Mark Cavendish: “Raramente ho fatto secondo o terzo, per me era vincere o niente. Se non vincevo era un fallimento”
Mark Cavendish ripercorre la sua carriera e i suoi momenti migliori. In un’intervista a Il Sole 24 Ore, l’ex velocista ha rivissuto la magia dei suoi successi più importanti, tra cui naturalmente il 35° sigillo in una tappa del Tour de France, che lo rende tuttora il più vincente di sempre nella corsa più importante nel mondo del ciclismo. Il britannico, comunque, ha vissuto anche momenti difficili, come l’ultimo periodo alla Dimension Data e l’anno in Bahrain-McLaren, dove si pensava anche a un suo ritiro. Alla fine, però, la seconda giovinezza alla Soudal Quick-Step e all’Astana hanno reso la sua parabola ancora più incredibile, fissando a quota 165 il numero di vittorie da professionista.
Nel corso dell’intervista, il britannico ha riflettuto sulla sua mentalità vincente, che lo ha portato ad avere tutti questi successi in carriera: “Ho sempre avuto e sempre avrò una natura competitiva. Ma sono fortunato perché, correndo, ho ottenuto tutto ciò che avrei potuto desiderare. E anche di più. Concludere una carriera ventennale con un successo (la quinta tappa del Tour de France del 2024, dove ha superato il record di Eddy Merckx, ndr.), è stato il finale perfetto per quella parte della mia vita“.
Mark Cavendish ha poi condiviso la sua soddisfazione per lo sviluppo che sta avendo il ciclismo nel mondo in questo momento: “Quando ho iniziato era uno sport piuttosto di nicchia e sono orgoglioso di quanto sia cresciuto durante la mia carriera. Ma sono l’accessibilità e la libertà che hai pedalando gli aspetti che me lo fanno amare tantissimo. Non importa da dove vieni, come usi la bici o quanti anni hai: il ciclismo ti permette di entrare in quella che, probabilmente, è la più grande comunità del mondo. La cosa che mi commuove di più è quando qualcuno mi dice che ha iniziato ad andare in bici guardandomi“.
Infine, l’ex sprinter britannico rivela di non aver mai provato a correre solo per un piazzamento, e ricorda la sua vittoria più importante: “Per me era vincere o niente. Raramente sono arrivato secondo o terzo. Preferivo puntare tutte le mie fiches in una vittoria. Se vincevo bene. Se non vincevo era un fallimento. Ho sempre pensato che, in tutto quello che fai, devi sempre dare il massimo. Le mie vittorie sono tutte speciali, ma se devo sceglierne una, la più emozionante è stata l’ultima tappa del Tour de France nel 2012 sugli Champs-Élysées. All’epoca ero campione del mondo in carica ed ero guidato da Bradley Wiggins, uno dei miei amici più cari, che stava per arrivare a Parigi in maglia gialla. A livello personale è stato tutto molto speciale, ma lo è stato anche per il ciclismo della Gran Bretagna”. Per di più, proprio quel giorno Bradley Wiggins vinse il primo Tour de France per la Gran Bretagna, in un filone che sarebbe stato poi proseguito da Chris Froome e Geraint Thomas tra il 2013 e il 2018, con l’eccezione di Nibali nel 2014.
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