UAE, Isaac Del Toro sugli inizi in Messico, la vittoria all’Avenir e la prima gara da pro’: “A 14-15 anni ho dovuto lasciare casa. In qualche momento ho avuto paura, ma ho cercato di cogliere le opportunità man mano che si presentavano”

Isaac Del Toro è l’astro nascente del ciclismo, ma gli inizi non sono stati semplici per lui. Proveniente da un paese privo di una grande tradizione ciclistica (nonostante in passato il Messico abbia espresso corridori come Raúl Alcalá e Julio Alberto Perez Cuapio), il 21enne ha dovuto lasciare la propria casa da giovane per poter inseguire il proprio sogno, coronato lo scorso anno con il passaggio ai professionisti con la UAE Team Emirates XRG dopo aver vinto il Tour de l’Avenir 2023. Un percorso dove non sono mancati gli ostacoli e che ha anche rischiato di interrompersi abbastanza presto, dato che, così come fatto dal fratello, il talento messicano aveva pensato di abbandonare le due ruote per le difficoltà di fare ciclismo nel proprio paese, come da lui stesso raccontato in un’intervista al canale spagnolo di GCN.

“Io ho semplicemente continuato a farlo finché non ho parlato con i miei genitori e ho detto loro che volevo solo partecipare a un campionato nazionale, provare a vincerlo, cercare di fare una buona figura e poi basta – le parole di Del Toro – Perché? Perché è anche complicato continuare a provarci quando sei in un paese dove il tuo non è lo sport principale, ma anche perché non si intravede un percorso chiaro a causa delle grandi distanze. Quindi ci ho provato fino a quel momento”.

Poi si è presentata l’opportunità di entrare nella squadra in cui ero (l’A.R. Monex, ndr), che mi offriva la possibilità di venire a gareggiare in Europa – ha proseguito il classe 2003 – Quindi, da lì ho fatto un piccolo passo per poterlo fare un po’ più seriamente, ma non con la serietà di diventare professionista, bensì con la serietà di provarci all’estero, dove il ciclismo è lo sport principale. Quindi è stato più o meno a 14-15 anni che ho dovuto lasciare casa mia e iniziare a prenderlo un po’ più sul serio. In qualche momento ho avuto paura, ma ho cercato di avere obiettivi chiari e di cogliere le opportunità man mano che si presentavano, ed è così che è andata“.

Inizialmente, i risultati hanno faticato ad arrivare e solo nel 2023 il messicano è riuscito a cogliere i primi piazzamenti importanti, mancando però vittoria. Fino al Tour de l’Avenir di quell’anno: “Sapevo che era la mia ultima gara abbastanza importante per provare a fare il salto, perché avevo già fatto altre gare molto buone, ma ovviamente, se non vedi le tre o quattro ore complete di gara, non sai chi è così forte, no? È il risultato finale che conta e io non avevo affatto quel risultato. Per un motivo o per l’altro, non l’ho mai avuto quando ero giovane e alla fine ho continuato con la voglia di provarci. Avevo fiducia grazie ad altre gare in cui ero andato bene, ma è lo stesso essere terzo, secondo o quinto, se non sei nel posto giusto al momento giusto non fa differenza. Quell’anno è stato bello perché sono riuscito a crescere molto come persona, quindi sono riuscito a mantenere un buon equilibrio durante tutto l’anno e sono arrivato alla gara senza nulla da perdere, ovviamente avevo tutto da guadagnare e questo mi ha aiutato molto. Quindi l’ho presa per quello che era e anche nell’ultima tappa ho rischiato tutto, perché se fosse andata bene, allora bene, altrimenti pazienza”.

Dopo aver vinto al Col de la Loze, Del Toro si presenta alla tappa finale con quasi un minuto da recuperare a Matthew Riccitello e a quel punto prova il tutto per tutto nell’ultima giornata, attaccando a più di 50 chilometri dalla conclusione e riuscendo a conquistare la vittoria finale: “Credo di aver corso tutti i rischi necessari per cercare di fare bene e mi è andata molto bene, ma so anche che nel ciclismo non è così normale. Insomma, so anche quanto sono stato fortunato durante quella settimana e che non ho sprecato il mio talento, quello che ho fatto e quello su cui ho lavorato, che non ho sprecato nessuna opportunità e ho avuto il coraggio di rischiare davvero e perdere tutto, perché ci ho provato davvero ogni giorno”.

Dopo quel successo arriva la firma con la UAE e a gennaio 2024 esordisce con un terzo posto al criterium che anticipa il Tour Down Under, sua prima gara tra i pro’, dove nella seconda frazione trova subito la sua prima vittoria, vestendo anche la maglia di leader per tre giorni e concludendo poi al terzo posto finale: “Al Tour Down Under, la notte prima di vincere la tappa, continuavo a pensare che sarebbe stata una buona opportunità, in cui sapevo che magari non potevo vincere, ma potevo provarci, e mi sono addormentato con l’idea che l’avrei fatto. Ma non ho detto nulla durante la riunione, perché c’erano Diego Ulissi, Fisher-Black, c’era Covi, e se a loro non era venuto in mente di farlo era perché forse non era così intelligente farlo, no? Quindi sono rimasto lì pensando: ‘Ah, se loro non lo dicono è perché forse non è così logico o forse è troppo difficile’“.

“Quindi, quando il mio direttore sportivo mi ha detto di provarci, quando senti alla radio che ti danno la possibilità di provarci, beh, mi ricordo semplicemente di aver urlato alla radio a Morgado e a Finn di spostarsi un po’ a sinistra perché erano completamente a destra. Dalla telecamera si vede che mancava 1 km, ma io stavo sprintando da 1 km e mezzo perché ero quasi con le auto, e nella mia testa pensavo: in una squadra come questa non sempre si hanno queste opportunità, quindi quando arrivano bisogna coglierle“.

In seguito, dopo altri bei piazzamenti in gare di una settimana e la vittoria alla Vuelta Asturias, il classe 2003 fa subito il suo esordio in un Grande Giro con la Vuelta a España 2024, che inizialmente non era nei programmi: “Ma dopo aver visto come stava andando il mio recupero dopo gare dure di una settimana, abbiamo deciso di provarci, ci siamo preparati abbastanza bene, ma mi sono ammalato durante la Vuelta. Quindi, abbiamo semplicemente deciso di finirlo per vedere come stava il mio corpo e cercare di vedere cosa si poteva imparare per il futuro. La prima settimana mi sono divertito molto. Dopo di che ho iniziato a soffrire in modi che non avevo mai provato prima nel ciclismo, ma credo che mi abbia insegnato molto anche per il futuro, mi ha fatto capire un po’ cosa volevo, come volevo farlo o come potevo farlo. Quindi mi ha davvero dato un’idea di come affrontare le tre settimane“.

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