Pagellone 2020, A-L: Alaphilippe, Bennett, Demare, Ewan, Ganna, Hirschi, Landa e tanti altri

La stagione agonistica 2020 è ormai conclusa. È dunque giunto il momento di tirare le somme, valutando risultati ottenuti nel corso di quest’anno così particolare dai corridori in gruppo. Come di consueto, la redazione di SpazioCiclismo proporrà un proprio voto all’anno vissuto dai principali protagonisti di questa annata stravolta dal coronavirus, fattore dal quale non si può prescindere (i voti non andranno dunque sotto una certa soglia) nel tenere conto dei risultati conseguiti rispetto alle aspettative e del lavoro svolto per i compagni di squadra. Il Pagellone 2020 ci permetterà così di tracciare una linea di quanto è accaduto in questi mesi ricchi di emozioni e colpi di scena, dal Tour Down Under alla Vuelta a España.

LETTERA A

Jon Aberasturi (Caja Rural-RGA), 5,5: Anche quest’anno il basco riesce a lasciare il segno in almeno un’occasione, nella prima tappa del Giro d’Ungheria. Nonostante i giorni di corsa in meno causa pandemia, il 31enne è comunque protagonista di diversi piazzamenti distribuiti in tutta la stagione, comprese due top ten alla Vuelta a España, che ne fanno il corridore della Caja Rural più presente negli ordini d’arrivo. Purtroppo, rispetto alle annate precedenti, gli manca la costanza o l’acuto di qualità.

Pascal Ackermann (Bora-hansgrohe), 8: Otto successi e molti piazzamenti per lo sprinter tedesco in questa stagione, nella quale spiccano soprattutto le due vittorie alla Vuelta a España (tra cui la tappa conclusiva a Madrid) e le due frazioni alla Tirreno-Adriatico. Se l’anno non inizia al meglio, con due sconfitte in due volate ad opera di Matteo Moschetti, il 26enne si rifà subito bissando il successo del 2019 alla Clasica de Almeria e prendendosi la prima tappa dell’UAE Tour, e anche dopo il lockdown è protagonista al Sibiu Tour. Nella sua ottima annata, solo il mese di agosto è quello maggiormente negativo, con tre seconde piazze tra Giro di Polonia e Campionati Nazionali, anche se riesce a replicare, ad un anno di distanza, il terzo posto agli Europei. Negli sprint è ormai una certezza, che merita sicuramente anche maggiore spazio e considerazione in squadra.

Julian Alaphilippe (Deceuninck-QuickStep), 8,5: Meno vincente rispetto al trionfale 2019, il francese ricorderà questa stagione soprattutto per la vittoria ai Mondiali di Imola, dove ha dimostrato di essere uno dei più forti corridori (se non il più forte) nelle corse di un giorno. Il 28enne, comunque, è riuscito anche quest’anno a vincere una tappa al Tour de France, dove ha indossato la Maglia Gialla per tre giorni, e ha sfiorato il bis alla Milano-Sanremo, venendo battuto solo da un Wout Van Aert in stato di grazia. Non fortunatissima invece, a parte il successo alla Freccia del Brabante, la campagna del Nord, nella quale Alaphilippe si è fatto beffare da Roglic alla Liegi prima del declassamento per volata irregolare, per poi concludere l’anno al Fiandre dove, per colpa di una caduta provocata da una moto, è stato costretto ad abbandonare la corsa mentre era all’attacco con Van der Poel e Van Aert (che si sono poi giocati la vittoria). Ma sicuramente ha dimostrato di poter essere competitivo anche lì.

Joao Almeida (Deceuninck-QuickStep), 8: Prima stagione nel WorldTour di altissimo livello per il portoghese, che nella seconda parte dell’anno è protagonista di numerosi piazzamenti, pur non riuscendo mai ad alzare le braccia al cielo. Dopo il lockdown è subito tra i migliori alla Vuelta a Burgos, disputata in appoggio al compagno Remco Evenepoel, ma conclusa comunque al terzo posto. Settimo al Tour de l’Ain, è soprattutto in Italia che il 22enne si mette in mostra, terminando al secondo posto il Giro dell’Emilia dopo tanti chilometri all’attacco, e al terzo la Settimana Coppi e Bartali. È tuttavia al Giro d’Italia che alza ulteriormente l’asticella e si fa conoscere al mondo: battuto solo da Filippo Ganna nella cronometro di Palermo, dopo la terza frazione riesce a conquistare la Maglia Rosa, mantenendola per ben due settimane e sfiorando il podio finale di Milano. Nelle gare a tappe, nei prossimi anni, ci sarà da fare i conti anche con lui.

Andrey Amador (Ineos Grenadiers),6: Mai appariscente, ma sempre prezioso il lavoro del costaricense in appoggio ai compagni di squadra, in particolare alla Vuelta a España, dove è uno dei pochi della Ineos a riuscire a supportare al meglio il capitano Richard Carapaz. In una stagione in cui i gregari del team britannico si sono visti meno, il costaricense, pur senza eccellere, è stato comunque spesso presente.

Alex Aranburu (Astana), 6,5: La vittoria non arriva, ma la stagione del basco è di qualità e quantità, dimostrando la sua duttilità in più occasioni. Corridore veloce e resistente, risponde più volte presente nell’estate italiana, ma è costretto a saltare il Giro per una positività al coronavirus che inevitabilmente lo costringe a rivedere tutti i suoi piani. Si ripresenterà poi alla Vuelta a España, dopo lo stop forzato, riuscendo nuovamente a raccogliere qualche piazzamento, che tuttavia lascia un po’ di amaro in bocca.

Nikias Arndt (Sunweb), 5: Una delle poche note stonate nel coro della formazione neerlandese. Velocista già capace di successi di peso, tanto nei GT quanto nelle corse di un giorno, quest’anno non riesce mai a trovare la forma giusta, chiudendo con una sesta posizione come miglior piazzamento stagionale.

Fabio Aru (UAE Team Emirates), 5: L’ultima annata del sardo con la maglia della formazione emiratina non riscatta le precedenti delusioni. Problemi fisici e personali lo portano ad un mesto addio. Dopo aver dato inizialmente buoni segnali al rientro dal lockdown, il Cavaliere dei Quattro Mori non riesce a crescere di condizioni, fino al tanto contestato ritiro durante la Grande Boucle, che resterà la sua ultima prova della sfortunata avventura con la formazione di Giuseppe Saronni, con il quale il rapporto si chiude malamente.

Kasper Asgreen (Deceuninck-QuickStep), 7: Corridore che non ha paura di prendere il vento in faccia, che sia per sé o per i compagni, il giovane passista danese conferma di poter essere più di un eccellente gregario, ruolo che comunque continua a svolgere alla perfezione. Elemento duttile, capace anche di discrete prestazioni in salita malgrado la stazza, si esalta soprattutto al Nord, dove già in inverno aveva conquistato una bella vittoria con il successo alla Kuurne – Bruxelles – Kuurne, dimostrandosi tra i migliori di un team di altissimo livello.

LETTERA B

Andrea Bagioli (Deceuninck-QuickStep), 7: Il giovane talentino azzurro non delude nella sua prima stagione da professionista. Discreto già nel breve inverno concesso dal coronavirus, torna in estate e si fa trovare subito pronto, cogliendo la sua prima vittoria da professionista battendo addirittura Primoz Roglic. Un trionfo che non è certo un caso visto che anche nelle settimane successive si fa notare per carattere e qualità, giocandosela con i big a viso aperto, cogliendo anche un secondo successo. Le premesse per una carriera di alto livello ci sono tutte.

Jan Bakelants (Circus-Wanty Gobert), 5,5: Qualche buon piazzamento, ma poco più, non riuscendo mai ad essere con i migliori nelle corse che contano. Una positività al covid lo costringe a fermarsi anzitempo, ma ormai gran parte delle corse erano già state affrontate, confermando che a 34 anni fa fatica a trovare il livello di un tempo.

Davide Ballerini (Deceuninck-QuickStep), 6,5: Non tutto va come avrebbe voluto, con la stagione che lo costringe ad una scelta difficile tagliandolo fuori dalla selezione per molte delle corse da lui più attese. Si fa comunque trovare pronto quando serve, dimostrando grandi qualità, con una punta di velocità che può permettergli di togliersi grandi soddisfazioni vista anche la ottima resistenza. La vittoria al Giro di Polonia, il secondo posto agli Italiani e il sesto agli Europei sono conferma della sua duttilità, nonché della grande dedizione e spirito di sacrificio che sa esprimere.

Romain Bardet (Ag2r La Mondiale), 5,5: La sfortuna ci mette lo zampino, con una caduta durante una Grande Boucle nella quale stava sorprendendo, ma nel complesso la stagione è l’ennesima delusione, in cui paga l’eccessiva centralità del Tour de France. Interessante comunque la sua partecipazione alle classiche di fine stagione, nelle quali mostra una propensione sinora sconosciuta, anche considerando che rientrava da infortunio.

Warren Barguil (Arkéa-Samsic), 6,5: Pronto a sacrificarsi – col senno di poi un errore – alla causa di Nairo Quintana al Tour de France, si mostra costante nell’arco della intera stagione, ma è soprattutto nel finale che emerge, raccogliendo piazzamenti di rilievo nelle corse di un giorno a cui partecipa, sfiorando il podio alla Freccia Vallone per poi chiudere nei dieci anche la Liegi e nei cinque sia Freccia del Brabante che la Parigi – Tours. Una dimensione in cui finalmente dimostra di poter raccogliere risultati interessanti, per lui e per una squadra che a lungo tiene in bilico per il titolo tutt’altro che aneddotico di migliore professional

Samuele Battistella (NTT Pro Cycling), 6: Quando si arriva tra i professionisti dopo la conquista di un titolo iridato nelle categorie giovanili le aspettative sono alte e corrisponderle non è mai semplice. Ancora meno in una stagione così complicata. Per il 22enne di Castelfranco Veneto è infatti difficile trovare spazio e occasioni, chiudendo l’anno con un podio al Tour de Lankgawi, ma anche tanta esperienza in corse importanti, nelle quali prova a che a farsi vedere quando possibile. Non entrerà più nei dieci da quel podio di febbraio, ma ci sono anche alcuni buoni piazzamenti e prestazioni che sono una buona base di partenza.

