#SpazioTalk, Luca Mozzato: “Le prime vittorie sono state una liberazione. Sono più da classiche che da volate”
Il 2023 ha portato in dotazione a Luca Mozzato le prime vittorie da professionista. Ora il 25enne, velocista e uomo da classiche dell’Arkea-Samsic, lavora per confermarsi nella prossima stagione e magari togliersi anche qualche altra soddisfazione in più. Sì, perché i sigilli nella seconda tappa del Tour du Limousin-Nouvelle Aquitaine e alla Binche-Chimay-Binche potrebbero essere soltanto il preludio del palmarès del veneto. Il quarto posto di tappa al Tour de France 2023, nell’arrivo in volata a Bordeaux, conferma la tendenza in crescita: il rinnovo con l’Arkea-Samsic fino a fine 2025, in questo senso, può dare ulteriore stabilità e continuità ai risultati dell’azzurro. La redazione di SpazioCiclismo lo ha contattato per commentare il 2023 e guardare al 2024: un estratto dell’intervista è disponibile nella puntata di SpazioTalk.
È stata una stagione decisamente positiva. Che voto ti daresti e qual è stato il risultato che ti ha dato più soddisfazione?
Per un corridore più che i piazzamenti a fine anno si contano le vittorie. Era da quando sono passato professionista che non arrivavano, ci sono andato vicino qualche volta e adesso finalmente poter dire “Ci sono riuscito anche io” è un po’ una liberazione. Le due vittorie alzano sicuramente il voto sulla stagione, mi darei un 7/8. Poi ovviamente ci sono state anche giornate in cui ho raccolto meno di quello che si poteva fare, ma penso che globalmente sia stata una stagione positiva.
Hai dimostrato di saperti ambientare subito molto bene nella Arkea-Samsic, dopo il passaggio dalla B&B Hotels.
Sì. Le due squadre, almeno dall’esterno, si assomigliano un pochino: sono francesi, entrambe bretoni, hanno una sede molto vicina… eppure il passaggio per me è stato abbastanza traumatico perché non è avvenuto in maniera naturale. È stato burrascoso tra novembre e dicembre, quando la B&B ha chiuso il progetto. Sono stato fortunato a trovare l’Arkea che mi ha accolto per questa stagione, perché eravamo già “fuori tempo massimo”. Già aver avuto la possibilità di fare la stagione è stato importante.
Sei andato forte sia nelle volate delle corse a tappe sia nelle classiche un po’ mosse. In futuro pensi di poterti specializzare in una delle due cose o non c’è bisogno?
Mi sono sempre sentito un corridore da classiche. Quando passi professionista, arrivare davanti nelle corse di un giorno diventa complicato. Sono corse di usura, non è scontato che un giovane, anche se ha le caratteristiche giuste, sia in grado di giocarsi qualcosa di importante e arrivare davanti. Questo vale anche per le corse di secondo o terzo livello, non solo Fiandre, Roubaix o Gand-Wevelgem. La mia idea è sempre stata essere un corridore da classiche, ho sempre tenuto bene sulle salite e sui percorsi duri. Poi sono un po’ veloce e negli ultimi anni ho fatto di necessità virtù e sono andato bene anche negli arrivi a ranghi compatti. Questa però non è la mia caratteristica principale. In una volata di gruppo posso fare bene ma vincere o arrivare nei primi tre per me è qualcosa di eccezionale. Molto di più di quello che vedo nelle classiche.
Però quest’anno hai fatto quattro top 10 di tappa al Tour de France, tra cui un quarto posto a Bordeaux. In un ipotetico “ranking dei velocisti”, in che zona ti metteresti?
È sempre difficile fare un ranking, soprattutto nei velocisti, dove ci sono mille variabili. Secondo me ad oggi sono in un’ipotetica terza fascia. Nella prima metterei un Philipsen, un Groenewegen. Io sono un corridore che in uno sprint lineare si può piazzare tra il quinto e il decimo posto. In seconda fascia c’è chi si gioca le corse e arriva di solito tra la seconda e la quinta posizione. Chi sta più avanti e vince regolarmente è assolutamente prima fascia.
In carriera hai già corso due Tour de France ma mai il Giro d’Italia: prima con la B&B non ne avevi la possibilità, ora con l’Arkea la squadra è chiaramente più concentrata sul Tour, corsa di casa. L’estate scorsa hai rinnovato con l’Arkea fino a fine 2025, quindi è possibile che il team punti ancora soprattutto sul Tour e decida di non portarti al Giro. Un po’ ti pesa non poterlo correre?
Sicuramente mi dispiace, da corridore italiano. Abbiamo una corsa importante, ci terrei a prenderne parte. Il mio problema principale è soprattutto il calendario. Non essendo un fenomeno, per preparare una corsa a tappe ho bisogno di tempo, di allenamenti in altura. Correndo le classiche e la campagna del nord, a inizio stagione mi concentro tanto su quelle corse. Quindi faccio fatica a preparare bene la stagione delle classiche e la campagna del nord e contemporaneamente un Grand Tour. A livello altimetrico, il Fiandre è una delle classiche più dure e lì il Kwaremont si fa in meno di 5 minuti. Le salite del Giro d’Italia sono un’altra cosa, la preparazione è totalmente differente. Un corridore come me ha bisogno di starci dietro e lavorarci. Non avrebbe senso andare al Giro senza una condizione consona. Se non sono in forma o se non l’ho preparato a dovere, il mio problema non è tanto giocarmi le tappe ma può essere già terminare la corsa. Negli ultimi due anni abbiamo fatto delle scelte diverse, vedendo la situazione.
Nel 2022 sei stato il migliore italiano al Fiandre, quest’anno uno dei migliori italiani alla Roubaix. Senti di essere uno degli uomini di punta per l’Italia nelle classiche, in questo momento?
Per essere un uomo di punta dovrei arrivare a giocarmele. In questo momento in Italia non abbiamo tanti corridori in grado di arrivare davanti con la possibilità di vincere in quelle corse. Questo porta corridori come me, che arrivano nel secondo gruppo, a essere considerati tra i primi. Ma per essere uno di quelli di punta bisognerebbe arrivare più avanti di quello che sono stato in grado di fare io fino a questo momento.
Devi ancora incontrare la squadra al primo ritiro, ma in linea di massima il tuo calendario di corse del 2024 potrebbe essere simile a quello di questa stagione?
A livello generale, la prima parte della stagione sarà strutturata come le ultime. Si punterà alle classiche del nord. A me piacerebbe fare una corsa a tappe di una settimana, quindi o Parigi-Nizza o Tirreno-Adriatico, e poi sfruttare la condizione fino alla Roubaix.
Vorresti correre l’accoppiata Fiandre-Roubaix, come hai fatto nel 2022, o è troppo dispendiosa?
In quel periodo, se arrivi in gran forma, la settimana di recupero tra una corsa e l’altra è abbastanza. Poi come tutti bisogna rispettare la squadra e il momento di forma. Se si arriva alla vigilia del Fiandre che la condizione sta scendendo un pochino, forse è meglio fare solo una delle due. Però dipende sempre dal momento.
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