Ineos Grenadiers, Geraint Thomas sulle nuove generazioni: “C’è meno rispetto reciproco, i giovani sono spietati”

Geraint Thomas si concentra sul cambiamento, col passare degli anni, dei rapporti tra corridori nel gruppo. Dopo essere stato nel plotone per ben 18 stagioni, il corridore della Ineos Grenadiers ha notato che il ciclismo è cambiato molto nel corso degli anni, con tanti giovani che si affacciano al professionismo già ottenendo importanti successi e non hanno grande rispetto verso i ciclisti anagraficamente più grandi. Dopo aver conquistato il Tour de France nel 2018 ed essere arrivato 2° all’ultima edizione del Giro d’Italia cerca comunque di battagliare con i giovani fenomeni in questi ultimi anni di carriera andando a caccia di nuovi successi.

“È completamente diverso – ha esordito il classe ’86 al Podcast Just Ride – Adesso è un po’ come se si corresse tra junior e under 23. C’è meno rispetto reciproco. Ognuno va dove vuole, facendosi a pezzi a vicenda, mentre prima avresti combattuto per la posizione, ma sarebbe stato un po’ più tranquillo, ora è semplicemente una follia […] Quel rispetto e quella gerarchia nel gruppo, in un certo senso era una buona cosa, ma ora ognuno pensa per sé, sono spietati. A quel punto devi fare come loro”.

Il grenadino riflette sull’intensità delle corse e sulla conseguente scarsità delle relazioni che si vengono a creare in gruppo tra corridori: “Una volta era più tranquillo, ma oggigiorno si va a tutta praticamente dal chilometro zero, dall’inizio alla fine. Sono quattro o cinque ore di concentrazione. Prima eri in grado di chiacchierare con i tuoi amici o fare altro, ma ora sei a tutta per quattro o cinque ore, e le chiacchiere sono rimandate. Ormai le cose stanno così”. 

Il gallese ritiene che “soprattutto dopo il Covid” questo processo è stato “accelerato”. Concretamente, ritiene “che l’intero gruppo sia semplicemente più professionale“, contrariamente a quanto succedeva prima, quando “erano solo i migliori 40, 50 corridori” ad avere tutto pianificato, programmato e studiato. “Ma ora 300 ragazzi si allenano correttamente, mangiano correttamente e fanno allenamenti in quota – aggiunge – L’intera squadra si prende cura di tutti i suoi corridori piuttosto che solo dei primi tre o quattro, quindi c’è più profondità”.

Soffermandosi sulla sua esperienza in gruppo accetta questi cambiamenti perché “lo sport è in continua evoluzione” e questo “è positivo”. Quindi, “essendo un ragazzo più esperto devi semplicemente adattarti” perché “se fossi bloccato a pensare ‘questo è quello che ho fatto 10 anni fa’, allora non sarei in grado di essere competitivo“. Fare i conti con questa nuova realtà e adattarsi è quel che rende il gallese ancora capace di salire sul podio di un grande giro contro corridori decisamente più giovani di lui.

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