Phil Bauhaus (Bahrain-McLaren), sv: Parte bene con due incoraggianti successi ad inizio stagione al Saudi Tour, ma il lockdown non lascia scampo. Al ritorno si limita a qualche piazzamento fino a dover interrompere la sua stagione già alla Tirreno – Adriatico per un problema allo scafoide.

Manuel Belletti (Androni-Sidermec), sv: Come giudicare una stagione fatta di 13 giorni di corsa, di cui solo sei nel post lockdown e con tre ritiri? Il rientro alle corse inizia anche discretamente, con un piazzamento alla Milano – Torino, ma poi il 36enne di Gatteo non trova più la forma, finendo per essere escluso dalla selezione per il Giro d’Italia. A quel punto per il romagnolo praticamente non ci sono più corse a cui prendere parte.

George Bennett (Jumbo-Visma), 6,5: Tra i migliori gregari di Primoz Roglic, anche se inizialmente avrebbe dovuto avere più occasioni personali (correndo il Giro da primo violino), il neozelandese si dimostra un grande professionista. Sfrutta molto bene comunque anche le poche occasioni di farsi vedere in prima persona, rendendosi protagonista in Italia con il successo alla Gran Piemonte e con il secondo posto a Il Lombardia, corse nelle quali conferma di meritare maggiore spazio.

Sam Bennett (Deceuninck-QuickStep), 8,5: Non sempre tutto fila alla perfezione, ma le due vittorie al Tour de France e ancor di più la conquista della Maglia Verde valgono decisamente la stagione. L’ulteriore successo alla Vuelta a España conferma la capacità di lasciare praticamente sempre il segno da parte di colui che ormai è uno dei velocisti di riferimento in gruppo, finalizzatore di una squadra costruita attorno a lui.

Tiesj Benoot (Sunweb), 6: L’inizio di stagione è molto incoraggiante, con la vittoria di tappa e il secondo posto finale alla Parigi – Nizza che non possono non aumentare il rammarico per l’interruzione forzata. Al ritorno non brilla particolarmente, complici alcuni problemi fisici che lo costringono al ritiro dal Delfinato e lo condizionano poi in un Tour in cui corre spesso a supporto dei compagni. Nel finale di stagione inizia a ritrovarsi, ma due top-10 a Liegi e Fiandre per uno come lui non sono abbastanza.

Egan Bernal (Ineos Grenadiers), sv: L’avvicinamento al Tour de France non è perfetto, ma tutto sommato fino al Delfinato sembra stare bene e poter fare il salto di qualità. Poi iniziano i problemi alla schiena, dai quali non riesce più a recuperare, fino al tracollo verso il Grand Colombier e l’inevitabile ritiro due giorni dopo. Da allora non si è più visto in corsa, lavorando al pieno recupero.

Alberto Bettiol (EF Pro Cycling), 6,5: Aveva l’arduo compito di ripetere l’exploit della scorsa stagione e se non ci riesce, non si può comunque pensare ad una stagione fallimentare. I piazzamenti ai piedi del podio al termine di prestazioni generose a Strade Bianche e Gand – Wevelgem confermano infatti le sue qualità e il suo status in un gruppo in cui fa ormai parte dei migliori nelle classiche di un giorno. Peccato per il Tour de France in cui non trova la forma e l’occasione giusta. Il successo era intanto già arrivato ad inizio stagione.

Pello Bilbao (Bahrain-McLaren), 7: Campione nazionale a cronometro, è tra i pochi a correre sia Tour che Giro e soprattutto tra i pochissimi a brillare in entrambi. Nel primo corre interamente al servizio del team, lavorando a testa bassa e facendosi trovare pronto nei momenti importanti, poi nel secondo corre per sé stesso, a lungo in lotta per il podio, fino a chiudere con un bel quinto posto finale, suo miglior risultato in carriera in un grande giro.

Edvald Boasson Hagen (NTT Pro Cycling), 5: Sfiora il successo al Tour de France, battuto dal solo Wout Van Aert, ma sarebbe stato un lampo nel buio di una ennesima stagione lontana dai suoi livelli, in cui non si vede praticamente mai, chiudendo solo altre tre volte nei primi dieci, ma anche solamente altre quattro nei primi 30 (miglior risultato nelle classiche il 37° posto alla Bruges – De Panne). Per un corridore con le sue caratteristiche è quasi come essere invisibile.

Cees Bol (Sunweb), 6,5: Ha poche occasioni nel corso dell’anno, ma cerca di non farsele sfuggire. Vincitore nella Volta ao Algarve, nella Parigi-Nizza inizia a gettarsi in quella mischia dal quale esce con due podi al Tour de France, entrambi nella prima settimana. Successivamente continua a provarci, non esitando anche a lavorare per i compagni, pur con esiti meno fortunati. Nelle classiche di fine stagione non brilla, ma fa altra importante esperienza.

Niccolò Bonifazio (Total Direct Energie), 6,5: L’inizio di stagione è brillante, con due successi nelle prime tre corse, ma proprio sul più bello arriva il lockdown. La nuova Milano – Sanremo non è per lui, mentre al Tour paga qualche problema fisico dal quale non riesce a riprendersi. Si rivede con un buon secondo posto allo Scheldeprijs, corsa di grande prestigio per i velocisti, che conferma come sia pronto ad entrare in un’altra dimensione.

Nacer Bouhanni (Arkéa-Samsic), 6: La squadra non lo convoca per un Tour de France con relative poche occasioni per velocisti, decidendo di puntare tutto sui suoi scalatori, ma il velocista transalpino fa comunque il suo nel calendario a sua disposizione. Chiude così la sua stagione con quattro vittorie e alcuni buoni piazzamenti, che mostrano come nelle giuste condizioni psico-fisiche può essere ancora un corridore di peso per la sua squadra.

Gianluca Brambilla (Trek-Segafredo), 6: È tra i più fedeli uomini al fianco di Vincenzo Nibali, correndo sostanzialmente l’intero finale di stagione al servizio del siciliano. La sfortuna lo condiziona proprio nel momento più importante, quello in cui avrebbe potuto rivelarsi fondamentale.

Emanuel Buchmann (Bora-hansgrohe), sv: La stagione parte vincendo, così come buona sembra la condizione al ritorno alle corse. Tuttavia, una brutta caduta lo costringe al ritiro dal Delfinato, facendolo arrivare al Tour in ritardo di condizione e non ancora del tutto guarito. La sua sarà poi una mesta Grande Boucle, sempre lontano dai migliori, senza mai riuscire a lasciare il segno.

LETTERA C

Jonathan Caicedo (EF), 6,5: La conquista dell’Etna è sicuramente l’highlight della stagione dell’ecuadoriano, che per una questione di pochi secondi non si è regalato anche il sogno di vestire la maglia rosa per un giorno. Maglia di leader che aveva invece vestito al Tour Colombia, chiuso in terza posizione, unico risultato di rilievo della prima parte di stagione (dove corre molto poco). Il successo di tappa al Giro, comunque, vale una stagione.

Lilian Calmejane (Total Direct Energie), 5,5: Non una grande stagione per il corridore della Total Direct Energie, che chiude il 2020 a secco di vittorie. Nel pre-lockdown è presente in molte corse del calendario francese, ma non riesce ad andare oltre qualche sporadico piazzamento. Nel post-lockdown va forse ancora peggio, complici alcuni problemi fisici, con il suo nome che poi compare più nelle trattative di Ciclomercato che negli ordini di arrivo. Appurato il suo passaggio all’Ag2r, comunque, prova a regalare le ultime gioie al suo team attuale sulle strade del Tour, ma dopo 8 tappe piuttosto anonime è costretto al ritiro.

Victor Campenaerts (NTT), 6: In una stagione piena di alti e bassi è mancato l’acuto che avrebbe potuto spingere il voto oltre una risicata sufficienza. Dopo un buon sesto posto alla crono della Parigi-Nizza prima del lockdown, il suo post-lockdown si apre con un infortunio al Giro di Repubblica Ceca che lo rallenta un po’. Tuttavia, si trova a disputare ben otto cronometro (la specialità della casa), guadagnandosi un argento nazionale e un bronzo europeo. Piazza d’onore anche nelle crono conclusive della Tirreno-Adriatico e del Giro d’Italia, battuto in entrambe le occasioni da uno strepitoso Filippo Ganna. Male però nelle altre due crono del Giro, dove spreca un’occasione importante anche nella frazione in linea di Asti, chiusa in seconda posizione dopo essersi fatto sfuggire Josef Cerny.

Richard Carapaz (Ineos Grenadiers), 8: Una stagione strepitosa per mettere a tacere i detrattori. A inizio stagione qualcuno si chiedeva addirittura se potesse ritagliarsi un ruolo da protagonista nel nuovo team ma, a conti fatti, è il migliore dei capitani per distacco. Dopo il primo successo stagionale arrivato battendo in volata Diego Ulissi al Giro di Polonia, l’ecuadoriano va al Tour (convocato in extremis) per supportare Egan Bernal, ma dopo il ritiro di quest’ultimo si trova costretto a trainarsi il team sulle spalle, cercando prima l’assalto alla maglia a pois (non riuscito) e diventando poi co-protagonista con Michal Kwiatkowski di uno degli arrivi più iconici del 2020. Alla Vuelta poi fa tremare Roglic fino all’ultimo giorno, indossando anche per qualche giorno la maglia rossa, mancando il successo finale per soli 24”.

