Pagelle Giro d’Italia 2025: Simon Yates scrive il capitolo più bello, Del Toro ha lampi da campione, Carapaz con (troppo?) orgoglio – Pedersen è devastante, Van Aert di classe – Pidcock e Bennett fra le delusioni

Simon Yates (Visma | Lease a Bike), 10: Parte in sordina, ma fa una corsa sempre molto attenta, posizionandosi sempre davanti nei momenti chiave, con quel pizzico di fortuna che aiuta gli audaci. Inizia benissimo la terza settimana, sfiorando la Maglia Rosa, pur vivendo poi un paio di giornate difficili che sembrano oscurarlo rispetto agli altri due. Ma nel momento decisivo tira fuori una prestazione eccezionale, per forza e intelligenza, che costringe gli avversari ad arrendersi, surclassati anche tatticamente. Una vittoria che sa di redenzione dopo quanto successo sette anni fa, regalandogli un trionfo ormai inatteso dopo averlo così tanto inseguito…

Mads Pedersen (Lidl-Trek), 10: Tre, abbondanti, settimane da campione totale. Nella prima settimana fa letteralmente quello che vuole, vincendo la prima tappa e riprendendosi la Maglia Rosa esattamente nel modo che aveva prospettato il giorno prima. Alla fine, chiude il Giro con quattro vittorie di tappa e con una serie lunghissima di azioni che trasudavano potenza anche attraverso gli schermi televisivi. Non lesina impegno quando c’è da lavorare per i compagni e si dimostra vero uomo squadra, anche giù di sella, in più di un’occasione. Viene spesso accostato ai fenomeni di questo periodo storico: compatibilmente con le sue caratteristiche fisiche, a quel tavolo può starci seduto, eccome.

Isaac Del Toro (UAE Team Emirates XRG), 9,5: Dopo undici giorni in rosa, perde la corsa l’ultimo giorno, in modo forse troppo ingenuo. Il finale è drammatico e lascia l’amaro in bocca, ma è evidente che il secondo posto è un risultato straordinario per il classe 2003, arrivato come gregario, un ruolo che ha saputo togliersi di dosso sfiorando il successo in una delle tappe chiave di questa edizione. Nel corso del suo regno si fa ammirare in salita e si prende anche una bella vittoria di tappa, reazione d’orgoglio dopo l’unica giornata difficile fino alla vigilia dell’ultima tappa. Commette un errore, mal consigliato forse anche dal team, dal quale saprà imparare.

Richard Carapaz (EF Education-EasyPost), 9: Il vero grande animatore di questo Giro d’Italia. Non passa tappa di montagna senza provare a lasciare il segno e a recuperare tempo sulla Maglia Rosa, obiettivo dichiarato sin dalla vigilia. Arriva al weekend finale con l’inerzia dalla sua, forse con qualche energia in meno, trovando prima uno stoico Del Toro e poi un fenomenale Yates che alla fine lo relegano al terzo gradino del podio, al termine di una ultima tappa di montagna molto tattica, nella quale decide con orgoglio di perdere una posizione per non aiutare Del Toro a batterlo.

Derek Gee (Israel-Premier Tech), 8,5: Il suo Giro parte nel peggiore dei modi, con un minuto perso già nella frazione inaugurale di Tirana. Il canadese, però, non si scompone e inizia la sua lenta, ma inesorabile risalita con lo stesso stile che lo caratterizza quando la strada sale. Alla fine arriva fino ai piedi del podio, dovendosi poi arrendere a tre corridori che, per sua stessa ammissione, sono stati più forti. Questo quarto posto rappresenta di gran lunga il suo migliore piazzamento in un GT ed un altro passo avanti decisamente importante.

