Astana Qazaqstan, Mark Cavendish guarda al futuro giù dalla bici: “Voglio restare nel ciclismo, so cosa serve per avere successo”

Il 2024 è stato, salvo sorprese clamorose, l’ultimo anno della lunghissima carriera di Mark Cavendish. Il velocista britannico chiuderà con buona probabilità la sua avventura agonistica e lo farà dopo aver ottenuto il primato assoluto di tappe vinte al Tour de France, conquistato proprio nell’edizione di quest’anno con la vittoria sul traguardo di Saint-Vulbas. In tutto, il 39enne dell’Astana Qazaqstan ha messo insieme, fra il 2006 e il 2024, 165 vittorie su strada, a cui vanno aggiunti anche svariati successi su pista, fra cui titoli mondiali nella specialità della Madison. Ora, “Sir Mark” pare pronto per la vita giù dalla sella e per riguardare al passato.

Non avevo idea di come sarebbe stata la mia testa dopo aver fatto il mio ultimo Tour – le parole di Cavendish in un’intervista concessa a Men’s Health – Ma è una sensazione come tutte le altre. Quando finisci dici sempre la stessa cosa: ‘Fanculo, non lo farò mai più’. Poi, due giorni dopo, ti dici che non vedi l’ora di ripartire“.

Questa volta, però, non ci sarà un altro Tour: “Puoi sentirti un po’ perso. Hai partecipato per un mese a una gara in cui l’orario della colazione è stabilito, il programma di partenza, il massaggio, la cena: tutto è programmato e stabilito per te. Tutto ciò che fai è esistere e farlo. Si vive in una bolla. È difficile, ma mi piace. Ho finito il Tour perché ho vinto una corsa su 6-7 a cui ho partecipato, o qualcosa del genere. È pazzesco rispetto alla maggior parte degli altri corridori. La maggior parte dei ciclisti ha una vittoria su 300, alcuni non vincono affatto. Con queste premesse, il tempo che trascorri in bicicletta è solo sofferenza. È orribile e questo fa parte del risultato”.

Il velocista dell’Isola di Man ripercorre il suo passato: “Con mia moglie Peta parlo spesso di come sostituire l’emozione di ciò che faccio. Anche prima di diventare un ciclista, ho sempre dovuto essere il migliore possibile. Se c’era un test di ortografia a scuola, dovevo vincerlo. Alla giornata dello sport, dovevo vincere. Ero un perfezionista. Tutto ciò che ho fatto poi durante l’adolescenza era finalizzato a diventare un ciclista. Sapevo di voler correre per la T-Mobile, così ho chiesto di imparare il tedesco per poterlo fare. Sono andato a lavorare per guadagnare qualcosa, in modo da poterlo fare. Avevo un piano per diventare professionista. Quando sono diventato professionista, avevo una traiettoria di gare che volevo vincere e di come volevo progredire. Per la maggior parte della mia carriera ho avuto la fortuna che tutto funzionasse. Poi, all’improvviso, ti ritrovi più vecchio“.

Il 39enne ha però già pensato a cosa fare in futuro, una volta appesa la bici al chiodo: “Non si tratta di smettere, ma di iniziare qualcosa di nuovo. Andrò sempre in bicicletta, ma negli ultimi anni ho capito cosa voglio fare dopo. Ho messo in moto le ruote per farlo. Voglio continuare a stare in questo sport, lo amo ancora. Negli ultimi due anni ho portato molte persone all’Astana Qazaqstan e so cosa serve per avere successo. Mi sono preparato per il momento in cui non gareggerò più. Un altro Tour? No. Mi sento vecchio e a pezzi. Mi ci vuole un po’ per ripartire. In questi giorni, quando sono in bici, mi ci vuole un’ora prima di iniziare a fare gli intervalli e tutto il resto. Prima non era così. In generale, è molto difficile tenersi in forma oggi”.

Lo sport farà comunque sempre parte della vita di Cavendish: “Andrò sempre in bicicletta, ma ora voglio correre. È una cosa pura: ti metti le scarpe e vai. Ho già deciso di fare la maratona di Parigi con mio fratello. Ha iniziato a pedalare prima di me, ed era più bravo di me. Negli ultimi quattro anni ha iniziato a mettersi in forma. Va in bicicletta e ha iniziato a correre. Per la prima volta da quando eravamo bambini, pesa meno di me”.

Lo sprinter britannico sembra ormai parlare da ex corridore: “Quale sarà la mia eredità nel ciclismo? Non lo so. Ho solo fatto tutto quello che potevo. Spero che chiunque vada in bicicletta – sulla strada per la scuola, al parco, ovunque sia – chiunque metta un piede su un pedale, possa amarlo come l’ho amato io. Se si va in bicicletta, in qualsiasi forma, sono felice. Se ho contribuito a incoraggiare altri a farlo, per me è sufficiente“.

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