Hugh Carthy (EF), 8: Tre settimane da incorniciare per il britannico. Il riferimento è ovviamente alla Vuelta a España, conclusa a sorpresa sul podio, dopo aver conquistato anche la temibile tappa dell’Angliru. L’anno scorso aveva fatto vedere un buon potenziale, ma in pochi (forse nessuno) si aspettavano in così poco tempo un exploit del genere, considerato anche nella restante parte del 2020 non c’erano stati grandissimi risultati, con un Tour corso nell’ombra. In mezzo ai tanti leader del team statunitense, emerge quello più inatteso.

Damiano Caruso (Bahrain-McLaren), 7,5: Il siciliano offre l’ennesima stagione di consistenza della sua carriera. Il premio è una top 10 del Tour de France, che si aggiunge alle top 10 di Giro 2015 e Vuelta 2014, arrivata dopo tre settimane spese a lavorare al servizio del proprio capitano. Sull’onda dell’entusiasmo e dello stato di forma raggiunto alla Grande Boucle è anche il miglior italiano ai mondiali di Imola, conclusi con un altro decimo posto. In una stagione straordinaria c’è stata anche l’opportunità di alzare le braccia al cielo, sette anni dopo l’ultima volta, sul traguardo del Circuito de Getxo.

Mattia Cattaneo (Deceuninck-QuickStep), 7: Buona la prima nel World Tour per il corridore lombardo. Tre chilometri di troppo nella quindicesima frazione della Vuelta gli hanno impedito di coronare la stagione perfetta, tuttavia l’ex Androni può essere più che soddisfatto della sua annata. Costretto a saltare il Giro a causa di un brutto infortunio al Giro dell’Emilia, è sulle strade della Vuelta che l’italiano si rende protagonista, andando spesso in fuga, ottenendo qualche piazzamento e andando vicino al successo soprattutto nella già citata quindicesima frazione. Qualche giorno dopo, a Madrid, sarà l’unico italiano a tagliare il traguardo, con una discreta classifica finale.

Remi Cavagna (Deceuninck-QuickStep), 7: Continuano i progressi del corridore francese. Anche lui, come Cattaneo, viene beffato in una tappa della Vuelta, ma a fine gara salirà comunque sul podio di Madrid per ricevere il premio di supercombattivo. La sua stagione è così un successo dall’inizio alla fine, visto che a febbraio si apre con la vittoria della Faun Ardeche Classic sotto il diluvio. I progressi maggiori, però, li ha mostrati a cronometro, laureandosi campione nazionale e vicecampione europeo della specialità (ai mondiali sarà invece solo settimo), mostrandosi anche come uno dei corridori più aggressivi e costanti in gruppo.

Mark Cavendish (Bahrain-McLaren), 5: La notizia più bella per lui è arrivata a stagione già finita. Qualche giorno fa, infatti, è stato annunciato l’accordo per correre con la Deceuninck-QuickStep per il prossimo anno. La sua carriera quindi non è ancora terminata, come lui stesso aveva temuto mostrandosi in lacrime al termine della Gand-Wevelgem. Guardando ai risultati sportivi del 2020, infatti, c’è poco da gioire: nessun piazzamento, qualche gara corsa al servizio di altri velocisti e qualche fuga nelle Classiche che hanno concluso questa stagione così atipica.

Josef Cerny(CCC), 6,5: Nel giorno delle polemiche, lui trova la gloria. Nella sua stagione c’è qualche buon risultato in corse di secondo piano e il titolo di campione nazionale a cronometro, ma il momento più importante del suo 2020 è ovviamente quello della tappa di Asti. In una tappa accorciata e partita in ritardo dopo una protesta dei corridori, il ceco si inserisce nella fuga giusta, che il gruppo lascia andare tranquillamente, e sceglie il momento perfetto per beffare i suoi compagni di avventura e involarsi in solitaria verso il traguardo. Per il prossimo anno ha già firmato con la Deceuninck-QuickStep, questo potrebbe essere solo l’inizio.

Esteban Chaves (Mitchelton-Scott), 5,5: Un’altra stagione deludente per uno dei corridori più misteriosi e sfortunati dell’ultimo decennio. Nelle continue montagne russe della sua carriera, il 2020 è uno dei punti bassi, nonostante due illusorie prime settimane sia al Tour che alla Vuelta. Soprattutto nel GT spagnolo sembra poter lottare per la classifica, ottenendo anche qualche piazzamento parziale, ma dopo qualche episodio sfortunato crolla anche di gambe e sprofonda sempre più dietro, fino a chiudere in maniera anonima la corsa e la sua stagione.

Giulio Ciccone (Trek-Segafredo), sv: Il successo al Trofeo Laigueglia a febbraio aveva fatto immaginare tutt’altra stagione. Una sensazione che sembra confermarsi anche nel post-lockdown con alcuni piazzamenti nelle corse italiane, prima che arrivi il coronavirus a costringerlo a fermarsi proprio quando la stagione entra nel vivo. Al Giro ci mette il solito cuore che lo caratterizza per aiutare Vincenzo Nibali, ma la forma ormai è compromessa, tanto che arriva anche una bronchite a costringerlo al ritiro e a chiudere una stagione purtroppo ingiudicabile per i tanti problemi fisici che ha avuto.

Davide Cimolai  (Israel Start-Up Nation), 6: Nessun successo e nessun podio parziale nella stagione del corridore italiano. Il velocista friulano è stato comunque protagonista di tante volate nel corso della stagione, collezionando top 10 alla Volta a la Comunitat Valenciana, alla Vuelta a Burgos, alla Tirreno-Adriatico e al Giro d’Italia, dove si spegne proprio dopo il ritiro del compagno Rudy Barbier, che lo spingeva forse a migliorarsi sempre di più per guadagnarsi il ruolo di capitano in volata.

Simon Clarke (EF), 6: Non manca la zampata del veterano. Alla Royal Bernard Drome Classic il corridore australiano alza le braccia al cielo e si guadagna già la sufficienza. Due fughe al Giro d’Italia potrebbero migliorare il suo voto, ma in entrambi i casi si trova fuori dalla lotta per la vittoria prima di arrivare alle fasi decisive. Mette comunque la propria esperienza e grinta al servizio del team ogni volta che può.

Sonny Colbrelli (Bahrain-McLaren), 7: A sorpresa, si riscopre gregario sulle strade del Tour de France. Il velocista bresciano è costretto a mettere totalmente da parte le ambizioni personali sulle strade della Grande Boucle (nonostante qualche tappa adatta alle sue caratteristiche ci sia) e svolge un lavoro enorme al servizio di Mikel Landa.  Lui stesso ha ammesso che gli sarebbe piaciuto godere di maggiore libertà, che forse avrebbe meritato visti i risultati ottenuti nel resto della stagione. Un successo al Route d’Occitanie e una top 10 alla Kuurne-Bruxelles-Kuurne sono i risultati più importanti della prima parte di stagione, mentre alla ripresa arrivano un bronzo ai campionati italiani e piazzamenti in una tappa del BinckBank Tour e alla Freccia del Brabante.

Nicola Conci (Trek-Segafredo), 6,5: Forse la miglior stagione della carriera del classe ’97, che in ogni caso sembra essere in progressione. Sesto posto alla Coppa Sabatini e quinto posto nella generale della Settimana Coppi e Bartali sono i migliori risultati in una stagione dove si fa notare soprattutto per il lavoro al servizio di Vincenzo Nibali sulle strade  del Giro d’Italia, lavoro che potrebbe rappresentare step importante per la sua crescita.

Simone Consonni (Cofidis), 6,5: Prova a sfruttare le occasioni che gli capitano. Il classe ’94 comincia la stagione come gregario di Elia Viviani, ma già dal Tour Down Under (con un secondo posto di tappa) è in realtà spesso costretto a fare le veci del veronese. Al podio di tappa sul traguardo di Lione al Tour è il miglior momento della sua stagione, nella quale dimostra di meritare più spazi.

Valerio Conti (UAE Team Emirates), 6,5: Nelle corse a tappe il corridore laziale non riesce a brillare come al solito, complici difficoltà fisiche che ne compromettono il rendimento, ma la sua stagione è salvata dal bel successo del Trofeo Matteotti con un attacco ai meno cinque.

Bryan Coquard (B&B Hotels Vital Concept), 6: Riesce spesso a rendersi protagonista. Il velocista francese alza le braccia al cielo una sola volta, alla Route d’Occitanie, ma lotta spesso per la vittoria. La sua grinta, però, non gli basta per andare oltre il secondo posto ai campionati nazionali e sette piazzamenti in top 10 al Tour dove, però, non sembra praticamente mai in grado di competere per la vittoria

Magnus Cort Nielsen (EF), 6,5: I suoi compagni hanno gioito quasi più di lui per la vittoria di tappa alla Vuelta. Un’esultanza che è ovviamente indice del lavoro del danese al servizio della squadra. Non mancano comunque le soddisfazioni personali, a partire dal successo alla Etoile de Bessèges di febbraio. Dopo lo stop per il coronavirus contratto durante la Tirreno-Adriatico fa in tempo a tornare per la Vuelta, dove vince una tappa battendo Roglic in volata e dà il suo contributo nel podio di Hugh Carthy.

Benoit Cosnefroy (Ag2r), 7,5: Un’altra stagione straordinaria per il talentino francese. Tre successi stagionali in corse di secondo piano, ma soprattutto tanti piazzamenti importanti nelle corse di un giorno fanno del transalpino uno dei prospetti più interessanti per le Classiche del futuro. Interessanti in questo senso il secondo posto alla Freccia Vallone alle spalle solo di Marc Hirschi e il terzo alla Freccia del Brabante, quando arriva a giocarsi il successo in volata con van der Poel e Alaphilippe. Bravissimo poi a rendersi protagonista anche sulle strade del Tour de France, indossando a lungo la maglia a pois, accumulando punti sui vari GPM, nonostante non sia uno scalatore puro.

