Deceuninck-QuickStep, Patrick Lefevere sul ciclismo femminile: “Non un centro di assistenza sociale”
Ancora una volta Patrick Lefevere fa discutere per le sue affermazioni. Questa volta è il suo intervento a gamba tesa sul ciclismo femminile a lasciar perplessi, specialmente in un momento in cui molte squadre hanno deciso di impegnarsi per dare maggiori chance alle ragazze creando delle formazioni femminili da affiancare al proprio gruppo sportivo maschile. Una scelta che tuttavia il numero uno della Deceuninck – QuickStep non sembra intenzionato a fare, spiegando di “non essere un centro di assistenza sociale”. Spesso molto duro nelle sue affermazioni, l’esperto dirigente belga non vede in questo momento la possibilità in Belgio di creare una squadra che possa essere sostenibile da un punto di vista economico, considerando la mancanza di valide atlete in Belgio.
“Quando faccio partire una squadra femminile? Se ci sono abbastanza cicliste buone in Belgio – risponde a Het Laastse Nieuws – Non deve essere necessariamente una squadra incentrata sul Belgio, ma purtroppo non vedo atlete che possano esserci. Jolien D’Hoore sta lasciando, Anna Van Der Breggen si ritira e solo Annemiek Van Vleuten continua, ma è alla Movistar. Mi piace Cecilie Uttrup Ludwig, penso sia simpatica e anche brava […] Ho seguito una corsa in Italia vinta dalla Longo Borghini e la prima belga è arrivata 40ª a cinque minuti. Faccio parte della Experza, che sono sponsor della squadra della moglie del nostro direttore sportivo Rik Van Slycke. Se in un gruppo ci 50 atlete che si gioca la corsa alla De Panne non ci sono nostre atlete, con tutto il rispetto, ma non sono mica un centro di assistenza sociale (si tratta degli OCMW, ndr)…”
Lefevere non ritiene dunque che la creazione di una squadra possa invogliare e migliorare il movimento, o comunque non ritiene che questo possa essere un suo compito: “Con cosa dovrei cominciare? Prima bisogna convincere le ragazze a diventare ciclista. Non ho neanche l’esperienza, i soldi, il tempo o la voglia di investire in qualcosa che non so dove andrà a finire”.
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