Olav Kooij (Visma | Lease a Bike), 8,5: Qualche sofferenza all’inizio, poi lascia i segni che deve lasciare. Due vittorie di tappa (l’unico velocista puro a concedere il bis), compresa quella sempre molto significativa di Roma, un altro paio di piazzamenti sul podio di giornata e, in generale, la conferma di essere un corridore che sa raccogliere quel che la strada gli mette davanti, anche in una corsa di tre settimane.

Lorenzo Fortunato (XDS Astana), 8,5: Sorretto da una gran gamba, lo scalatore emiliano è grande protagonista dall’inizio alla fine della corsa. Messe volontariamente da parte le ambizioni di classifica, il 29enne si concentra soprattutto su due obiettivi, una vittoria di tappa e la Maglia Azzurra; la seconda la conquista nella terza giornata e poi non la molla più, mentre la prima la manca soltanto perché cede il successo al compagno di squadra Scaroni nell’arrivo in salita di San Valentino. Ma è un secondo posto che vale come una vittoria.

Damiano Caruso (Bahrain Victorious), 8,5: Arrivato con il compito di supportare Tiberi, si ritrova ancora una volta con il ruolo da capitano dopo la caduta del ciociaro a Nova Gorica. Alle porte dei 38 anni il siciliano, pur senza mai brillare particolarmente, si conferma una garanzia, conquistando un quinto posto finale estremamente prestigioso e garantendosi anche il meritatissimo rinnovo in vista del 2026.

Giulio Pellizzari (Red Bull-Bora-hansgrohe), 8: Parte come gregario e rapidamente si fa notare, mostrandosi subito in buona forma al fianco del suo capitano. Perso il suo uomo di riferimento, emerge in prima persona come uno degli scalatori più forti di questa edizione, iniziando una splendida rimonta che gli consentirà di chiudere la corsa con un ottimo sesto posto finale. Cala forse leggermente nelle ultime frazioni, nelle quali dimostra comunque una ottima capacità di gestione, che promette decisamente bene per il futuro, sia esso prossimo o più lontano.

Rafal Majka (UAE Team Emirates XRG), 8: L’esperto scalatore polacco è fondamentale al fianco del suo giovane capitano, tenendolo calmo e al sicuro in alcuni dei momenti più difficili di questa edizione, trovandosi spesso come ultimo uomo al servizio della Maglia Rosa, ancor più di un incostante Adam Yates (5) e di un Brandon McNulty (7,5), che spesso viene usato in modo diverso, riuscendo poi a prendersi un bel posto in una top10 nella quale è rimasto per quasi tutta la corsa.

Wout Van Aert (Visma | Lease a Bike), 8: Non arriva nella forma migliore, cogliendo comunque un secondo posto in apertura, ma rapidamente conferma di non essere al meglio. Stringe comunque i denti e si sacrifica per la squadra ogni volta che è possibile, trovando poi la sua attesa giornata di gloria in quel di Siena, una delle tappe più belle di questa edizione. A Viadana è poi perfetto per lanciare Kooij verso il successo, cogliendo poi un’altra seconda posizione a Vicenza, battuto dal solo Pedersen. Durante la terza settimana è tra i più attivi nel cercare la fuga, che trova tre volte. Le prime due fa quasi da comparsa, ma nella terza è fondamentale per il successo finale di Simon Yates, che attende dopo il Colle delle Finestre caricandoselo a ruota e lanciandolo verso la Maglia Rosa.

Jacopo Mosca (Lidl-Trek), 8: Se ci fosse il premio per il corridore che ha speso più tempo in testa al gruppo, il 31enne piemontese lo vincerebbe a mani basse. Infaticabile al servizio dei compagni, se non tira va a prendere le borracce o prende il vento per i propri capitani, che prova a servire anche andando in fuga, come nelle ultime due giornate. Tre settimane da instancabile faticatore che confermano ancora una volta come il ciclismo sia tutt’altro che uno sport individuale.