Rui Costa (UAE Team Emirates), 5,5: Ennesima stagione deludente per l’ex campione del mondo. La vittoria del titolo di campione nazionale non può bastare a riscattare una stagione in cui non è praticamente mai protagonista, nonostante l’ottimo inizio con la vittoria di tappa al Saudi Tour. In tutta la stagione lo si vede soltanto con un paio di piazzamenti alla Volta ao Algarve e in un paio di tentativi di fuga alla Vuelta, conclusi con un nulla di fatto. Davvero troppo poco.

LETTERA D

Tim Declercq (Deceuninck-QuickStep), 8: L’emblema del gregario. Corridore capace di sacrificarsi per i propri capitani mettendosi in testa al gruppo sin dai primi chilometri di corsa, il belga anche quest’anno è pronto al prezioso lavoro per i leader, sobbarcandosi il lavoro sporco. Malgrado questo, è anche capace di ottimi risultati come il secondo posto alla Bruges – De Panne e il quinto alla Omloop Het Nieuwsblad. Ma quando viene chiamato a lavorare, non si tira indietro e mette tutte le sue ambizioni in secondo piano.

Thomas De Gendt (Lotto Soudal), 5,5: Non il solito Thomas De Gendt. Il belga partecipa a due GT, ma sono rare le occasioni in cui riesce a inserirsi nelle fughe di cui è specialista. Al Tour ci prova quasi ogni giorno, ma non riesce mai ad andare in fuga, dimostrando di non avere la condizione giusta. Le cose non vanno molto meglio al Giro, dove però almeno qualche fuga riesce a centrarla, senza comunque mai avvicinarsi al successo. A dimostrazione che quando una stagione è storta, è storta, poi c’è anche la disavventura con le piattaforme virtuali durante il lockdown, quando viene espulso da Zwift perché andava troppo forte.

David de la Cruz (UAE Team Emirates), 6,5: Ricambia la fiducia del team. L’inizio di stagione non è dei migliori, ma già dopo il lockdown mostra un’inversione di tendenza con una top 10 alla Vuelta a Burgos, a cui fa seguito un secondo posto in una tappa del Giro di Delfinato. Al Tour una caduta sembra metterlo subito fuori gioco, ma lui stringe i denti e nell’ultima settimana diventa sostanzialmente l’unico in grado di aiutare il capitano Tadej Pogacar. Alla Vuelta, poi, fa di tutto per dimostrare di meritare la chance da capitano che aveva voluto fortemente e che riesce a onorare con un ottimo settimo posto finale.

Alessandro De Marchi (CCC), 6,5: Prima dell’interruzione fa in tempo a tornare a correre per la prima volta dopo la terribile caduta del Tour 2019. Nell’immediato post-lockdown arrivano anche i risultati migliori, con due top 10 ai campionati nazionali, secondo nella prova a cronometro (specialità in cui continua a migliorarsi) alle spalle soltanto del solito fenomenale Filippo Ganna. Buono anche l’undicesimo posto al Lombardia, mentre più sotto tono il Tour de France, con delle difficoltà che sembrano però più strutturali del suo team che individuali. A fine stagione poi arriva l’occasione di correre con una certa libertà la Freccia Vallone, ma ormai aveva già chiesto troppo alle gambe in questo 2020, che comunque per lui segna una rinascita.

Laurens De Plus (Jumbo-Visma), s.v.: Impossibile giudicare la sua annata. Prima dell’inizio della stagione, un po’ per tutti è la quarta punta del suo team, dietro nelle gerarchie soltanto ai tre capitani. Già allo UAE Tour, però, qualcosa non va, con il ritiro dopo una sola tappa perché “non abbastanza in forma”. In estate ci sono poi le voci di una trattativa con la Ineos, mentre il suo team decide di invertire lui e George Bennett nella selezione di Giro e Tour. Tuttavia, il classe ’95 non sarà nemmeno al via della corsa rosa, né di nessun’altra corsa (con l’unica eccezione dei campionati nazionali, dove comunque si ritira) fino al 30 settembre quando disputa la Freccia Vallone cinque giorni dopo l’ufficialità del suo passaggio a Ineos la prossima stagione.

Jens Debusschere (B&B Hotels – Vital Concept), 6,5: Un gesto da fuoriclasse. In termini di risultati sportivi, il belga ha vissuto sicuramente stagioni migliori, ma il momento che regala alla sua stagione un voto più che sufficiente è quello della diciassettesima tappa del Tour de France. Il suo sacrificio per permettere al capitano Bryan Coquard di non finire fuori tempo è un gesto da inserire nei primi capitoli del manuale del buon gregario e che gli vale il plauso di compagni, squadra e tifosi. E pensare che la sua stagione era cominciata prendendosi una bici in faccia alla Kuurne-Bruxelles-Kuurne.

John Degenkolb (Lotto Soudal) sv: Ancora gli infortuni a condizionarlo. Una caduta nella prima tappa lo manda subito fuori tempo massimo al Tour de France. Lui, come sempre, si rialza e al Giro del Lussemburgo vince una tappa, tornando ad alzare le braccia al cielo dopo 18 mesi. A fine stagione ottiene anche dei piazzamenti importanti nelle Classiche del Nord, che aumentano il rimpianto per quello che sarebbe potuto essere senza infortunio.

Arnaud Démare (Groupama-FDJ), 9: Chapeau di fronte ad Arnaud. Il velocista francese è il corridore che ha vinto più gare in stagione, 14, in corse di vari livelli. Il primo successo arriva alla Milano-Torino davanti a quasi tutti i migliori velocisti della stagione, a cui poi seguono un Giro di Vallonia e un Tour de Poitou Charentes dove fa incetta di tappe e vince anche la generale dominando dall’inizio alla fine. Nel mezzo fa in tempo a laurearsi campione nazionale e vicecampione europeo alle spalle di Giacomo Nizzolo. I momenti migliori della sua stagione, però, arrivano al Giro d’Italia dove, supportato anche da un bravissimo Jacopo Guarnieri, vince tutte le volate, andando a conquistare quattro successi di tappa e la maglia ciclamino di leader della classifica a punti. Adesso l’obiettivo è ripetersi al Tour 2021, confrontandosi con tutti i migliori al mondo.

Rohan Dennis (Ineos Grenadiers), 7: Ha più vite dei gatti. In un anno in cui non riesce mai a vincere una crono, specialità della casa, riesce a reinventarsi gregario e addirittura a conquistare la Cima Coppi del Giro d’Italia. A onor del vero, anche nelle prove contro il tempo arrivano ottimi risultati, solo che quest’anno trova sulla strada dei fenomeni come Remco Evenepoel e Filippo Ganna a costringerlo ad accontentarsi della piazza d’onore, mentre avrà sicuramente qualche rimpianto in più per la crono dei campionati nazionali, dove viene battuto da Luke Durbridge. In ogni caso, le sue prestazioni migliori arrivano nella terza settimana del Giro d’Italia, quando diventa un supporto fondamentale per Tao Geoghegan Hart, mettendosi a fare il ritmo per il capitano in salita e aiutandolo a conquistare un inaspettato (alla vigilia) Giro d’Italia.

Dries Devenyns (Deceuninck-QuickStep), 6,5: Uno scintillante avvio di stagione in Australia con la vittoria della Cadel Evans Great Ocean Race aveva fatto pensare a tutt’altra stagione. Invece la stagione del belga non regala molte altre emozioni, lavorando comunque anche molto per i suoi compagni. Ad esempio, lo si vede fare il ritmo in testa al gruppo al Lombardia poco prima della caduta di Evenepoel. Anche al Tour non lo si vede quasi mai, a causa dei consueti compiti di uomo squadra, che ricopre anche nel finale di stagione, quando arriva anche una decimo posto alla Freccia Vallone vinta dal compagno Alaphilippe.

Alex Dowsett (Israel Start-Up Nation), 7: Quanto cambia una vittoria. Fino al 10 ottobre Alex Dowsett vive una stagione deludente ed è senza contratto per l’anno successivo, ma quel giorno, lavorando in coppia con il compagno Matthias Brandle, trova il momento giusto per involarsi verso il traguardo di Vieste in un arrivo le cui immagini saranno riproposte anche nei prossimi anni a causa di un cane che ferito ad una zampa, poverino, arriva zoppicante sul percorso ma viene allontanato senza procurare danni a sé stesso e ai corridori. Per Dowsett arriverà poi anche il contratto per il prossimo anno e per quello successivo. Vorrebbe provare anche un assalto al Record dell’Ora, ma il Covid-19 glielo impedisce.

Tom Dumoulin (Jumbo-Visma), 6,5: La farfalla di Maastricht perlomeno torna a spiegare le ali. La stagione del neerlandese comincia ad agosto quando, dopo tanti mesi di proclami, si ritrova quasi subito a fare da gregario a Roglic, facendolo anche piuttosto bene. Anche al Tour viene sacrificato, in maniera forse anche prematura dal team, sull’altare dello sloveno, ma conquista comunque la top 10 e non riesce ad ottenere il successo di tappa alla Planche des Belle Filles soltanto a causa della giornata di grazia di Pogacar. Il resto della stagione è piuttosto deludente, soprattutto per quanto visto alla Vuelta. Ma pensando a un anno fa va già bene così.

Luke Durbridge (Mitchelton-Scott), sv: Si laurea campione nazionale a cronometro e poi scompare. Le corse disputate sono davvero poche, con il team che lo esclude da tutti i GT, e in più di un’occasione non vengono nemmeno portate a termine.

