Coronavirus, l’industria del ciclismo in campo contro il Covid-19
“Coppi scavalca montagne su montagne niente altro che con il battito del cuore”. Se Dino Buzzati racconta così le gesta del Campionissimo, mai come in questo momento storico globale di estrema emergenza sanitaria, la bici sta, ancora una volta, scrivendo la storia. E questa citazione così impattante, ancora oggi, descrive al meglio ciò che in tempi rapidissimi alcune aziende, la cui produzione è dedicata allo sport ed in particolare al ciclismo, hanno saputo riconvertire il proprio operato, destinandolo alla produzione di materiale sanitario. Un cambio di rotta dettato anche dal “battito del cuore” per andare incontro ad una esigenza sempre più impellente: “Sin da subito come imprenditori ci siamo chiesti cosa avremmo potuto fare”, sottolinea Paola Santini, marketing manager dell’azienda bergamasca Maglificio Santini, leader mondiale nella produzione di abbigliamento da ciclismo, in una intervista rilasciata a BergamoNews nei giorni scorsi. Nei giorni successivi altre aziende dello stesso tipo anche all’estero hanno preso la stessa decisione.
Quella italiana è stata una cordata anche tra gli imprenditori: “Vista l’esigenza abbiamo contattato un’altra impresa bergamasca, la Sitip, che fornisce il tessuto impermeabile ed abbiamo realizzato un prototipo di mascherina” – conclude Paola Santini. Il maglificio che ha vestito con abbigliamento tecnologico per oltre mezzo secolo campioni di ciclismo pronti a tagliare il traguardo più importante ora ha raccolto la sfida più impellente con un prototipo di mascherina passata al vaglio del Politecnico di Milano: “Ora il traguardo è salvare vite. Pronte le mascherine”.
E se lo sport, ed anche il ciclismo sono abituati al fair-play, ora lo sono anche le aziende di produzione, in particolare quelle bergamasche, una delle zone più colpite dalla pandemia, che hanno innescato il turbo: “Ci sono aziende che non possono continuare a produrre e a lavorare perché mancano i presidi di protezione. Pensiamo a fare quel che serve. E in fretta” ha spiegato Andrea Abati, presidente di Tecnofilati, con sede a Medolago (Bg), già leader nella produzione tessile anche per l’ambito sportivo che ha brevettato mascherine con fili di carbonio sul lato esterno. Anche queste in attesa di essere validate dal Politecnico di Milano. In cordata a questo fair-play, anche un’altra azienda bergamasca, la Carvico Spa impegnata nella produzione di tessuti sintetici e idrorepellenti che potrebbero essere adatti alla protezione.
Ma c’è dell’altro. Scicon, azienda regina della produzione mondiale di borse e occhiali da ciclismo, situata in Veneto, un’altra delle zone più colpite dalla pandemia, ha riconvertito la sua linea di produzione per creare maschere protettive per respiratori e occhiali protettivi, facendo fronte così alla sempre più pressante richiesta di dispositivi protettivi da parte di aziende, enti privati e forze dell’ordine. Scicon Sports ha presentato così il primo modello di maschera protettiva per respiratore, conforme agli standard FFP1, con relativa domanda di approvazione inviata all’Istituto Nazionale della Salute. A partire da ora, le maschere di protezione del respiratore protettivo SCICON Sports sono considerate “schermi filtranti”, progettati e fabbricati sulla base dell’articolo 16, paragrafo 2, di un decreto emanato dal governo italiano il 17 marzo.
Oltre alle maschere di protezione del respiratore di nuova concezione, SCICON Sports offre anche occhiali AeroTech altamente protettivi dotati di lenti trasparenti, lo stesso modello utilizzato da 3 squadre ciclistiche del World Tour. Claudio Fantin, Marketing Strategist del Gruppo ASG, di cui fanno parte SCICON e FTECH, ha dichiarato: “Abbiamo deciso di fare del nostro meglio. Da 40 anni sviluppiamo prodotti ad alte prestazioni per atleti e siamo convinti che molti altri possano proteggersi. I tessuti tecnici per ciclismo sono ideali per maschere e gli occhiali sportivi sono schermi molto efficaci per proteggere gli occhi dalla saliva. Ammettiamo che siamo in guerra e dobbiamo unirci per vincere la lotta contro COVID-19. Sollecitiamo tutti i produttori di abbigliamento a seguire il nostro modello e siamo pronti a fornire tutte le informazioni possibili per aiutare, dai disegni, schede tecniche e informazioni sui materiali, a suggerimenti e suggerimenti per chiunque voglia seguire l’esempio”.
E poi c’è la storia delle ormai maschere snorkeling-Easybreath della Decathlon che con opportune modifiche possono trasformarsi in un prezioso strumento a supporto della respirazione come i tanto richiesti ventilatori essenziali per far fronte all’emergenza Coronavirus. L’idea è venuta all’ex primario dell’Ospedale di Gardone Valtrompia, il dottor Renato Favero. Chi ha trovato la via giusta per sviluppare il progetto, insieme ad altri collaboratori, è Romeo Mariani fondatore di Valxer e vice Presidente del Valxer Triathlon Team di Seregno. È uno sportivo quindi, con la passione anche per la bicicletta. Ma soprattutto è un programmatore informatico.
Non solo. Con lo scoppio dell’emergenza nazionale la Federazione Ciclistica Italiana, anche grazie ai suoi azzurri, ha aderito alle campagne #distantimauniti #iorestoacasa e #iomiallenodacasa. Un’arte, quest’ultima, che ha radici storiche, fin dal lontano settecento, anterione, quindi, alla prima bicicletta. Il primo apparecchio di allenamento indoor, Gymnasticon, rudimentale con lo scopo di tenere in esercizio muscoli e articolazioni, risale al 1796 ideato da dall’inglese Francis Lowndes, un pioniere dell’elettricità. L’evoluzione si chiama poi Training Whell (1890) e cioè attrezzi per l’allenamento modellati sul biciclo; Cicloergometro (1950), che aveva lo scopo di registrare carichi di allenamento; Rulli (1897), apprezzati anche ai giorni nostri perché consentono l’allenamento indoor; Spin Bike (1993), ideato dal ciclista endurance Jonathan Goldberg negli anno Novanta, che consente un allenamento domestico che più si avvicina al training all’aperto e, infine, Rollapaluza (2000). Questo macchinario consente a due o più ciclisti di sfidarsi nell’ambito indoor, contro il tempo. La sua rivisitazione (già apparso negli anni Cinquanta quando il ciclista inglese Eddie Wingrave sfidava a teatro il pubblico), continua a riscuotere successi nei pub, nei parchi e nei centri commerciali. (fonte Live, 16 marzo 2020).
In questa ottica, numerose le iniziative che la Federciclismo ha lanciato e a cui ha aderito per accompagnare i propri tesserati in questi difficili giorni, invitandoli ad allenarsi da casa. Perché come ha scritto Buzzati “il tempo passa e la strada un giorno dovrà pur finire”.
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