Egan Bernal (Ineos Grenadiers), 7,5: Dopo tanta sofferenza per il grave infortunio di inizio 2022, dopo che sembrava non potersi più neppure riavvicinare al livello che aveva raggiunto tra il 2019 e il 2021, il colombiano torna a sorridere (letteralmente, dato che affronta molte interviste con il sorriso) a questo Giro d’Italia. È vero, alla fine chiude 7° a più di 12 minuti da Yates, ma il risultato è anche frutto di una terza settimana nella quale probabilmente si sono fatte sentire alcune cadute avvenute in gara e gli effetti di una preparazione rallentata da un infortunio. Nelle prime due, invece, il 28enne è tra i più brillanti e combattivi, dimostrando di poter dire ancora la sua ad alti livelli.

Nicolas Prodhomme (Decathlon AG2R La Mondiale), 7,5: A 28 anni sembra aver finalmente raggiunto la maturità ciclistica. Dopo aver conquistato il primo successo in carriera al Tour of the Alps di aprile, si ripete vincendo il tappone di Champoluc al termine di una fuga da lontano che contribuisce in prima persona a portar via. Spesso all’attacco (con anche due quinti posti a Castelraimondo e ad Asiago), ha anche il merito di chiudere nei primi 15 della generale.

Christian Scaroni (XDS Astana), 7,5: Ci prova spesso, riuscendo soprattutto nell’ultima settimana ad essere davanti con regolarità. Terzo ad Asiago, si prende poi una splendida vittoria a Brentonico, conquistando l’unica vittoria italiana di questa edizione (con il benestare del compagno Lorenzo Fortunato). Prosegue così una stagione di altissimo livello.

Joshua Tarling (Ineos Grenadiers), 7,5: Protagonista assoluto, a cronometro e non solo. Il giovane gallese vince la prima prova contro il tempo e va vicino a ripetersi in quella di Pisa, confermandosi uno dei migliori interpreti della specialità. Lo si vede spesso in testa al gruppo, coinvolto nelle tattiche abbastanza aggressive della sua squadra, almeno nelle prime due settimane di corsa, e anche più volte all’attacco. Una caduta, però, lo costringe al ritiro nella piovosa tappa di Asiago, proprio mentre era in fuga.

Kaden Groves (Alpecin-Deceuninck), 7: Una tappa l’ha vinta, e questo basta per far virare il bilancio personale verso l’alto. Gli sfugge il successo di Nova Gorica solo per via del capolavoro di Asgreen e poi si lancia anche più volte in qualche estemporanea azione da lontano, dimostrando di avere comunque determinazione e iniziativa. Mai in lotta per la classifica a punti, ma contro questo Pedersen ci sarebbe stato davvero pochissimo da fare.

Kasper Asgreen (EF Education-EasyPost), 7: A quasi due anni di distanza dall’ultima vittoria il danese torna a far ruggire il motore di cui è dotato prendendosi la tappa di Nova Gorica al termine di una fuga che sin da subito sembrava destinata a essere ripresa dal gruppo. Per il resto, non manca di mettersi a disposizione di Carapaz quando serve.

Chris Harper (Team Jayco AlUla), 7: Inizia senza squilli un Giro nel quale puntava a fare classifica, ma cresce progressivamente di condizione con il passare delle tappe, fino a diventare uno dei grandi protagonisti della terza settimana, entrando spesso in fuga. A Champoluc prende le misure, con i crampi che però lo costringono a cedere il passo prima del previsto, ma poi sulla mitica ascesa del Colle delle Finestre si lascia alle spalle tutti quanti andando a cogliere una vittoria storica a Sestriere.

Daan Hoole (Lidl-Trek), 7: Per il neerlandese tantissimo lavoro in testa al gruppo nelle giornate che Pedersen mette nel mirino, ma anche l’enorme soddisfazione di conquistare la cronometro di Pisa, suo secondo e di gran lunga più importante successo della carriera. Nelle ultime giornata ha poi una nuova occasione, con una fuga, e gli va meno bene, ma ormai il suo Giro è già un successo.