LETTERA E

Imanol Erviti (Movistar), sv: Da qualche anno, ormai, non arrivano risultati, ma l’esperienza che il 37enne mette a disposizione dei compagni di squadra, oltre al gran lavoro in loro supporto, è sempre molto preziosa. Per questo è un’istituzione per la formazione spagnola, team nel quale ha trascorso tutta la carriera e dove correrà anche la prossima stagione.

Remco Evenepoel (Deceuninck-QuickStep), 7,5: Chissà cosa avrebbe potuto fare al Giro d’Italia il fenomeno belga (e quale sarebbe potuto essere il voto finale della sua stagione) senza quella caduta al Lombardia. In soli 23 giorni di gara tra pre e post lockdown, il classe 2000 conquista la bellezza di nove successi, vincendo (anzi, dominando) tutte le corse alle quali prende parte. Vuelta a San Juan, Volta ao Algarve, Vuelta a Burgos e Giro di Polonia sono le perle del suo 2020, anno nel quale l’unico rimpianto è appunto quello di non aver potuto disputare il primo GT della sua giovane carriera. Appuntamento, quindi, al 2021 per continuare a stupire e a dare spettacolo.

Caleb Ewan (Lotto Soudal), 8: Sette i successi in questa annata del velocista australiano, vittorioso sin dalla corsa di casa, il Tour Down Under di inizio stagione. Tra tutte, spiccano ovviamente le due tappe conquistate al Tour de France, dove riesce a mettere in mostra tutta la sua esplosività e la sua capacità di trovare spazi anche quando sembrano non esserci (emblematico, in tal senso, lo sprint funambolico nella terza frazione della Grande Boucle). Chiude l’anno vincendo lo Scheldeprijs, il “Mondiale dei velocisti”, un successo che non fa altro che confermare come il 26enne sia ormai diventato uno degli sprinter di riferimento del gruppo.

LETTERA F

Matteo Fabbro (Bora-hansgrohe), 7: Una vittoria sfiorata alla Tirreno-Adriatico, quando nella penultima frazione viene ripreso proprio nelle ultime centinaia di metri da uno scatenato Van der Poel, e tanto lavoro in supporto dei capitani al Giro d’Italia. Convocato anche come riserva ai Mondiali di Imola, si può considerare più che positivo il 2020 del corridore friulano, che nella Corsa Rosa va anche in fuga nella tappa che partiva dalla sua città natale, non riuscendo però a giocarsi il successo nel finale. Una prima stagione nella formazione tedesca che certifica la crescita del 25enne, che nel 2021 potrà andare a caccia del primo sigillo in carriera.

Alessandro Fedeli (Nippo Delko One Provence), 6,5: Se nella prima parte dell’anno non arrivano risultati di rilievo, anche a causa di qualche problema fisico, è dopo il lockdown che il 24enne si mette in mostra. Ad agosto, infatti, il corridore veneto conquista la penultima tappa del Tour de Limousin battendo l’ex campione del Mondo Rui Costa, per poi terminare nella top ten anche Memorial Pantani e, soprattutto, una corsa lunga e difficile come la Bretagne Classic, chiusa al quinto posto dopo essere stato promotore dell’attacco decisivo nel finale. Una periodo di ottima forma che gli permette di sfiorare la maglia azzurra, mancata a causa di un altro problema fisico che ne condiziona anche il finale di stagione. Stagione che, comunque, si può certamente definire positiva.

Fabio Felline (Astana), 6,5: Dopo un buon Tour Down Under ad inizio stagione, il 30enne piemontese torna ad alzare le braccia al cielo a tre anni di distanza dall’ultima volta e lo fa al Memorial Pantani, dove vince la volata di un gruppo composto da una trentina di unità. Prova a ripetersi al Giro d’Italia, nella tappa di Matera, chiusa al terzo posto alle spalle di due big quali Demare e Matthews, ma è soprattutto il tanto lavoro fatto in appoggio al capitano Fuglsang, anche su terreni non propriamente adatti alle sue caratteristiche, a fargli meritare la sufficienza piena.

Mauro Finetto (Nippo Delko One Provence), 6,5: Pur mancando un risultato di rilievo, il 35enne veneto è presente frequentemente negli ordini d’arrivo; sono sette le top ten in questa stagione per lui, ottenute tutte nella seconda parte dell’anno, tra le quali spiccano i piazzamenti in tre tappe del Giro del Portogallo. Spesso all’attacco, non esita comunque a mettersi al servizio dei compagni di squadra quando necessario.

Miguel Florez (Androni-Sidermec), sv: Prima parte del 2020 molto meglio rispetto alla seconda per lo scalatore colombiano. Tra gennaio e febbraio, infatti, chiude quinto in classifica generale sia al Tour Colombia che alla Vuelta a San Juan, dove vince anche la quinta tappa. Dopo la sosta forzata, invece, il 24enne corre solo per un mese, senza risultati, fino a inizio settembre, non venendo inspiegabilmente più convocato dalla sua formazione per le restanti gare dell’anno. Forse il mancato rinnovo del contratto in scadenza dietro a questa scelta? O le trattative con la Arkea-Samsic? Non lo sappiamo, ma resta il fatto che, per ora, il colombiano è ancora senza squadra per il 2021.

Davide Formolo (UAE Team Emirates), 7: Viste le prestazioni del mese di agosto, è quasi un delitto che la stagione del 28enne si sia chiusa con una sola vittoria. Grande protagonista alle Strade Bianche, dove si deve arrendere solamente ad uno scatenato Van Aert, dopo una Sanremo chiusa tra i primi compie un capolavoro nella terza tappa del Delfinato, quando conquista il successo al termine di 65 chilometri di fuga solitaria, resistendo al ritorno del gruppo. La sfortuna lo colpisce al Tour (dove si presentava per supportare Pogacar) con una caduta nella decima tappa, che lo costringe al ritiro e a saltare Mondiali e Classiche. Un peccato, dato che avrebbe potuto essere protagonista sia a Imola che sulle Ardenne, ma anche in questo 2020 il veronese si conferma corridore in crescita.

Omar Fraile (Astana), 6,5: Manca giusto il successo nel 2020 del 30enne, risultato che sfiora sia ad inizio anno, alla Vuelta a Murcia, sia a fine stagione, nella settima tappa della Vuelta a España. Per il resto, sempre prezioso il lavoro in favore dei propri capitani, in particolare nella tappa 17 del Tour de France, vinta dal compagno di squadra Miguel Angel Lopez anche grazie al supporto del corridore basco.

Chris Froome (Ineos Grenadiers), 5,5: Il grave infortunio di un anno fa, dal quale evidentemente non si è ancora del tutto ripreso, unito alle difficoltà di una stagione complicata a causa della pandemia, sono certamente i due elementi più importanti per valutare l’annata del keniano bianco, che nelle varie corse alle quali partecipa in questo 2020 non entra praticamente mai nei primi 50 degli ordini d’arrivo. Nonostante tutto, però, pur con l’esclusione dal Tour de France e la firma per un altro team in vista del 2021, il 35enne onora la formazione che l’ha reso grande mettendosi totalmente al servizio del compagno di squadra Carapaz alla Vuelta a España come fosse l’ultimo dei gregari, dimostrando grazie a questo gesto che un campione non è tale solo quando vince.

Jakob Fuglsang (Astana), 7: Il danese, proprio come il vino buono, invecchiando migliora. Prima del lockdown corre solo alla Vuelta a Andalucia, dove vince due tappe e la classifica generale, mentre dopo la sosta è buon quinto alle Strade Bianche e secondo in Polonia, prima di aggiungere al palmarès la seconda Monumento della carriera conquistando un inedito Lombardia ferragostano. Dopo una Tirreno-Adriatico poco brillante, torna a mettersi in evidenza ai Mondiali di Imola, chiusi al quinto posto, prima di presentarsi al via del Giro d’Italia con ambizioni di classifica. La Corsa Rosa non parte bene, con il 35enne che perde subito due dei compagni di squadra che meglio avrebbero potuto supportarlo in salita, e prosegue senza particolari sussulti da parte sua. Alla fine chiuderà sesto, comunque miglior piazzamento della carriera in un GT, risultato che certifica un’altra ottima stagione per lui.

LETTERA G

Tony Gallopin (Ag2r), 5,5: Stagione travagliata per il corridore francese. La sua stagione inizia molto male con una frattura allo scafoide alla Volta a la Comunitat Valenciana, che diventa un’ulteriore problema che si aggiunge alla fresca ferita della separazione con la moglie, che soprattuto in patria lo mette spesso al centro dell’attenzione mediatica in maniera indesiderata. Il transalpino riesce a rimettere insieme i pezzi e torna a correre nell’immediato post-lockdown, ma i risultati non arrivano, visto che non riesce a centrare nemmeno una top 10 in 26 giorni di corsa. Al Giro d’Italia, poi, la sua stagione si conferma anche sfortunata e si conclude com’era cominciata: con una frattura al polso che lo costringe ad abbandonare la corsa rosa dopo otto tappe anonime.

Filippo Ganna (Ineos Grenadiers), 9: Mentre gli altri immaginano il suo futuro, lui domina il presente. Dopo aver perso a gennaio la crono della Vuelta San Juan, battuto solo da Evenepoel, vince tutte le prove contro il tempo a cui prende parte laureandosi campione del mondo e conquistando la prima maglia rosa del Giro d’Italia. Gli altri successi a crono arrivano poi ai campionati nazionali, alla Tirreno-Adriatico e altre due volte al Giro, compresa l’ultima frazione che gli permette di salire sul podio finale di Milano. Al Giro, poi, vince anche il Trofeo Bonacossa per la vittoria più bella delle tre settimana, ottenuta a Camigliatello Silano dove è arrivato da sola dopo essere entrato in fuga e aver attaccato in salita, facendo nascere nuovi sogni per il futuro nei tifosi italiani. Cosa gli riserverà il futuro? I GT, le Monumento (la Roubaix potrebbe essere quella più adatta a lui)…? Ce lo dirà soltanto il tempo, intanto ci godiamo il campione del mondo.

