Le Sorprese del 2020
La nostra rassegna della stagione appena conclusa prosegue con le 10 Sorprese del 2020. Dopo aver chiuso la settimana dedicata ai Migliori Momenti di in un anno ricco di emozioni, la nostra redazione si è soffermata sui corridori che hanno maggiormente sorprese in questo anno in cui da questo punto di vista non è certamente mancata la scelta. In un anno in cui i giovani sono prepotentemente balzati alla ribalta, sovvertendo spesso e volentieri le gerarchie e le aspettative, ci sono stati anche corridori più esperti che hanno saputo creare un exploit inatteso. Entrambe questi profili figureranno dunque in questa classifica, emersa mediando le nostre opinioni durante una consultazione interna che non ha mancato di evidenziare profonde differenze di giudizio. Passiamo dunque a scoprire insieme, giorno dopo giorno, i nostri dieci nomi nel corso di questa settimana (al termine della quale vi chiederemo, come di consueto, anche la vostra opinione).
1: Jai Hindley
Al Giro d’Italia è uscito sconfitto, ma alzi la mano chi dodici mesi (ma anche solo ai primi di ottobre) pensava di vederlo indossare la Maglia Rosa alla partenza della crono conclusiva… Assistere agli exploit del 24enne australiano per lottare per il successo finale di un grande giro non era certamente qualcosa che in molti si sarebbero aspettati da lui, innanzitutto in questo 2020, ma forse anche in generale nella sua carriera. Il secondo posto al Giro di Polonia 2019 era stato indubbiamente un bel risultato, ma da qui a vederlo primeggiare in una corsa di tre settimane il passo è decisamente lungo. Tuttavia, è riuscito a compierlo in ben poco tempo, affermandosi come uno degli scalatori più interessanti del panorama internazionale, prima in supporto a un Wilco Kelderman calante, poi per giocarsi le sue carte in prima persona in una tattica che in molti hanno criticato. E pensare che prima della vittoria di tappa al Giro, nel suo palmarès c’era sostanzialmente solo un trionfo all’Herald Sun Tour ad inizio stagione (condito da due tappe) che lo ha riportato alla vittoria oltre due anni dopo il successo al non certo travolgente Tour of Fuzhou. Una vittoria quella nella corsa di casa che invece si è rivelato solo un antipasto per un corridore che ora ha chiarito a tutti di poter ambire a risultati di tutt’altra portata.
2: Tao Geoghegan Hart
Che fosse un corridore destinato a grandi cose non è certo un mistero, ma i suo risultati sinora nei grandi giri non lasciavano pensare fosse ancora pronto per vincere. Complice una stagione che ha scombussolato i piani di molti, in particolare di una Ineos Grenadiers che si è dovuta reinventare visti gli infortuni dei suoi capitani, il britannico ha finalmente trovato lo spazio e la libertà di esprimersi pienamente in prima persona. Dopo le due vittorie ottenute al Tour of the Alps lo scorso anno, quest’anno ripete la doppietta su uno scenario molto più importante come quello del Giro d’Italia,in cui si dimostra il più forte nell’ultima settimana, andando così anche a prendersi il Trofeo Senza Fine proprio all’ultimo giorno. Da ora in poi, bisogna fare i conti anche con lui perché non ha nessuna intenzione di farlo rimanere un exploit isolato.
3: Marc Hirschi
Il talentino svizzero, 22 anni compiuti ad agosto, aveva già lasciato intravedere qualità eccellenti nel corso della scorsa stagione, ma quest’anno ha messo le basi per una carriera di altissimo livello. La sua stagione è iniziata ad agosto con il Giro del Delfinato e poi un Tour de France mostruoso che lo ha visto spesso all’attacco, vincere a Sarran e salire sul podio in altre due occasioni. Il buono stato di forma guadagnato in Francia lo ha poi assistito ai Mondiali di Imola, chiusi con una sorprendente medaglia di bronzo e poi sulle Ardenne, dove ha vinto con grande esplosività la Freccia Vallone. Alla Liegi-Bastogne-Liegi si è invece dovuto accontentare del secondo posto alle spalle di Roglic. Con questi numeri, già nel prossimo futuro diventerà tra gli uomini da battere nelle classiche di un giorno. Anzi, ha dimostrato sul campo di esserlo già.