Luke Plapp (Team Jayco AlUla), 7: La cavalcata verso Castelraimondo, che gli vale il primo successo di categoria WorldTour della carriera, rimarrà un momento da ricordare. L’australiano prova l’attacco anche in altre occasioni e risulta uno dei più brillanti della sua squadra, fino al momento in cui le condizioni di salute lo costringono al ritiro, all’inizio della terza settimana.

Manuele Tarozzi (VF Group Bardiani-CSF Faizanè), 7: L’uomo delle fughe di questa edizione, con  418 chilometri all’attacco spalmati in sei tentativi, dal primo all’ultimo giorno. Si prende così anche la classifica del Red Bull KM e l’onore di essere sul podio finale di Roma. Tre settimane in cui mette in mostra grande grinta e generosità, raccogliendo poi poco al traguardo, ma di certo facendosi vedere non poco.

Mathias Vacek (Lidl-Trek), 7: Come il compagno di squadra Pedersen, nella prima settimana pare essere in una condizione fuori scala per tutti gli altri. Il suo lavoro è molto prezioso per i successi del danese, mentre risulta un po’ arruffone quando le possibilità di vittorie sarebbero per lui. A ben guardare, dal punto di vista personale il bilancio finale non è di quelli indimenticabili, ma il contributo generale alle sorti della squadra è più che positivo.

Dries De Bondt (Decathlon AG2R La Mondiale), 7: Tante fughe e tanto coraggio per il belga, che nel finale di Giro si concentra sulla classica dei Traguardi Volanti, che finisce per portarsi a casa e che gli garantisce anche un posto sul podio in quel di Roma.

Carlos Verona (Lidl-Trek), 7: Come molti suoi compagni di squadra, non fa mai mancare il proprio apporto quando serve, ma dopo il ritiro di Ciccone è anche grande protagonista all’attacco nelle giornate più movimentate, centrando uno splendido successo ad Asiago al termine di una cavalcata solitaria di più di 40 chilometri.

Gianmarco Garofoli (Soudal Quick-Step), 7: Si ritrova da subito orfano del proprio leader. Deve dunque reinventarsi e al pari di Mattia Cattaneo (6,5), che si fa vedere anche a cronometro, per farlo sceglie le fughe. Malgrado alcuni momenti difficili, supera i problemi fisici e l’ultima settimana è regolarmente fra i più generosi in fuga, conquistando anche due bei piazzamenti. Non a caso, arriva anche il rinnovo per i prossimi due anni.

Casper Van Uden (Team Picnic PostNL), 7: Alla fine sfodera un unico lampo, ma è di quelli importantissimi, per lui e soprattutto per la squadra. La vittoria ottenuta nella volata di Lecce vale tanto, solo Kooij gli nega il bis a Viadana e, in generale, il giovane neerlandese si conferma come un velocista di sicuro avvenire.

Diego Ulissi (XDS Astana), 6,5: Come tutti i compagni di squadra è spesso all’attacco, riuscendo a giocarsi la vittoria di giornata solo a Castelraimondo, quando chiude terzo. Proprio in quell’occasione, però, va a vestire la Maglia Rosa, che terrà solo per un giorno ma che diventa il giusto premio per una carriera longeva e di alto livello.

Max Poole (Team Picnic PostNL), 6,5: Rimane di poco fuori dalla prima pagina della classifica generale finale, ma si conferma corridore di belle speranze. A 22 anni, il britannico ha un bell’avvenire davanti, soprattutto se riuscirà a coltivare la capacità di venire fuori alla distanza. Porta a casa inoltre un discreto gruzzolo di punti UCI, utilissimi per una squadra, la sua, in difficoltà.

