Le Sorprese del 2019
Al termine di un lungo dibattito interno, continua la nostra analisi del 2019. Dopo aver chiuso la settimana dedicata ai Migliori Momenti della stagione appena trascorsa, è tempo ora di scoprire chi sono le 10 Sorprese del 2019, i corridori che secondo la nostra redazione hanno saputo sorprendere di più durante quest’anno. Giovani alla ribalta e corridori già affermati che sono andati oltre le aspettative figureranno in questa classifica, maturata al termine di una consultazione interna che ha fatto emergere profonde differenze di giudizio, mediate per proporvi i nostri dieci nomi che, come sempre, scopriremo insieme giorno dopo giorno nel corso di questa settimana fino ad arrivare a domenica con la top 10 definitiva.
1: Tadej Pogačar
La vera, grande sorpresa della stagione arriva dalla Slovenia. Pogačar si era presentato con buone referenze da Under 23, dopo il successo al Tour de l’Avenir, ma riuscire a essere protagonista assoluto nel suo primo anno da professionista non era affatto scontato. Fin dai primi appuntamenti, con la vittoria di tappa e della classifica generale alla Volta ao Algarve, neanche un mese dopo aver assaggiato il mondo dei grandi, mostra subito di che pasta è fatto. Miglior giovane al Giro dei Paesi Baschi e dominatore del Giro di California, il classe ’98 ha mostrato poi il meglio di sé in una Vuelta a España corsa al meglio contro alcuni dei più grandi avversari del circuito mondiale. I tre successi in Spagna, ognuno con una firma diversa, ma tutti accomunati da grande tenacia e potenza in salita, lo hanno proiettato a soli 23 anni tra i corridori da tenere in considerazione per le corse da tre settimane. In particolare, l’azione solitaria nella ventesima frazione della Vuelta, con quasi 30 km davanti al gruppo, ha mostrato le sue immense qualità e gli ha permesso di salire sul podio della corsa di tre settimane, risultando uno dei più giovani di sempre a riuscire in quest’impresa. Nel corso della sua prima stagione da professionista Pogačar è migliorato costantemente e in maniera importante: dovesse continuare con la sua crescita in questo modo, potrebbe aspirare a entrare tra i grandissimi di questo sport.
2: Remco Evenepoel
3: Mads Pedersen
Nella sfida tra i grandi favoriti ai Campionati del Mondo di Yorkshire 2019, alla fine è stato il decisamente meno conosciuto e poco atteso Mads Pedersen a pescare il jolly. 24 anni ancora da compiere, fino a quel momento aveva racimolato nei primi tre anni alla Trek-Segafredo soltanto vittorie di secondo piano, cogliendo comunque piazzamenti di prestigio come il secondo posto al Giro delle Fiandre nella passata stagione. Nel corso del 2019 tuttavia non aveva impressionato, disputando solamente una buona Tirreno-Adriatico e poco altro, almeno fino alla vittoria nella GP d’Isbergues – Pas de Calais, giusto una settimana prima dell’appuntamento iridato. Giunto in forma ottimale nello Yorkshire, riesce a sfruttare al meglio il lavoro di una Nazionale competitiva, con Jakob Fuglsang e Michael Valgren sugli scudi, e la poca pressione addosso. Nel finale, quando sembrava ormai doversi accontentare del secondo posto alle spalle di Matteo Trentin, piazza la zampata decisiva lasciando di stucco tutti quanti e regalando un traguardo mai raggiunto prima dalla Danimarca. La speranza per lui, è che questa sia soltanto la prima di una lunga serie di soddisfazioni per un corridore che sta dimostrando un talento cristallino.
