Trek-Segafredo, Giulio Ciccone vuole rilanciarsi: “Farò Giro e Tour, sarà un anno importante per me”

Giulio Ciccone si prepara ad un grande 2022. Diventato l’uomo di riferimento per la Trek – Segafredo in termini di grandi giri, l’abruzzese sarà al via del Giro d’Italia senza nascondere le sue ambizioni di classifica, con l’intenzione poi di essere successivamente anche al via del Tour de France, nel quale punterà invece maggiormente ai successi parziali. Dopo una stagione in cui sente di aver raggiunto il suo miglior livello di sempre, ma nel quale sono purtroppo mancati i risultati complice la sfortuna, spera di poter concretizzare nell’anno che verrà questa sua progressione costante, interrotta nel 2020 in cui ha contratto il covid.

“Faro sia Giro che Tour – annuncia – Tornerò a fare il programma come nel 2019. Inizierò quindi alla Valenciana, in Spagna, poi l’avvicinamento al Giro sarà classico, come nel 2019, quindi abbiamo inserito nuovamente le Ardenne con Freccia e Liegi e la Tirreno – Adriatico come gara di riferimento in Italia […] Onestamente il Giro, a livello di percorso, è più adatto alme mie caratteristiche avendo poca cronometro e tappe più dure. Anche il livello, non si sa bene i corridori, ma in genere al Tour è più complicato per poter fare classifica. Tutto questo comunque lo decideremo strada facendo in base all’avvicinamento. L’0biettivo primario è tornare a vincere. Strada facendo vedremo se si può pensare alla classifica o sarà meglio pensare alle tappe”

Come stai, ficamente e moralmente?
Diciamo bene. Fisicamente ho ripreso la mia preparazione da un mese e mezzo circa. Quest’anno la pausa un più lunga del solito con la caduta alla Vuelta  e il problema al ginocchio, quindi ho fatto un po’ di riabilitazione dopo uno stop forzato. Adesso comunque sto bene e ho ripreso ad allenarmi. Ovviamente, dopo parecchi giorni senza bici rispetto all’anno passato faccio più fatica, ma la stagione è lunga e non mi preoccupo.

Da corridore abruzzese, come vedi la tappa del Blockaus?
Sicuramente la tappa del Blockaus, sulla carta, è una delle più dure di tutto il Giro. Ovviamente, correndo sulle strade ci casa un occhio di riguardo ci sarà sempre, ma nel complesso è importante affrontare bene il Giro, non focalizzarsi su un singolo giorno. Ma saranno decisioni che saranno prese sul momento, in base alla situazione. Se dovessimo correre per le tappe si potrà rischiare di più quel giorno, ma se saremo in lotta per la classifica potrei doverla sacrificare. Vedremo strada facendo.

Per il 2022 che stagione sarà?
Sarà un anno importante. Vengo da due anni difficili. Il 2021 a livello di prestazioni non mi ha deluso. Per me essere tornato dal Giro in maniera competitiva mi rende soddisfatto, per questo il 2021 non è stato un anno da buttare, mi ha insegnato parecchio. Da queste cadute e sfortune riparto per essere più forte. A livello di prestazioni quest’anno, anche i numeri, è stato il mio miglior anno, anche più del 2019. Semplicemente, due anni fa correvo per le tappe e sacrificavo tutto il resto, quest0’anno invece ero a giocarmi un piazzamento nei cinque fino a poche tappe dalla fine del Giro. Sono andato più forte e mi porto la consapevolezza che si può lavorare bene e fare bene nelle corse a tappe.

Come è stato il tuo rapporto con Vincenzo Nibali e cosa pensi di aver imparato da lui?
Sono stati due anni particolari. Per lui sono stati forse i suoi più difficili della carriera e anche io tra covid e cadute… Non è stata coppia che ha funzionato più di tanto per vari motivi, ma con lui resta buon rapporto e mi ha trasmesso grande tranquillità come si vive una corsa a tappe, in corsa e anche fuori.

