Decathlon AG2R, Oliver Naesen: “Una volta Van Aert mi ha chiesto un consiglio per la Sanremo. Ciò che mi piace di lui è che è così umile anche se è così incredibilmente bravo”

Oliver Naesen elogia il connazionale Wout Van Aert. Intervistato nel corso del programma radiofonico Demarrage, il belga della Decathlon AG2R La Mondiale ha speso belle parole per il portacolori della Visma | Lease a Bike, ricordando su di lui un aneddoto riguardante una Milano-Sanremo di qualche anno fa. Il 34enne, che si appresta a iniziare la sua nona stagione con la maglia della formazione transalpina, ha parlato inoltre del suo ruolo all’interno della squadra, che ha vissuto un’importante crescita nell’ultimo anno, e del suo futuro nel momento in cui scenderà di bici.

Quello che mi piace di Wout è che è così umile anche se è così incredibilmente bravo – le parole di Naesen, secondo classificato alla Sanremo 2019 – Una volta, mi ha chiesto un consiglio per la Milano-Sanremo. Ci credete? Voglio dire, è un corridore di prim’ordine… La domanda era come avrebbe dovuto affrontare la corsa, l’importanza della Cipressa, dove avrebbe dovuto muoversi e dove no. Gli ho dato due o tre consigli e ha vinto la gara. Ma non certo grazie a me“. Al belga, però, piace anche il rivale di Van Aert, Mathieu Van Der Poel: “Mathieu trasuda estro e divertimento. È quello di cui la corsa ha bisogno”.

Corridore più “anziano” della rosa 2025 della Decathlon AG2R, il 34enne ha parlato poi del suo ruolo di mentore per i giovani del team: “Abbiamo attirato tanti giovani, corridori che devono ancora imparare il mestiere. Io sono lì per questo. So dove si deve lavorare duramente per una posizione e dove si può non dare battaglia. Il mio ruolo di capitano è importante, soprattutto per i giovani”. L’ex campione belga è però pronto anche a portare risultati in prima persona: “Se i giovani saranno pronti a competere per i successi, li aiuterò. Se non saranno pronti, la squadra potrà contare su di me“.

Naesen ha poi parlato della sua carriera, che lo ha visto ottenere diversi ottimi risultati ma solo cinque vittorie tra i pro’: “Se avessi potuto parlare con l’Oliver di 16 anni, che aveva appena iniziato a pedalare, e dirgli com’è la mia vita adesso, cosa ho vissuto nel ciclismo e cosa mi ha dato il ciclismo, avrebbe stentato a crederci. Sono orgoglioso della mia carriera, ma non impazzirò a vantarmene perché non è stata così folle“.

Il classe 1990 vuole restare nel ciclismo anche una volta appesa la bici al chiodo: “Spero di diventare direttore sportivo di una squadra professionistica. Penso di poter insegnare molto. Ma spero anche che sia un lavoro di lusso, in cui non sarò via 250 giorni all’anno. Perché ho già dovuto mettere la mia famiglia in secondo piano troppo spesso per questo”.

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