4: Mathieu van der Poel
Che fosse forte, fortissimo, si era già capito. Con le ruote grasse si era dimostrato imprendibile e anche il suo 2018 su strada era stato notevole, tanto da risultare anche Campione nazionale neerlandese. Ma nella stagione appena conclusa Mathieu van der Poel ha fatto letteralmente sobbalzare tutti, mettendo in mostra qualità da assoluto fenomeno. Basti pensare a quel che ha combinato alla Amstel Gold Race, quando, una volta trovatosi da solo, ha messo in scena un inseguimento da romanzo, piombando sui primi negli ultimi metri e tirando dritto fino alla vittoria. E che dire di quel che ha fatto vedere al Tour of Britain, dove ha messo in scena un fantastico duello con Matteo Trentin: l’italiano, però, ne è uscito sempre sconfitto, mentre van der Poel metteva in fila vittorie di tappa e si prendeva anche la classifica generale. Fra i grandi protagonisti anche a un’edizione memorabile del Giro delle Fiandre (quarto), ha lasciato il segno praticamente in tutte le corse cui ha partecipato. Poi, il momento Mondiale, quello che sembrava poterlo già proiettare nella storia e che invece lo ha mostrato umano: propiziatore di quella che sarebbe poi diventata la fuga buona, il corridore della Corendon-Circus si è letteralmente spento a pochi chilometri dall’arrivo, staccandosi dai primi e arrivando al traguardo con più di 10 minuti di ritardo. La maglia iridata lo ha respinto, quindi: ma per quello che ha fatto vedere in questo 2019, il futuro è tutto di Mathieu van der Poel.
5: Jakob Fuglsang
A 34 anni, di gran lunga la migliore stagione della carriera di un corridore che sinora sembrava essere una promessa non mantenuta. Cambiate alcune abitudini nella sua preparazione, anche da un punto di vista alimentare, il danese appare da subito in splendida forma, vivendo una primavera di altissimo livello. Protagonista nelle corse di una settimana (tappa e podio alla Tirreno – Adriatico, quarto al Giro dei Paesi Baschi corsi scortando al successo il compagno Ion Izagirre), è soprattutto nelle Classiche che si esalta. Dal secondo posto alla Strade Bianche, al triplo podio al Trittico delle Ardenne, con la ciliegina dell’impresa alla Liegi – Bastogne – Liegi, il corridore scandinavo si impone come uno degli uomini forti della disciplina. Dopo lo stacco torna e vince subito il Giro del Delfinato, prima di uno sfortunato Tour de France da cui è costretto al ritiro. Torna alla Vuelta a España in cui corre inseguendo la forma, trovando comunque modo di conquistare una tappa e supportando il capitano Miguel Angel Lopez. Poi nuovi piazzamenti di rilievo nelle corse di un giorno, nelle quali si candida ad un ruolo primario per il 2020, a partire da Olimpiadi e Mondiali.
6: Emanuel Buchmann
Stagione di grande consistenza per il 27enne tedesco che nel suo approccio al Tour de France nei dieci tutte le corse a tappe a cui partecipa, con i podi a Giro dei Paesi Baschi e Giro del Delfinato che ne mostrano la grande crescita. Alla Grande Boucle conferma tutta la sua crescita con un bel quarto posto finale, correndo con parsimonia e intelligenza nell’arco delle tre settimane, nelle quali si fa notare anche all’attacco. Dopo un meritato periodo di stacco, torna protagonista per le ultime corse facendo vedere di poter dire la sua anche nelle classiche. Per il longilineo classe 1992 un notevole salto di qualità, che gli permette anche di conquistare quest’anno i suoi primi due successi a livello internazionale. Ora bisogna alzare ulteriormente l’asticella.
7: Giulio Ciccone
Giulio Ciccone arrivava alla Trek-Segafredo con in dote tre buone stagioni in crescendo alla Bardiani-CSF che avevano lasciato intravedere un discreto talento e buone doti da lottatore. Il 24enne scalatore abruzzese è stato invece capace di dimostrare molto di più nel corso del suo primo anno nel WorldTour, facendo innamorare di lui moltissimi tifosi. Il suo 2019 si è infatti subito aperto con un successo di tappa nel Tour du Haut var, a febbraio, seguito da una buona Parigi-Nizza. Il passo in avanti decisivo lo fa però al Giro d’Italia, nel corso del quale va in fuga praticamente ogni giorno, conquistando il successo di tappa a Pontedilegno e la maglia azzurra di miglior scalatore con un margine enorme su Fausto Masnada. Archiviate le fatiche del Giro, ha entusiasmato poi la decisione di presentarsi anche al via del Tour de France con la solita grinta, che gli ha permesso di sfiorare il successo di tappa a La Planche des Belles Filles e di indossare per due giorni la Maglia Gialla. Ciccone ha affrontato una stagione sempre all’attacco che, oltre ad avere conquistato il pubblico, fa ben sperare anche per un futuro da uomo di classifica.