Einer Rubio (Movistar), 6,5: Si vede abbastanza poco, pur provando qualche azione in contropiede in alcuni momenti. Fa probabilmente meglio nelle due settimane meno adatte a lui che nelle ultime grandi frazioni di montagna, nelle quali era uno degli scalatori più attesi. L’idea di fare classifica sin dalla partenza in Albania lo porta ad un atteggiamento più prudente e meno visibilità, concludendo comunque con un ottavo posto finale che non è da buttare, pur inferiore al settimo della passata edizione.

Romain Bardet (Team Picnic PostNL), 6,5: Generoso con i compagni, sfiora il successo a Bormio, apice di tre settimane di grande determinazione per quello che è il suo ultimo GT della carriera, in conclusione fra appena due settimane. Fondamentale anche nella gestione interna di un team giovane, l’esperto corridore francese si vede spesso al servizio dei suoi compagni, tanto in salita quanto in pianura, chiudendo in maniera esemplare.

Juan Ayuso (UAE Team Emirates XRG), 6: Dove finisce la malasorte e iniziano i demeriti? Nel caso dello spagnolo la sintesi è difficilissima, considerando che fino alla caduta nella tappa degli sterrati le cose stavano andando molto bene, compreso anche l’assolo vittorioso verso Tagliacozzo. Poi, però, il ginocchio è rimasto dolente e il fisico ha probabilmente pagato le sofferenze, fino al crollo avvenuto all’inizio della terza settimana, quando però le cose, per lui, si erano fatte ancora più complicate, visto il rendimento di Del Toro, diventato uno scomodo compagno di squadra. Poi, ci si è messo anche un calabrone, che lo ha costretto a lasciare il Giro senza dargli la possibilità di dare quel contributo da lui stesso annunciato, almeno come speranza. È ancora giovanissimo, avrà tempo per rifarsi.

Max Kanter (XDS Astana), 6: Non è corridore che possa eccellere nelle volate con i migliori della specialità, il tedesco lo sa e si muove con circospezione a caccia di piazzamenti che fanno comodo soprattutto alla squadra. Alla fine, al netto di un declassamento forse un po’ troppo severo, chiude tre volte nei migliori 10 di giornata, a testimonianza di una buona costanza di rendimento.

Milan Fretin (Cofidis), 6: Al primo Grande Giro della carriera sfiora la vittoria a Napoli e ottiene un altro piazzamento in una delle poche volate di questo Giro. Poi, come Magnier, decide di andare a casa dopo due settimane nelle quali ha fatto comunque un’esperienza utile per il futuro.

Marco Frigo (Israel-Premier Tech), 6: Un paio di tentativi da lontano lo portano alla ribalta, senza però fruttargli grandi risultati. La parte conclusiva del Giro la trascorre come uomo di supporto del compagno Derek Gee e non trovando più l’opportunità di farsi vedere.

Paul Magnier (Soudal Quick-Step), 6: Nel suo ruolino di marcia ci sono tre piazzamenti nei primi 10 di giornata, fra cui il terzo posto nella bagnata tappa di Napoli. Per un 21enne, alla prima esperienza in una corsa di tre settimane, il bilancio può dirsi sufficiente. Sceglie però, insieme alla squadra, di non portare a termine la fatica rosa, saltando di fatto l’intera terza settimana di gara.

Michael Storer (Tudor Pro Cycling Team), 6: Decimo l’anno scorso, decimo quest’anno. Si conferma corridore affidabile, ma le credenziali con cui si presentava alla Grande Partenza albanese erano molto più illustri, rispetto a quelle dell’anno scorso. Si vede raramente nel cuore dell’azione, ma porta a casa quello che probabilmente era il risultato messo in preventivo, da lui e dalla squadra.

Pello Bilbao (Bahrain Victorious), 6: Non ha la gamba dei giorni migliori, ma la generosità e l’attitudine al sacrificio per i compagni gli permettono comunque di uscire a testa alta da un Giro non proprio entusiasmante.

