Visma|Lease a Bike, Jonas Vingegaard torna sulla caduta alla Parigi-Nizza: “I medici non hanno mai controllato se avessi avuto una commozione cerebrale”

Jonas Vingegaard torna a parlare dell’incidente che lo ha visto coinvolto alla Parigi-Nizza. Durante la quinta frazione della corsa a tappe francese dello scorso marzo, il fuoriclasse danese della Visma|Lease a Bike finì duramente a terra, trovandosi poi costretto ad abbandonare la corsa il giorno successivo dopo aver terminato, non senza difficoltà, la tappa. A circa due mesi dall’incidente il nativo di Hillerslev è tornato a parlare di quello che è accaduto, criticando ASO e il medico di gara che, dopo la sua caduta, non si sono mai preoccupati di verificare che non avesse rimediato una commozione cerebrale.

Le conseguenze di quella caduta mi hanno creato non pochi problemi – racconta il danese – Dopo essere caduto sono andato dal medico perché avevo del sangue in faccia e stavo ancora sanguinando, ma non hanno mai controllato se avessi avuto una commozione cerebrale, che è molto strano secondo me. Avevo gli occhiali rotti, avevo sangue sul volto e anche sul sopracciglio”. Stando al protocollo UCI, tutti i corridori dovrebbero essere sottoposti ad un controllo immediato in caso di potenziale commozione cerebrale, anche in caso di ferite che possono far pensare che ci sia stato un colpo alla testa.

Nel descrivere quanto accaduto in occasione dell’incidente, Vingegaard lo descive come “uno degli incidenti mai stupidi mai avuti“, raccontando come durante un tratto in salita, con velocità molto basse intorno ai 15km/h, un incrocio di ruote con il corridore davanti a lui lo ha fatto finire a terra, impedendogli inoltre di proteggersi e colpendo quindi col volto sull’asfalto. Sebbene sul momento l’incidente non era sembrato eccessivamente grave, solo nei giorni successivi si sono poi presentati i sintomi della commozione cerebrale: “Rimanevo sveglio per circa un’ora e poi avevo la necessità di dormire per almeno un’ora e mezza, ed è stato così per i primi tre-quattro giorni. Poi sono progressivamente migliorato. Già pochi giorni dopo l’incidente sono risalito in bici, ma dopo solo un’ora avevo mal di testa e nausea e mi sono dovuto riposare. A quel punto poi non sono più salito in bici per qualche giorno”.

Secondo il classe 1996 sono necessari controlli più stringenti su questo genere di incidenti in modo tale che tutti i corridori che ne hanno bisogno vengano immediatamente sottoposti ai necessari controlli: “Credo che nel momento in cui ci sia qualche ferita o qualche segno sopra le spalle il corridore debba essere sottoposto a dei controlli prima di poter ripartire. Forse nel mio caso la vettura medica non era immediatamente presente dopo la mia caduta, ma nel momento in cui sono andato lì avrebbero dovuto almeno controllare”.

Nonostante la battuta di arresto e il conseguente lungo stop dalle competizioni, la preparazione di Vingegaard in vista del Tour de France prosegue senza sosta, con l’obiettivo di ritornare sul gradino più alto del podio di Parigi: “Al momento so di non essere ancora al mio miglior livello, ma questo è il motivo per cui sono qui sulla Sierra Nevada ad allenarmi. Spero di riuscire a raggiungere un livello che non ho mai raggiunto in passato. Se dovessi riuscirci sono sicuro di poter lottare per vincere il Tour”. Dopo l’appuntamento con la Grande Boucle, inoltre, la stagione del 28enne proseguirà con la Vuelta prima della possibile partecipazione ai Mondiali in Rwanda che, però, non è stata ancora confermata ufficialmente.

 

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