Per certi versi, con Vincenzo che è nel finale di carriera, si guarda ora a te come possibile vincitore di un grande giro italiano. Senti questa pressione?
La pressione non la sento, la vivo in maniera tranquilla, lavoro e faccio tutto al massimo. C’è da dire una cosa importante, ovvero che stiamo attraversando un periodo in cui il ciclismo è fatto di corridori di altissimo livello e ci sono fenomeni come Bernal, Pogacar e Roglic, che hanno qualcosa in più. Va detto e riconosciuto. Bisogna essere realisti e sapere dove si può arrivare, senza sparare alto. Ero vicino alla Top5 al Giro senza essere partito da leader, senza preparazione a cronometro. magari un podio si può sognare.

Quindi ora lavorerai maggiormente sulla cronometro?
A crono abbiamo iniziato a lavorare l’anno scorso dopo il Giro, che era stato per noi un test. Abbiamo iniziato a investirci. Per esempio, alla Vuelta nel prologo c’era stato un miglioramento, che per me ovviamente significa non perdere troppo. Magari non si nota troppo, ma per me il miglioramento c’è stato e stiamo continuando ad investire su quello. I risultati si vedono.

I corridori che hai nominato in precedenza al Giro non ci saranno, quale potrebbe essere dunque il tuo obiettivo?
Adesso l’obiettivo grande può essere sognare il podio. Ce lo dirà la strada, non voglio lanciarmi troppo in alto. Anche l’anno scorso non sono riuscito a finire dove volevo e testarmi dove volevo. Parto con l’idea di voler vincere almeno una tappa, poi vediamo come andrà

Per quanto riguarda le classiche, pensi di poterci puntare?
Sicuramente Freccia e Liegi sono corse molto adatte alle mie caratteristiche. Soprattutto negli ultimi due anni, sono cresciuto a livello fisco, sono cambiato e sono in età di cambiamenti. Possono essere adatte a me, quindi quest’anno sicuramente mi impegnerò per essere al top nelle Ardenne. Al calendario d’autunno invece non ci si pensa ancora perché è troppo lontano. Ovviamente, dopo il Tour si penserà a dare uno stacco e si penserà al calendario italiano che ci vedrà protagonisti a Lombardia, Emilia e queste grandi corse in cui possiamo fare bene.

Oltre nei numeri, da cosa senti di essere cresciuto?
La crescita si vede rapportata anche al modo di correre. La mia crescita a livello di numero corrisponde all’essere lì e giocarmi le tappe del Giro, come a Campo Felice e in altre occasioni, con gli uomini di classifica, testa a testa. Prima, per vincere dovevo invece andare per forza in fuga. Questa è una grande differenza. Essere lì a giocarmela con Bernal, Evenepoel, ecc, ti dà conferma che l’asticella si è alzata.

Sei un corridore conosciuto per il tuo stile aggressivo, pensi di poterlo conservare o dovrai cambiare?
Bisogna cambiare sicuramente. Sono stato aggressivo l’anno scorso perché ero partito per testarmi e vedere se ero tornato quello del 2019, arrivando da anno difficile con il covid. Il leader non ero io, era Vincenzo, io sono partito per vedere dove fossi. Nella prima settimana ho sprecato tante energie per questo motivo. Col senno di poi, magari sarei stato ancora più forte nelle tappe finali prima della caduta.

Per certi versi puoi essere considerato uno degli ultimi ad avere una crescita regolare, che porta a raggiungere il massimo intorno ai 28-29. Ti riconosci in questa condizione?
Io nelle categorie giovanili andavo ancora al mare ed ero un ragazzo normale, non mi comportavo come un professionista come quelli della nuova generazione. Avendo fatto un cammino più tradizionale, mi colloco più nella vecchia generazione, onestamente. Dal 2016 ad oggi il mio fisico è totalmente cambiato, la crescita è fondamentale nelle prestazioni. Sono molto fiducioso onestamente per i prossimi due-tre anni, che sono quelli in cui penso di poter rendere di più

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