4: Hugh Carthy
A 26 anni, il corridore della EF Pro Cycling vive tre settimane da sogno alla Vuelta a España, il cui piazzamento finale lo proietta verso un futuro da uomo da GT. Il britannico corre solo una gara prima del lockdown, il Tour de la Provence, dove conquista un buon terzo posto nella tappa del Mont Ventoux e un quarto nella classifica finale. Dopo la sosta partecipa, senza brillare, al Delfinato vinto dal compagno di squadra Daniel Martinez, per poi presentarsi al Tour dove riesce ad inserirsi in qualche fuga, senza però ottenere risultati. Ma a sorprendere è la sua Vuelta, nella quale è da subito costretto ad assumere il ruolo di capitano del team dopo le cadute di Michael Woods e Martinez nella prima tappa. Nonostante ciò, il longilineo scalatore riesce senza problemi a rimanere con i big sin dalle prime tappe, salendo addirittura in seconda posizione nella generale al termine della prima settimana. Il suo capolavoro avviene però sette giorni dopo, quando conquista con tenacia la prestigiosa frazione che terminava sull’Angliru, per poi sfoderare un’ottima prestazione anche nell’unica cronometro della corsa spagnola. A Madrid, può così salire sul terzo gradino del podio, suo primo piazzamento di livello in un GT, difficilmente pronosticabile solo tre settimane prima.
5: Alexander Vlasov
Pur riconoscendone il talento, era difficile aspettarsi così tanti successi già alla prima stagione nel World Tour. Il russo, classe ’96, invece sbaglia davvero pochi colpi durante la stagione, cominciando a mettersi in evidenza già a febbraio vincendo una tappa del Tour de la Provence. I veri capolavori arrivano però in estate, quando riesce a conquistare la Mont Ventoux Dénivelé Challenge (battendo anche Richie Porte, che poche settimane dopo salirà sul podio del Tour) e il Giro dell’Emilia, battendo Almeida con un attacco nell’ultimo chilometro. Dopo una buona Tirreno-Adriatico, si ipotizza per lui un ruolo da capitano al Giro, che invece abbandona per problemi intestinali, forse in maniera prematura, commettendo uno dei pochi errori di inesperienza della sua stagione. Poco male, perché il team gli concede un’altra opportunità alla Vuelta e lui, dopo qualche tappa per ambientarsi, dimostra di poter pedalare sempre con i big in salita, chiudendo al secondo posto nella tappa dell’Angliru e a soli due secondi dalla top 10 nella classifica generale finale. Anche lui, come Almeida, sarà un corridore che farà molto parlare di sé nei prossimi anni.
6: Joao Almeida
Per 15 giorni i sogni di ottobre suoi, del Portogallo e della Deceuninck si tingono di rosa. Ma questo è solo l’highlight di una splendida prima stagione nel World Tour per il classe ’98. Le prime avvisaglie del suo talento si vedono alla Vuelta a Burgos, chiusa in terza posizione, ma senza le luci dei riflettori, tutte appannaggio del compagno Remco Evenepoel. L’infortunio del belga, poi, apre degli spazi inaspettati al lusitano, che ne approfitta alla grande, già sulle strade del Giro dell’Emilia, quando sembra attaccare nel momento giusto, salvo poi crollare proprio all’interno del chilometro finale. Al Giro, dopo una splendida crono inaugurale, al terzo giorno si prende la maglia di leader, senza che nemmeno lui sappia fin dove potrà arrivare (non aveva mai disputato una corsa di tre settimane). Alla fine, andando anche alcune volte vicino al successo di tappa, riuscirà a tenere la maglia per quindici giorni, impresa che alla sua età era riuscita solo a Eddy Mercxk. Alla fine conclude anche la sua corsa con un quarto posto in classifica generale che, viste le qualità mostrate, potrebbe essere persino migliorato nei prossimi anni.