Matteo Moschetti (Q36.5 Pro Cycling Team), 6: All’ultima volata, l’unica in cui – parole sue – riesce ad esprimersi, raccoglie un terzo posto che è tutto sommato un risultato importante, dietro due velocisti di caratura mondiale. Tiene duro nei momenti più difficili e arriva comunque alla fine, fra una sofferenza e l’altra, ma, vista la condizione con cui si presentava al Giro, si aspettava probabilmente qualcosa in più.

David Gaudu (Groupama-FDJ), 5,5: Arrivato a questo Giro già con una condizione non ottimale per via dell’infortunio che lo ha tenuto fermo per più di un mese, il transalpino è anche vittima di una caduta nel primo arrivo in salita che lo lascia con un problema alla mano. Uscito di classifica a Siena, prova a salvare il bilancio puntando a una vittoria di tappa in fuga, ma appena la strada sale è spesso il primo a perdere contatto.

Davide Piganzoli (Team Polti VisitMalta), 5,5: Resta a lungo a ridosso di una top 10 che insegue con grande caparbietà, ma nelle tappe conclusive vede i suoi sogni andare in fumo, concludendo decisamente lontano dai suoi concorrenti diretti. Rispetto allo scorso anno ne esce un piccolo passo indietro, pur con la conferma che continuando a lavorare così il classe 2002 potrà togliersi soddisfazioni importanti.

Giovanni Lonardi (Team Polti VisitaMalta), 5,5: Si getta nelle volate quando c’è l’occasione, ma questa volta non riesce ad emergere, tanto che il miglior piazzamento del suo Giro è un ottavo posto. La concorrenza era di quelle notevoli, ma le speranze volavano probabilmente un po’ più in alto di così.

Jay Vine (UAE Team Emirates XRG), 5,5: Fa buone cose a cronometro (un terzo e un sesto posto), ma lo si vede raramente coinvolto nell’esecuzione delle strategie di squadra, qualsiasi fosse il capitano in quel momento. Finisce un paio di volte a terra e poi saluta la carovana nel corso della terza settimana per via di uno stato di salute non più ideale.

Filippo Zana (Team Jayco AlUla), 5,5: La sua squadra raccoglie due vittorie entusiasmanti, ma questa volta non è lui l’uomo di copertina. Ci prova un paio di volte, nella tappa di “casa” con maggiore convinzione, ma alla fine raccoglie meno di quel che sperava.

Daniel Felipe Martínez (Red Bull-Bora-hansgrohe), 5: Rispetto allo scorso anno, un Giro di segno totalmente opposto per il colombiano. Al via come gregario di lusso di Roglič, il 29enne non riesce in realtà a dare un grosso contributo alla causa dello sloveno, mentre dopo il ritiro di quest’ultimo ci prova in fuga in un paio di occasioni, senza riuscire ad incidere.

Corbin Strong (Israel-Premier Tech), 5: Il lampo della terza tappa, chiusa dietro solo al magnifico Pedersen, e poi praticamente più nulla, anche quando le tracciature dei finali sembravano poterlo favorire, quantomeno in chiave piazzamento.

Intermarché-Wanty, 4,5: I corridori della formazione belga ci provano spesso in fuga, ma i risultati latitano: il migliore è il quarto posto di Francesco Busatto nella frazione inaugurale. Davvero troppo poco. E ora, la situazione nella classifica triennale UCI, quella che vale le prossime licenze WorldTour, si fa cupa.

Arkéa-B&B Hotels, 4,5: Lasciati a casa quasi tutti i suoi nomi più importanti a eccezione di uno (quasi sicuramente in previsione Tour de France), la formazione francese fa ben poco per farsi vedere. Si salvano solo il giovane neopro’ Giosuè Epis (6) e Alessandro Verre (6,5), entrambi in fuga in un paio di occasioni, con il secondo che va vicino all’impresa nella tappa con il Colle delle Finestre.