Ivan Garcia Cortina (Bahrain-McLaren), 6,5: La sua stagione è ottima soprattutto nel pre-lockdown. Alla Parigi-Nizza infatti ottiene il secondo successo della sua carriera vincendo la terza tappa davanti a Peter Sagan. Durante l’estate si accorda con la Movistar per il prossimo anno, ma questo non sembra influenzare le sue prestazione al ritorno dopo il lockdown quando arrivano un quarto posto ai campionati nazionali e un ottavo a quelli europei in un finale comunque più adatto ai velocisti puri. Al Tour de Poitou-Charentes ottiene altri due secondi posti di tappa, ma poi non riesce più a brillare, con risultati non eccellenti né alla Tirreno-Adriatico, né al BinckBank Tour. Escluso dai GT la sua occasione potrebbe arrivare con le Classiche, ma una caduta allo Scheldeprijs gli causa la frattura dello scafoide, costringendolo a chiudere la sua stagione.

David Gaudu (Groupama-FDJ), 7,5: Il giovane gregario continua il suo percorso verso la leadership. Il talentino francese continua nel processo di crescita che era già iniziato lo scorso anno e lo fa sin dalla prima parte di stagione, quando allo UAE Tour si trova in quarta posizione al momento dell’interruzione per la pandemia. Nella seconda parte di stagione una caduta che coinvolge tutto il team a Nizza, durante la prima tappa del Tour, gli procura particolari fastidi che non gli permettono di essere protagonista alla Grande Boucle. Lui però si riprende tutto con gli interessi alla Vuelta, vincendo due tappe: la prima dopo un serrato testa a testa con Marc Soler verso l’Alto de Farrapona e la seconda dominando l’ultima tappa di montagna con arrivo su l’Alto de Covatilla, che gli permette di entrare anche nella top 10 finale. Classe ’96, la sensazione è che vedremo il suo nome nelle top 10 dei GT ancora a lungo.

Enrico Gasparotto (NTT), 6,5: Si chiude un’ottima carriera. Il corridore italiano, che dal 2019 ha anche la cittadinanza svizzera, termina la sua carriera partecipando al mondiale con la nazionale elvetica, riscattando le tante mancate convocazioni in maglia azzurra, dando il suo contributo nel bronzo conquistato da Marc Hirschi. Complice anche la particolarità di questa stagione (come lui stesso ha ammesso qualche settimana fa ai microfoni di SpazioTalk) non sono arrivati risultati particolarmente importanti, ma può comunque essere soddisfatto di aver concluso la carriera a Madrid dopo aver completato la Vuelta a España.

Fernando Gaviria (UAE Team Emirates), sv: Difficile valutare la stagione di un corridore colpito due volte dal coronavirus. Il primo contagio avviene allo UAE Tour, quando tutto il mondo non sa ancora come reagire alla pandemia, dopo che aveva ottenuto già due successi di tappa alla Vuelta San Juan. Il colombiano è costretto a osservare una lunghissima quarantena negli Emirati Arabi e deve poi lavorare molto per riprendersi fisicamente. Alla ripresa delle corse qualche segno delle difficoltà passate c’è ancora, ma arrivano comunque successi di tappa alla Vuelta a Burgos e al Tour du Limousin (nel giorno del suo compleanno) e la vittoria del Giro di Toscana. Quando il livello si alza, però, non riesce a fare la differenza: alla Tirreno-Adriatico invece viene sempre battuto (anche abbastanza agevolmente) da Ackermann, mentre al Giro d’Italia diventa un fantasma, ottenendo soltanto due top 10 in 15 tappe, senza mai lottare in lotta per la vittoria, davvero troppo poco per uno come lui. Prima della sedicesima tappa arriva la notizia della seconda positività che conclude la sua stagione e forse, almeno in parte, spiega anche le brutte prestazioni dei giorni precedenti.

Amanuel Gebreighzabier (NTT), 6: Ci prova spesso. Il corridore eritreo continua nel suo processo di crescita, che va di pari passo con quella dell’intero movimento africano, e per il prossimo anno ha già ottenuto un contratto con la Trek-Segafredo. Quest’anno il risultato migliore è il nono posto sul traguardo di Madonna di Campiglio al Giro d’Italia, quando si inserisce in fuga (una delle tante volte) per supportare il compagno Ben O’Connor, che conquisterà la tappa.

Tao Geoghegan Hart (Ineos Grenadiers), 9: La sua è una delle imprese dell’anno. Partito per fare da gregario a Geraint Thomas sulle strade del Giro, ma dopo il ritiro del gallese si trova capitano con più di tre minuti da recuperare per arrivare alla maglia rosa. Un’impresa che a molti sembrerebbe impossibile, ma lui, nel silenzio generale rosicchia secondi fino a mostrare le sue intenzione sul traguardo di Piancavallo quando sfrutta il lavoro dei Sunweb per poi beffarli nel finale e prendersi il successo di tappa. La rimonta però non si ferma lì, anzi continua, fino al secondo successo di tappa sul Sestrière che gli permettere di prendere il via dell’ultima frazione appaiato in classifica alla maglia rosa Jai Hindley, che batte agevolmente nella crono finale.

Robert Gesink (Jumbo-Visma), 6: Sempre più gregario. Ormai già da qualche si è capito che per l’esperto corridore neerlandese l’unico modo per rimanere in un team World Tour è mettersi a disposizione dei capitani. Il 2020 non fa eccezione, vedendolo spesso in testa al gruppo a fare il ritmo, soprattutto nelle fasi iniziali delle salite. Quello che ormai è il suo lavoro lo fa bene.

Philippe Gilbert s.v. (Lotto Soudal): Come quella del compagno John Degenkolb, anche la sua stagione è segnata dalla caduta della prima tappa del Tour de France. Prima di quel momento erano arrivati un ottavo posto alla Omloop Het Nieuwsblad (prima del lockdown) e un nono alla Milano-Sanremo, unica Monumento ancora assente nel suo palmarès. Ci riproverà il prossimo anno.

André Greipel (Israel Start-Up Nation), 5: Non è andato nel migliore dei modi il ritorno nel World Tour del velocista del tedesco. Lo scorso anno c’era stato un successo alla Tropicale Amissa Bongo che gli aveva permesso di salvare la stagione almeno da un punto di vista statistico, mentre quest’anno il contatore dei successi resta fermo sullo zero. Dopo un inizio di stagione con vari piazzamenti in Australia, un infortunio in allenamento lo costringe ai box per alcuni mesi. Nella seconda parte di stagione partecipa al Tour, ma non è mai protagonista, con l’unico risultato di rilievo che è rappresentato dal sesto posto nella decima tappa del Tour.

Dylan Groenewegen (Jumbo-Visma), 5: Non è lui l’unico responsabile di quanto accaduto al Giro di Polonia, questo sia chiaro, ma la sua manovra è comunque dissennata, irresponsabile e pericolosa. Quella manovra che ha messo in pericolo la vita di Fabio Jakobsen gli è valsa una squalifica di nove mesi. Prima di tutto questo in stagione aveva ottenuto tre vittorie, tutte prima del lockdown, ma di fronte a situazioni del genere i risultati sportivi passano ovviamente in secondo piano.

Felix Grossschartner (Bora-Hansgrohe), 6,5: Dimostra di poter essere un capitano da GT. Il risultato più importante della stagione è sicuramente la top 10 finale alla Vuelta, vinta correndo in difesa l’ultima tappa di montagna. Nelle tre settimane arriva qualche occasione anche per vincere qualche tappa, ma non riesce a sfruttarle al meglio. Nel resto della stagione tante buone prestazioni (ad esempio top 10 finale della Parigi-Nizza) e un altro successo nella frazione inaugurale della Vuelta a Burgos con uno scatto all’interno dell’ultimo chilometro.

Andrea Guardini (Giotti-Victoria), 6,5: Ha vinto la scommessa. Il velocista veronese aveva deciso al termine della scorsa stagione di scendere a livello continental per dimostrare di avere ancora qualcosa da dire in questo sport. I due successi di tappa ottenuti al Giro di Romania (in una corsa molto importante per il suo team) dimostrano che aveva ragione.

Jacopo Guarnieri (Groupama-FDJ), 7,5: Il bastone, l’ombra, l’angelo custode, il supporto più prezioso per Arnaud Démare. Il francese è sicuramente in una forma straordinaria, ma nei suoi quattordici successi stagionali c’è spesso anche lo zampino del corridore piacentino, che ormai lo conosce a memoria e sa come aprirgli la strada verso la gloria nel modo migliore. Encomiabile poi la sua scelta di buon senso di rinunciare a una maglia azzurra per gli Europei dopo essere stato in contatto con una persona che presentava sintomi da Covid-19 e non avrebbe ottenuto in tempo i risultati del test.

Ruben Guerreiro (EF), 7,5: Grandissimo protagonista del Giro d’Italia. Lo scalatore portoghese si prende il suo primo successo in carriera in un GT sul traguardo di Roccaraso battendo nello sprint finale Castroviejo dopo aver staccato tutti gli altri compagni di fuga. Alla fine della corsa riesce anche a salire sul podio di Milano grazie alla conquista della maglia azzurra di miglior scalatore, dopo essersi conteso tanti GPM con Giovanni Visconti, che però è costretto ad abbandonare prematuramente la corsa.

