grosso punto interrogativo, dal mio punto di vista, sta sul fatto che il virus possa riprendere forza e ripresentarsi durante la stagione autunnale.
Tra le misure che si pensa di adottare, anche sulla scorta di quello che hai appena detto, c’è la possibilità di correre a porte chiuse. Lo ritieni un male necessario?
Se fosse l’unico modo per poter riprendere, lo ritengo un male necessario perché piuttosto che far saltare una stagione si cerca di portare a casa quello che si può. Le porte chiuse, purtroppo, non piacciono a nessuno ma potrebbero essere un’extrema ratio.
Ultima bozza di calendario: è stato trovato un compromesso accettabile?
Secondo me è molto sbilanciato sul Tour de France, anche se dico una cosa che hanno detto in tanti. Il movimento è troppo sbilanciato verso questo tipo di ragionamento, sistemare il Tour e che gli altri si arrangino.
C’è anche chi dice che se non si riparte col Tour de France, che è l’evento che fa circolare più soldi, diventa difficile far sopravvivere l’intero movimento
Adesso l’altro scoglio, che sembra tra le soluzioni possibile, è quello di poter anticipare di una settimana il Giro d’Italia per non farlo cadere in concomitanza con la Vuelta a Espana e la Parigi-Roubaix. Penso che la concomitanza di quelle tre gare (in programma il 25 ottobre, ndr) sia abbastanza sanguinosa per tutte e tre.
I tuoi programmi sono Tour de France e Ardenne senza sé e senza ma? O c’è ancora la possibilità di apportare qualche modifica?
Penso che ancora non abbiamo veramente messo giù un programma di gare. Non chiudo le porte a niente, sarà comunque una stagione particolare e bisogna essere flessibili tra quelli che possono essere gli obiettivi propri e quelli della squadra. Bisognerà ottimizzare le risorse che si hanno in quei tre mesi in cui tutto è concentrato.
La sovrapposizione tra Giro d’Italia e Liegi-Bastogne-Liegi, due appuntamenti in cui sei andato spesso forte, ti costringe a una scelta fastidiosa
Quello può essere un fattore abbastanza determinante nelle scelte. Penso che già l’anno scorso ho dovuto saltare la Liegi per l’infortunio che ho patito alla Freccia Vallone. Due anni di seguito mi dispiacerebbe parecchio.
Per un uomo di classifica è verosimile pensare di fare due Grandi Giri con ambizioni in questa stagione?
Quest’anno penso che due Grandi Giri attaccati come Tour e Giro d’Italia siano impossibili. Ci sono due settimane o forse una di stacco, non c’è il tempo materiale per recuperare ed è davvero difficile conciliare le cose. Sarà già una stagione in cui avremo pochi punti di riferimento, perché siamo abituati a preparare gli eventi in base al calendario e al susseguirsi delle stagioni. Ci sarà un impatto particolare, fare una estrema come Giro e Tour attaccati non è una buona idea.
In un periodo non si corre, ma si parla tanto. Tra le voci di fantaciclismo c’è quella che accosta Chris Froome alla tua squadra: cosa significherebbe poterci correre insieme?
Mettiamola per ora tra le cose che si possono ragionare in un altro mondo, però sicuramente correre con un capitano come lui al Tour sarebbe un’esperienza particolare. L’ho già fatto con Vincenzo al Giro e in parte anche al Tour de France, prima che ci fosse l’incidente all’Alpe d’Huez, e avere la responsabilità della corsa avendo un leader come Froome te ne dà molte di più anche da gregario. Sarebbe sicuramente un’esperienza molto stimolante, Froome è un campione che ho sempre apprezzato sia per la classe che ha in bici che per quello che dimostra nell’interfacciarsi con i giornalisti e con la gente.
Arrivate alla ripresa con diverse incognite, come le poche corse nelle gambe prima di un Grande Giro o le differenti stagioni dell’anno in cui si correranno alcuni appuntamenti rispetto alla loro tradizione: come e quanto queste variabili possono modificare i valori in campo?
Secondo me potranno incidere soprattutto sulla tenuta sulle tre settimane, come ha detto Geraint Thomas. Quando arrivi a un Grande Giro dopo un certo periodo di stagione, ti sei già consolidato nelle tue certezze e sai certe sensazioni a cosa corrispondono in gara. In questo caso ci si arriverà, sì e no, con una corsa di 5-6 giorni come può essere il Delfinato, o con corse di un giorno. Ci saranno pochi riferimenti e un po’ meno di fondo per arrivare bene all’ultima settimana.
Giochi Olimpici di Tokyo spostati nel 2021: possono rappresentare un grande obiettivo per concludere la carriera?
Sarebbe veramente un grande obiettivo perché i Giochi Olimpici sono qualcosa che vanno al di là dello sport singolo e coinvolgono tutto il mondo dello sport a livello più ampio rispetto a quello che siamo abituati a vivere. Quindi sarebbe un’esperienza che mi piacerebbe vivere, speriamo di potermi meritare una convocazione per le Olimpiadi del 2021.
Hai già pensato a cosa fare quando appenderai la bici al chiodo? Magari restare nell’ambiente come preparatore…
Sì, perché no? Adesso i miei studi sono orientati a dare anche una base teorica a tutta quella che è stata la mia esperienza nel mondo del ciclismo. Sono sempre stato uno molto meticoloso e che ha studiato da autodidatta la preparazione e tutto ciò che gira intorno.
A fine 2020 ti riterrai soddisfatto se…
Se ritrovassi la mia continuità, che avevo prima dell’incidente, a frequentare gli ordini di arrivo.
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