Lotto Dstny, il giovane talento Jarno Widar punta in alto: “L’obiettivo principale è diventare il miglior corridore del mondo, voglio battere Tadej Pogacar”

Sarà Jarno Widar il nuovo fenomeno del ciclismo nel prossimo futuro? Dopo due stagioni tra gli juniores condite da numerose vittorie, il classe 2005 belga è da quest’anno impegnato nella categoria Under-23 con la maglia della Lotto Dstny Development, e nonostante la giovanissima età è stato già in grado di mettersi in evidenza con grandissimi risultati. Il 18enne si è infatti imposto nella classifica finale del Giro Next Gen, del Giro della Valle d’Aosta e dell’Alpes Isère Tour, chiudendo al secondo posto la Ronde de l’Isard e facendo già alcune esperienze con i professionisti partecipando a Trofeo Laigueglia, Settimana Coppi e Bartali e Giro dell’Appennino.

Il giovane talento belga, che ora ha nel mirino Tour de l’Avenir e Mondiale U23, guarda però già avanti a quando diventerà professionista e ha già le idee ben chiare riguardo a che tipo di corridore vuole diventare: “Il mio obiettivo principale è diventare il miglior corridore del mondo – ha dichiarato a DirectVelo – Tadej Pogacar è attualmente il miglior corridore del mondo. Ebbene, l’obiettivo finale è battere Tadej Pogacar. Non voglio essere un professionista che lavorerà per gli altri e che al traguardo darà il cinque per sentirsi dire ‘Grazie per il lavoro nella prima parte di gara amico, è stato bello’. Non mi fa sognare. […] Voglio solo vincere le corse, il più possibile. Questo è ciò che mi piace. Le sfide mi stimolano. Lo dico perché so che alcune persone mi vedono come un ragazzo arrogante. Ognuno ha il diritto di pensare quello che vuole, ovviamente, ma io non sono un tipo arrogante. Sono solo ambizioso. E non puoi ottenere grandi cose nella vita se non sei serio, diligente e soprattutto ambizioso“.

Nonostante i risultati importanti già ottenuti fin qui, Widar potrebbe non passare subito in prima squadra, ma fare un’altra stagione da U23: “A livello fisico potrei ovviamente già fare il salto. Ho il contratto per altri tre anni e mezzo. Se passerò il prossimo anno o no… Vedremo. La decisione potrebbe ancora cambiare. Se al Tour de l’Avenir tutto andrà per il meglio, allora la squadra mi schiererà sicuramente di nuovo in una o due gare professionistiche prima della fine dell’anno. E, se tutto andrà bene, forse l’anno prossimo andrò in prima squadra. La squadra mi darà la scelta. Ma se ho voluto fare un anno da Under-23 è anche perché sono un vincente e soprattutto non volevo perdere questa cosa di correre spesso per vincere”.

Diversamente da altri talenti che, negli ultimi anni, sono passati direttamente da juniores a professionisti, saltando la categoria U23, il 18enne ha infatti preferito fare un passaggio in più: “Non capisco la scelta di certi corridori, anche se ognuno fa quello che vuole. Prendo un esempio tra gli altri: Andrew August. È un grande talento, ovviamente, ma non ha vinto nemmeno 20 gare tra gli juniores. Doveva andare alla Axeon e alla fine è passato da juniores alla Ineos Grenadiers. E ha trascorso la stagione facendo gare di secondo piano. Gli piace? Se è così, tanto meglio. Glielo auguro davvero. Ma non sarebbe stato bello fare una volta il Giro Next Gen? È davvero come il vero Giro, ci sono tutti gli ingredienti. È una gara mitica, mi è piaciuta”.

Il talentuoso corridore belga si è fin qui messo in evidenza soprattutto in salita, grazie anche a un fisico da scalatore leggero che, tuttavia, per alcuni potrebbe penalizzarlo in futuro: “Da juniores ho visto tonnellate di messaggi come questo. Gente che dice che peso 52 kg e che è assolutamente impossibile vincere il Tour pesando 52 kg. Non bisognerebbe concentrarsi solo sul peso. Devi combinare peso e altezza. Remco (Evenepoel, ndr) non è il ragazzo più alto o più forte del gruppo. Ma ha l’equilibrio perfetto per la pianura, la cronometro, la montagna… Per me è la stessa cosa. Oggi sono a 54-55 kg come mio peso ideale, sto lavorando sulla mia posizione aerodinamica. È meglio essere molto alti e molto magri come Romain Bardet? Non sono sicuro che sia più aerodinamico di me, anzi. Onestamente, non sono preoccupato per questo. La mia taglia non è un handicap“.

Un punto debole di Widar è invece al momento la discesa, a causa di alcune cadute tra gli juniores e di un tragico evento che lo ha molto colpito: “La morte di Gino Mäder durante il Giro di Svizzera ha avuto un enorme impatto su di me. Poi sono caduto tre volte quasi in rapida successione, senza nulla di grave, ma subito dopo è morto anche un corridore italiano al Giro dell’Alta Austria (Jacopo Venzo, ndr). Mentre cadevo mi sono detto che, dopo tutto, anch’io potevo uccidermi in una corsa. La gente cominciò a dire che non sapevo scendere, che non avevo tecnica, ma sapevo benissimo che era falso. Perché l’ironia di tutto questo è che per un certo periodo sono stato un pazzo in discesa. Approfittavo della mia leggerezza e delle mie piccole dimensioni per intrufolarmi ovunque e prendere traiettorie che nessun altro prendeva. Sono passato dal tutto al niente. Ho sempre saputo che era nella mia testa, ma per un po’ non ho voluto farmi seguire da un mental coach perché ero convinto che non mi sarebbe servito a niente”.

“Ma quest’anno, per il mio debutto in U23, ho vinto subito e la squadra mi ha messo subito in gara con il pro team, alla Coppi e Bartali – ha proseguito Widar – Lì ho capito quanto sia importante il posizionamento. È una cosa pazzesca. Fisicamente avevo le gambe, ma il mio problema di posizionamento mi ha impedito di vincere la seconda tappa, vinta da Diego Ulissi. Se fossi stato messo meglio, se non avessi avuto paura, avrei potuto davvero vincere, ne sono convinto […] Quando sono tornato dall’Italia ho deciso di seguire un mental coach che in passato ha lavorato con la Lotto Dstny. Ora va meglio. Ma quando posso, resto in fondo al gruppo, lì mi sento comunque più a mio agio”.

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