LETTERA H

Karl Frederik Hagen (Lotto Soudal), 5,5: Dopo la sorprendente prestazione alla Vuelta a España 2019, chiuso nei dieci alla sua prima partecipazione in un GT, il norvegese era ora atteso, ma non è riuscito a ripetersi. Dalla sua comunque l’attenuante di una stagione di difficile interpretazione e il merito di aver spesso comunque voluto interpretare la corsa in maniera coraggiosa, come a non volersi arrendere al destino.

Jack Haig (Mitchelton-Scott), sv: La stagione comincia bene, con due secondi posti in altrettante brevi corse a tappe (condite da un successo parziale), poi arriva il lockdown. Al rientro appare in crescita, pronto a lavorare per il suo capitano quando conta, ma al Giro arriva la beffa, con la squadra che lascia la corsa in seguito ad alcune positività e la sua stagione finisce lì.

Ethan Hayter (Ineos Grenadiers), 7: L’estate italiana è il suo terreno di caccia. In appena giorni di corsa, alla sua prima “stagione” da professionista conquista una corsa, chiude tre volte secondo per un totale di sei podi. Difficile chiedere di meglio.

Sergio Henao (UAE Team Emirates), 5,5: Non una stagione irresistibile quella del colombiano, che prova qualche sprazzo in alcune occasioni, ma è lontano parente del promettente corridore che sapeva fare la differenza sia al servizio dei capitani che in prima persona. Pronto al sacrificio per la squadra, quando può si mette comunque al servizio dei compagni.

Ben Hermans (Israel Start-Up Nation), sv: Malamente caduto in Australia, vive il lockdown da infortunato, ma questo non lo aiuta a trovare la forma giusta per il rientro. Pur senza brillare, nelle prime uscite raccoglie qualche piazzamento che potrebbe far ben sperare, ma si deve poi arrendere ad una forma che non vuole arrivare, con il fisico che non risponde presente quando serve.

Jesus Herrada (Cofidis), 5,5: Dopo i bei risultati della passata stagione, chiude questo particolare 2020 a secco, pur con numerosi piazzamenti, come il secondo posto di tappa al Tour de France, nonché un buon lavoro anche per la squadra. Corridore generoso e combattivo, vede poi la sua stagione fermarsi anzitempo a causa di una positività al covid-19 che gli impedisce di partecipare alla corsa più sentita.

Sergio Higuita (EF Pro Cycling), sv: Poteva essere la stagione della consacrazione, ma la sfortuna ci mette lo zampino, costringendolo a tanta sofferenza e ben pochi risultati.

Jai Hindley (Sunweb), 9: Inatteso protagonista al Giro d’Italia, perso solo all’ultimo giorno dopo tre settimane di altissimo livello, gli resterà il rimpianto di non aver potuto fare sempre corsa a sé, ma il suo voto è più alto anche per quello, lo spirito di squadra, sacrificio e abnegazione dimostrato non è cosa da tutti.

Marc Hirschi (Sunweb), 9: In poco più di un mese si trasforma da promessa a corridore capace di primeggiare ai massimi livelli. Splendido cacciatore di tappe al Tour de France, esce dalla Grande Boucle in grandissima forma, potendo così lottare con i migliori al mondo andando a conquistare il bronzo al Mondiale in Linea, la vittoria alla Freccia Vallone e chissà con una volata normale come sarebbe finita la Liegi – Bastogne – Liegi comunque conclusa in seconda posizione…

Alvaro Hodeg (Deceuninck-QuickStep), 5,5: Qualche buon piazzamento come il terzo posto di tappa a Rimini non basta a salvare una stagione senza successi. Dopo un esordio riccod i trionfi nel 2019, da lui ci si aspettava un salto di qualità che invece è mancato, complice anche ovviamente una stagione in cui le difficoltà

Matthew Holmes (Lotto Soudal), 6,5: Al primo anno da professionista, gli bastano sei giorni per conquistare la sua prima vittoria, spodestando Richie Porte nella sua Willunga Hill. Ci riprova poi anche al Giro d’Italia, dove coglie un interessante terzo posto, confermando di saper essere un corridore pericoloso.

Mikkel Honoré (Deceuninck-QuickStep), 7: Corridore completo e generoso, il danese è uno di quelli che stanno crescendo bene nella corazzata belga, svolgendo molto bene i suoi compiti da gregario, ma senza esitare a gettarsi nella mischia nelle poche occasioni che gli vengono concesse. A 23 anni, fa un altro passo avanti e ne può fare ancora altri.

LETTERA I

Daryl Impey (Mitchelton-Scott), 5,5: La sconfitta al Tour Down Under che da due stagioni era il suo terreno di caccia preferito lo porta a non iniziare nel modo migliore una stagione che poi non riesce più a correggere, pur con qualche buon piazzamento. Per un corridore vincente come lui tuttavia no può bastare, nonostante anche il discreto lavoro al fianco del team.

Gorka Izagirre (Astana), 6,5: Malgrado una stagione difficile anche quest’anno riesce a piazzare la zampata per imporsi al Gran Trittico Lombardo, in una estate straordinaria per la formazione kazaka. Successivamente fa più fatica a trovare spazio, lavorando comunque bene per il team e per i propri compagni. Malgrado altri buoni piazzamenti, soprattutto ai campionati nazionali chiusi entrambi sul podio, gli manca poi di trovare una nuova giornata per sé.

Ion Izagirre (Astana), 6,5: Non la sua migliore stagione, ma trova comunque la vittoria di peso alla Vuelta, in cui si conferma un cacciatore di tappe tra i più pericolosi in gruppo quando è in giornata. Anche per lui tanto lavoro per il team, con anche la sfortuna a metterci lo zampino e complicare una annata che definire semplice non è certo possibile.

LETTERA J

Fabio Jakobsen (Deceuninck-QuickStep), sv: Tutto stava andando per il meglio fino a quella prima tappa del Giro di Polonia in cui risulta vincitore ma che non ha mai realmente concluso, venendo scaraventato contro le transenne da Dylan Groenewegen. Una caduta terribile, per la quale viene posto in coma farmacologico visto il gravissimo trauma facciale riportato. Da allora è lontano dalle corse e chissà per quanto dovrà esserlo ancora. Coraggio Fabio, non vediamo l’ora di rivederti in strada!

Amund Jansen (Jumbo-Visma), 7: Segue la enorme crescita corale del team, facendosi trovare pronto soprattutto al Tour de France con prestazioni di alto livello. Passista potente, dimostra di poter essere utile anche su altri terreni, tenendo a lungo la testa del gruppo, a volte anche in momenti in cui non eravamo abituati a vederlo. Un membro fondamentale per i successi del team.

Bob Jungels (Deceuninck-QuickStep), 5,5: Chi troppo vuole nulla stringe. Il lussemburghese è uno di quei corridori che ha dimostrato di potersela giocare praticamente su ogni terreno, ma in questa stagione fa fatica a trovare la quadratura del cerchio. Complice anche la sfortuna non riesce ad emergere in nessuna specialità, dando comunque un contributo alla causa del team quando gli è possibile. Ma il suo ruolo sarebbe un altro.

Christopher Juul-Jensen (Mitchelton-Scott), 5,5: Tanto lavoro sporco, ma senza quella capacità di fare la differenza che invece in passato aveva saputo avere, fosse per il suo team o per sé stesso.

LETTERA K

Lennard Kämna (Bora-Hansgrohe), 7: La stagione dell’affermazione. Il tedesco concretizza il suo talento mettendosi in mostra nelle due corse della stagione più adatte a lui, vincendo in fuga al Giro del Delfinato e al Tour de France. In particolare impressiona alla Grande Boucle, dove va spesso all’attacco prima di centrare il bersaglio grosso, già sfiorato a Pas de Peyrol. A 24 anni è il suo trampolino di lancio: il cambio di formazione gli ha fatto benissimo. E chissà che l’anno prossimo non lo vedremo già lottare per un piazzamento nelle corse a tappe.

Tanel Kangert (EF), 5,5: Non un’annata brillante per l’estone, che spreca l’ottima opportunità di correre il Giro d’Italia senza compagni di squadra da curare. Non riesce a fare classifica né a essere incisivo nelle poche fughe che centra: vederlo soffrire in salita e chiudere in top ten nella cronometro individuale fa pensare che forse si sia sbagliato qualcosa nella preparazione. Peccato, perché prima del lockdown aveva fatto intravedere qualcosa, chiudendo ottavo la Parigi-Nizza.

Wilco Kelderman (Sunweb), 7,5: Una delle tante belle sorprese del Giro d’Italia 2020. Il neerlandese si presenta con l’ambizione di tornare a fare classifica e mostrare il proprio potenziale, riuscendo non solo a salire sul podio, ma anche a lottare per la vittoria finale. Un fatto che in pochi si sarebbero aspettati alla vigilia. Si prende la maglia rosa nel tappone alpino dopo aver ben figurato nelle prime due settimane, poi cede verso Sestriere un primato che forse aveva sperato di poter mantenere. Comunque un bel balzo in avanti in carriera, soprattutto per una ritrovata continuità: chiude in top ten tutte le corse a tappe a cui partecipa, arrivando quarto alla Tirreno Adriatico. L’evoluzione è netta.

Jens Keukeleire (EF), 6: Il quarto posto alla Cadel Evans Road Race di inizio stagione illude sulle sue possibilità nelle corse da un giorno, nelle quali quest’anno non riesce mai a essere incisivo. A differenza dei rivali, però, pesa aver dovuto correre il Tour in appoggio ai capitani, Rigoberto Uran su tutti. Sul pavé non incide, anche qui sacrificato spesso a logiche di squadra. Forse più opaco di altre volte, ma troppo spesso con il ruolo di sacrificato.