7: Sepp Kuss
Lo scalatore statunitense ha raggiunto quest’anno la piena maturità. 26 anni da Durango, in Colorado, è stato l’uomo di fiducia di Primož Roglič al Tour de France e alla Vuelta a España, chiusi rispettivamente al 15° e al 16° posto. Il suo lavoro è stato encomiabile e assolutamente impeccabile, soprattutto quando le pendenze cominciavano a farsi arcigne. Sono infatti ancora negli occhi di tutti gli appassionati le sue prestazioni sulle Alpi in Francia, soprattutto sul Grand-Colombier e a Méribel e poi in Spagna sull’Angliru. Il suo capitano lo ha tradito soltanto nel primo caso, mentre ha potuto godersi il successo del capitano a Madrid, nella speranza di poter essere lui al suo posto l’anno prossimo. Nel frattempo, è riuscito anche a ritagliarsi un successo personale a Megève al Giro del Delfinato.
8: Filippo Ganna
Il talento di Filippo Ganna non era certo una novità, ma questa stagione lo ha proiettato in una dimensione decisamente superiore al preventivabile. Il 24enne piemontese, che arrivava dall’ottimo terzo posto dei Mondiali a cronometro dello Yorkshire, aveva già impressionato alla Vuelta a San Juan di gennaio ma dopo il lockdown ha ingranato una marcia altissima. Il Campionato Italiano è stato soltanto il preludio allo schiacciante successo iridato di Imola e alle quattro vittorie di tappa al Giro d’Italia. Top Ganna ha sbaragliato la concorrenza nelle tre cronometro individuali, togliendosi pure la soddisfazione di vincere in solitaria a Camigliatello Silano. In conclusione un’annata da ricordare che sembra proprio rappresentare un trampolino di lancio per una carriera da campione.
9: Richie Porte
Il tanto agognato podio al Tour de France arriva nell’anno in cui ormai non ce lo si aspetta più. Forse neanche lui visto che prima della Grande Boucle aveva già firmato un contratto con la Ineos Grenadiers per tornare a fare il gregario nella squadra che aveva lasciato per emanciparsi e giocarsi le sue carte in prima persona. Lungo le strade transalpine invece evita la sfortuna che di solito lo colpisce, schivando le numerose cadute che fanno fuori anche molti suoi rivali, ma non sfigura neanche in salita, trovandosi spesso ad essere fra gli ultimissimi a perdere contatto, fino a concretizzare il suo sogno grazie ad una eccezionale cronometro all’ultimo giorno utile. Vederlo lì davanti non è una sorpresa per le sue qualità, quanto piuttosto perché in tanti anni non c’era mai riuscito e in un anno in cui sono stati praticamente ovunque i giovani ad emergere, lui è l’unico “vecchietto” a tenere alta la bandiera nei grandi giri.
10: Søren Kragh Andersen
Il danese era un talento in procinto di sbocciare, ma dopo le difficoltà della passata stagione quest’anno va decisamente oltre le aspettative. Protagonista sin da inizio stagione con un bel terzo posto alla Omloop Het Nieuwsblad, si fa trovare pronto praticamente in ogni corsa a cui partecipa, raddoppiando il suo bottino di vittorie in carriera grazie agli splendidi successi a Parigi – Nizza e Tour de France, in cui vince ben due tappe, nonché con la vittoria nella crono del BinckBank Tour, in cui serve un maestoso Mathieu Van Der Poel per batterlo di una manciata di secondi. Corridore da pavé, ottimo passista, capace di superare bene gli strappi, ma anche di resistere alle salite più lunghe, pronto a lavorare in supporto della squadra quando non tocca a lui in prima persona, a 26 anni raggiunge una nuova dimensione e potrebbe decisamente crescere ancora, proponendosi come uno di quei corridori che possono vincere un po’ ovunque.
Menzione Speciale: Tadej Pogacar
Il trionfo di Tadej Pogacar al Tour de France è stato sicuramente uno dei migliori momenti di quest’anno e una sorpresa non da poco. Tuttavia, il successo dello sloveno, dopo lo splendido terzo posto alla Vuelta a España lo scorso anno, non è da considerare così sorprendente visto che faceva parte di quei corridori che erano in molti a considerare più che un outsider, ma uno tra i maggiori pretendenti alla Maglia Gialla a Parigi.
Da Ekoï è già Black Friday! Tutto il sito al 60%! |
Ascolta SpazioTalk! |
Ci trovi anche sulle migliori piattaforme di streaming |