8: Sergio Higuita
Arrivato alla EF Education First soltanto il primo maggio dopo un breve apprendistato alla Equipo Euskadi, Sergio Higuita si è fatto apprezzare fin da subito. Il classe 1997 ha infatti esordito dopo pochi giorni al Giro di California arrivando al secondo posto a gran sorpresa. Dopo un paio di mesi di riposo, è tornato a correre al Giro di Polonia con un incoraggiante quarto posto che ha convinto la dirigenza della squadra statunitense a portarlo alla Vuelta a España. Il suo primo Grande Giro è un trionfo inaspettato, con il quattordicesimo posto finale e, soprattutto il successo di tappa di Becerril de la Sierra arrivato al termine di una lunga fuga. Il quarto posto ai Mondiali Under 23 e il terzo al Giro dell’Emilia sono quindi due importanti punti fermi da cui ripartire nel 2020. Non è ancora uno dei nomi più popolari tra i giovani emergenti, ma il talento c’è tutto per entrare a far parte della “classe d’oro” degli scalatori colombiani nati nel 1997, di cui fanno già parte Egan Bernal e Ivan Sosa.
9: Richard Carapaz
L’accoglienza da eroe in patria dopo il trionfo al Giro d’Italia 2019 è l’immagine che meglio rappresenta la sua stagione. Nonostante il bel quarto posto ottenuto nell’edizione del 2018, erano davvero in pochi a credere in un suo successo nella Corsa Rosa di quest’anno, vista anche una startlist che vantava nomi del calibro di Tom Dumoulin, Primoz Roglic e Vincenzo Nibali. L’infortunio del primo e l’attendismo degli altri due gli aprono l’occasione della vita, che lui sfrutta come meglio non potrebbe, correndo col piglio del corridore navigato. Il suo capitano designato Mikel Landa è costretto dalla strada a diventare il suo gregario e a guardarlo vincere due tappe e la classifica generale. Nel resto della stagione, a parte una buona Vuelta a Burgos, conclusa al terzo posto, fa parlare di sé più per il passaggio alla Ineos che per i risultati su strada. Tuttavia, con il successo al Giro è entrato per sempre nella storia del ciclismo in maniera quasi del tutto inaspettata a inizio stagione e con il passaggio alla formazione di Dave Brailsford è pronto a scrivere nuove indelebili pagine.
10: Maximilian Schachmann
Il passaggio alla Bora-Hansgrohe non ha frenato per nulla la crescita di Maximilian Schachmann. Al contrario, forse anche contro le aspettative dopo l’addio alla corazzata Deceuninck-QuickStep, il tedesco vince molto più che nel resto della carriera grazie a uno strepitoso inizio di stagione in cui si prende un successo di tappa alla Volta a Catalunya e ben tre vittorie al Giro dei Paesi Baschi. A questi vanno aggiunti i trionfi al GP Larciano e il titolo di Campione Nazionale, arrivato poco prima di presentarsi al Tour de France, dove non è riuscito a brillare a causa di un infortunio alla mano dopo la caduta nella cronometro di Pau che l’ha costretto al ritiro, condizionandone anche il finale di stagione. Forse più inattesa delle vittorie ottenute è inoltre la crescita esponenziale nelle Classiche, che lo hanno visto esaltarsi nel Trittico delle Ardenne, affermandosi come uno dei migliori specialisti entrando in top 5 alla Amstel Gold Race e alla Freccia Vallone, prima di salire sul podio alla Liegi-Bastogne-Liegi.
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Arrivare tra i professionisti con gli occhi di tutti puntati addosso e riuscire comunque a sorprendere è qualcosa di straordinario. Il talento belga si era presentato tra i grandi da dominatore assoluto degli juniores, di cui era diventato campione del mondo su strada in linea e a cronometro. Terzo nella prima cronometro della sua carriera e nono in classifica generale nella prima corsa a tappe, il San Juan, il classe 2000 è andato in crescendo nel corso della stagione. In estate il suo talento puro è sbocciato in maniera definitiva, prima con la vittoria di tappa e della classifica al Giro del Belgio, poi con il colpaccio alla Adriatica Ionica Race. Ma il vero capolavoro è arrivato alla Clasica San Sebastian, quando dopo una foratura è riuscito a rientrare sulle code del gruppo e attaccare con un’azione solitaria vincente. Un numero che sarebbe stellare per un veterano e diventa pazzesco per un rookie poco più che maggiorenne come lui. Campione europeo e vice campione mondiale a cronometro per di più, con pochissimo tempo di adattamento ai ritmi e alle medie dei più grandi. Davvero qualcosa di clamoroso, nonostante aspettative già altissime.