James Knox (Deceuninck-Quick-Step), 7: Partito con risultati altalenanti e pochi convincenti, il britannico riesce a dare il meglio di sé nella campagna italiana. Già alla Tirreno-Adriatico conferma il proprio valore in salita, chiudendo in top ten due frazioni e in settima posizione la classifica generale: al Giro si occupa soprattutto di proteggere la maglia rosa Almeida, anche quando per farlo deve andare in avanscoperta. Questo non ci permette di capire le sue reali possibilità nella generale, ma la solidità mostrata nel Grand Tour italiano è un indizio importante.

Patrick Konrad (Bora-Hansgrohe), 6,5: Stagione in crescita per l’austriaco, che si fa trovare pronto alla ripartenza con un buon secondo posto in classifica al Sibiu Cycling Tour ma soprattutto esce fuori nelle corse italiane, chiudendo quarto una tappa della Tirreno-Adriatico e facendosi vedere spesso con i migliori al Giro d’Italia. Secondo a Camigliatello Silano, beffato solo dall’imprendibile Ganna, terzo a Monselice, chiude addirittura meglio del più quotato Majka, suo compagno di squadra e teoricamente capitano. L’ottavo posto finale è il miglior risultato in carriera in un Grand Tour, e tanto basta per promuoverlo ampiamente.

Søren Kragh Andersen (Sunweb), 7,5: Una delle rivelazioni stagionali, senza se e senza ma. Il danese debutta con il podio alla Omloop Het Nieuwsblad e un paio di settimane dopo conquista la cronometro individuale della Parigi-Nizza. Lo stop che potrebbe intaccare la sua splendida condizione non ferma il suo talento, che si mostra in tutto il suo splendore con le due vittorie di tappa da protagonista al Tour de France. Al BinckBank Tour si prende la cronometro e si arrende solo a Van der Poel nella generale, lasciando intuire che nelle classiche è uno dei migliori. Un’affermazione che verificheremo a partire dal 2021, perché una caduta alla Parigi-Tours condiziona il suo rendimento da quel momento in poi.

Roman Kreuziger (NTT), sv: Stagione sottotono per lui, fortemente condizionata dal tipo di calendario e da qualche problema fisico. Al Tour de France non riesce a incidere, sulle Ardenne è costretto a ritirarsi. Ingiudicabile.

Alexander Kristoff (UAE Team Emirates), 7: Poco appariscente ma sempre efficace. Il norvegese si prende la copertina con la zampata nella prima tappa del Tour de France, nel nubifragio di Nizza, che oltre il successo gli vale una maglia gialla non pronosticata da molti alla vigilia. Poi lotta e si piazza anche sugli Champs Elysèes, in cui chiude quarto dopo un Tour in cui ha dovuto fare più gregariato di quanto avrebbe voluto. Anche nelle classiche si vede poco ma con risultati importanti: terzo alla Kuurne-Bruxelles-Kuurne prima della pausa, terzo al Giro delle Fiandre a fine stagione. E nella monumento belga il terzo posto dietro agli imbattibili Van der Poel e Van Aert è da “migliore degli umani”.

Steven Kruijswijk (Jumbo-Visma), sv: Appena 16 giorni di corsa e due corse chiuse anzitempo per lo sfortunato ciclista neerlandese. Dopo il podio lo scorso anno al Tour de France partiva con grandi ambizioni come parte del tridente del team al Tour de France. Dopo non aver corso prima del lockdown, al rientro si fa trovare pronto con una discreta prestazione al Tour de l’Ain, pronto a lavorare per Primoz Roglic, ma un infortunio lo costringe al ritiro dal Delfinato e a saltare il Tour de France. Si presenta allora direttamente al Giro d’Italia, in cui le cose non iniziano nel migliore dei modi, ma il cui esito non potremo mai sapere visto che la positività al covid-19 lo costringe a lasciare la corsa (assieme ai suoi compagni)…

Stefan Küng (Groupama-FDJ), 7: È sempre stato un ottimo cronoman, e il titolo di campione europeo in fondo non è sorprendente, così come il bronzo mondiale: entrambi risultati di spessore per la sua stagione, di gran livello. Ma la crescita maggiore è arrivata nelle classiche sul pavé, in cui è riuscito a piazzarsi spesso e volentieri. Nono alla Omloop, quinto alla Gent-Wevelgem, ottavo alla Bruges-De Panne, conferma di poter essere lui il faro della squadra in questo tipo di corse. E i piazzamenti al BinckBank Tour, chiuso terzo, non sono che un ulteriore bel biglietto della visita: per la prossima stagione di classiche ci sarà anche lui.

Sepp Kuss (Jumbo-Visma), 8,5: Forte, fortissimo in salita. A volte quasi troppo, tanto da far dubitare della leadership di Roglic, che lo sloveno riesce sempre a giustificare con ottimi risultati. Il sigillo a Megève al Giro di Delfinato, in una delle pochissime giornate di libertà assoluta da compiti tattici, certifica la sua capacità nel centrare anche risultati importanti a livello personale. Fido scudiero dello sloveno, lo scorta nelle giornate più difficili, dando l’impressione di averne di più sulle salite più arcigne, come il Col de la Loze al Tour e l’Angliru alla Vuelta. In quest’ultima corsa emergono i suoi limiti nella gestione dello sforzo sulle tre settimane: troppe volte ha ancora giornate di buio. In salita, comunque, resta impressionante. Qualcuno gli dia la chance di correre per sé.

Michal Kwiatkowski (Ineos-Grenadiers), 7: Qualche critica, a fine 2019, era arrivata. Il polacco ha risposto a modo suo, confermandosi gregario prezioso su ogni terreno e uomo affidabile per le classiche, a cominciare dal quarto posto al Gran Trittico Lombardo. Al Tour de France scorta Bernal fino alla giornata più nera, poi inizia a pensare di più a sé e, a furia di tirare per Carapaz nella terzultima tappa, taglia per primo il traguardo scrivendo una delle pagine più belle nella storia del ciclismo. Non pago, sfiora il podio ai mondiali di Imola, alla Freccia Vallone (sesto) e chiude in top ten alla Liegi-Bastogne-Liegi, confermandosi versatile e temibile. Guai darlo per vinto o anche solo in calo.

LETTERA L

Yves Lampaert (Deceuninck-QuickStep), 7,5: Grande stagione nonostante un infortunio nel momento peggiore. Già prima del lockdown il belga ottiene buoni risultati nella specialità della casa, le Classiche, con un secondo posto alla Omloop Het Nieuwsblad. Nell’immediato post-lockdown una caduta alla Milano-Torino lo costringe ai box per qualche settimana, facendogli saltare anche il Tour de France. Lui però non si scompone e pian piano recupera, facendo intravedere buoni segnali già al BinckBank Tour. Arriva così alla stagione delle Classiche in grande forma ottenendo un settimo posto alla Gand-Wevelgem e un quinto al Giro delle Fiandre, che non sappiamo come sarebbe finito se il suo compagno Alaphilippe non fosse caduto. Alla fine chiude la sua stagione con un successo spettacolare in una Brugge-De Panne in cui lui e il suo team sono protagonisti assoluti sin dall’inizio sfruttando il forte vento.

Mikel Landa (Bahrain-McLaren), 6,5: Stagione tutto sommato buona per lo spagnolo, che riesce a piazzarsi alla Vuelta a Burgos e soprattutto a lottare per la classifica generale del Tour de France, finalmente da capitano unico. In molti hanno storto il naso per il suo quarto posto finale, ma alla vigilia non era un risultato affatto scontato. Paga la giornata storta quando fa lavorare la squadra: con il senno di poi, forse salvandosi in quel giorno avrebbe potuto pensare di puntare al podio. Ciò non toglie che ha dimostrato di meritare spazio come leader.

Sebastian Langeveld (EF), sv: Stagione ingiudicabile quella del neerlandese, che non trova mai la condizione migliore dopo lo stop e si mette quindi a lavorare per i propri compagni di squadra. La frattura alla clavicola di febbraio non ha certo aiutato.

Christophe Laporte (Cofidis), 5,5: Rischiava di essere messo in ombra da Viviani, ma con il veneto in difficoltà non ha saputo prenderne in posto negli sprint del team. Riesce a cogliere un quarto posto di tappa al Tour de France, unico sussulto di una stagione altrimenti nel complesso senza nessuno squillo degno di nota. Prova a riscattarsi in Belgio, ma non va mai oltre un settimo posto parziale al BinckBank Tour e un dodicesimo alla Bruges-De Panne. Bocciato, ma non completamente.

Pierre Latour (Ag2r La Mondiale), sv: Riusciremo a vedere una sua annata senza infortuni? L’unica colpa che si può fare allo scalatore francese è di essere troppo sfortunato. Ha scelto di cambiare aria e approdare alla Total Direct Energie: un giretto a Lourdes, prima, non farebbe male.

Miguel Angel Lopez (Astana), 6,5: Quasi mai appariscente nelle prime corse, ma sempre presente. Chiude quinto un Giro del Delfinato senza acuti, poi ricorda al mondo le sue qualità in salita con la bellissima vittoria solitaria sul Col de la Loze, in quella che probabilmente era la tappa regina del Tour de France. La sua condizione forse lo illude e non lo porta ad attaccare ulteriormente in vista della cronometro finale, in cui una giornata nerissima lo fa scivolare in sesta posizione. Per essere un debuttante, comunque, una Grande Boucle niente male. Chissà che Giro d’Italia avremmo visto senza quella caduta nella cronometro d’apertura.

Alexey Lutsenko (Astana), 6,5: Come sempre, si fa vedere quando serve. Parte alla grande all’UAE Tour, piazzandosi in salita per concludere terzo in classifica generale. La sua grande condizione subisce una battuta d’arresto con la pausa coronavirus, e quando ritorna ci mette un po’ a carburare: quando torna al massimo si prende un importantissimo successo di tappa al Tour de France, arrivando da solo a Mont Aigoual. Da lì torna nell’anonimato, ma la sua stagione è già più che sufficiente a quel punto.

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