Tom Pidcock (Q36.5 Pro Cycling Team), 4: Giro al limite dell’anonimato quello del britannico, dal quale ci si attendeva molto di più dopo la bella prima parte di stagione. A parte un paio di piazzamenti in giornate adatte alle sue caratteristiche che, con un altro atteggiamento, avrebbe magari potuto anche far sue, il 25enne si vede ben poco sia come uomo di classifica, dalla quale probabilmente avrebbe dovuto uscire subito, sia come cacciatore di tappe, dato che non prova mai ad andare in fuga.

Sam Bennett (Decathlon AG2R La Mondiale), 4: Il suo è stato un rendimento difficile da comprendere. Vero che le occasioni per i velocisti non state numerosissime, ma chiudere un intero Giro con un sesto posto come miglior piazzamento, per un corridore del suo calibro, è davvero troppo poco. Porta comunque a termine la corsa, ma il bilancio personale è decisamente sotto le attese.

Primož Roglič (Red Bull-Bora-hansgrohe), sv: Di mezzo, fra lui e il mantenimento delle aspettative da favorito numero uno per la vittoria finale, ci si è messa probabilmente la sfortuna. Però, le cadute che lo vedono coinvolto sono davvero troppe, compresa quella “gratuita” verificatasi durante la ricognizione della seconda cronometro. Si presenta al via in buona condizione e la cronometro del secondo giorno, chiusa al secondo posto, rimarrà il momento migliore di una partecipazione che in fin dei conti risulta davvero grigia. Ci riproverà probabilmente al Tour de France, dove però sarà atteso da una concorrenza spaventosa.

Thymen Arensman (Ineos Grenadiers), sv: Parte bene, come numero due di una Ineos Grenadiers battagliera, ma la sua corsa è segnata dalla sfortuna già nelle prime giornate. Riesce comunque a tenersi nelle prime dieci posizioni, fino a quando un paio di cadute lo costringono ad arrendersi perdendo terreno e ogni speranza di poter ancora pesare sulla corsa.

Giulio Ciccone (Lidl-Trek), sv: C’è di nuovo la sfortuna, fra lui e il Giro d’Italia. Questa volta è una caduta a toglierlo dalla competizione, quando era il settimo di una classifica generale ancora tutta da scrivere, su quelle montagne a lui così adatte. Prima dell’incidente avvenuto durante la tappa di Nova Gorica aveva lanciato segnali molto interessanti, compresi i terzi posti nella giornata degli sterrati e in quella di Castelnovo ne’ Monti. Ci riproverà.

Antonio Tiberi (Bahrain Victorious), sv: È ovvio che, essendo partito con l’obiettivo di concludere sul podio finale, fare 17° a 46′ dalla Maglia Rosa non può farlo felice. Le sue ambizioni vengono però distrutte dalla caduta a Nova Gorica, che, oltre a fargli perdere il podio virtuale che in quel momento stava occupando con merito grazie a una condotta di gara perfetta e a una condizione apparentemente in crescita, lo lascia parecchio acciaccato, impedendogli così di giocarsi fino in fondo le sue possibilità nella terza settimana. Riesce comunque a mettersi a disposizione del compagno di squadra Caruso in una giornata, quella di Champoluc, che lo vede anche all’attacco.

Mikel Landa (Soudal Quick-Step), sv: Il suo Giro dura poco più di 100 chilometri. Un incidente di corsa lo costringe infatti al ritiro prima di concludere la prima tappa e gli costa anche un infortunio grave. La sua speranza ora è quella di tornare in forma per la Vuelta a España: in bocca al lupo!

Jai Hindley (Red Bull-Bora-hansgrohe), sv: Nei piani iniziali della squadra doveva essere appoggio fondamentale per capitan Primož Roglič e, eventualmente, seconda punta da lanciare nella battaglia alla bisogna. I propositi si sono però scontrati con la rovinosa caduta di Baiano, da lui stesso causata, e con il conseguente ritiro.

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