Pagellone 2017, O – S: Porte, Quintana, Sagan
Continua il nostro viaggio alla scoperta dei promossi ed i bocciati di questa stagione. In rigoroso ordine alfabetico analizzeremo i quelli che sono stati i nostri migliori (ma anche i peggiori) corridori del gruppo, cercando di analizzarne il rendimento nel nostro Pagellone 2017. Lettera per lettera scopriremo i corridori che si sono distinti in positivo e quelli invece in negativo di questa ultima stagione, ricca di emozioni e di sorprese.
LA SECONDA PARTE DELLE PAGELLE
LETTERA O
Yoann Offredo (Wanty – Groupe Gobert), 6.5: Dopo dieci anni nel WorldTour il corridore francese riparte dalla Wanty – Groupe Gobert per avere maggiori possibilità. I risultati si vedono sia al Giro delle Fiandre che alla Parigi – Roubaix, chiudendo entrambe le corse in quattordicesima posizione. Un risultato positivo, soprattutto perché si tratta del migliore in carriera in entrambe le corse. Al Tour de France invece corre spesso e volentieri all’attacco, senza però riuscire a portare a casa un buon piazzamento.
Sam Oomen (Team Sunweb), 7: Il giovane talento neerlandese continua a crescere. Nelle corse a tappe di una settimana si piazza sempre intorno alla Top10 e anche alla Vuelta il rendimento è molto positivo, prima del ritiro nella quattordicesima frazione per problemi fisici. Molto positivo anche l’undicesimo posto al Lombardia, nel quale sfrutta al massimo il forfait forzato di Dumoulin.
Nelson Oliveira (Movistar), 6: Spesso al servizio dei suoi compagni, sfiora l’impresa ai Campionati del Mondo dove si piazza al quarto posto. Solo sette secondi lo separano dal terzo gradino del podio in quello che sarebbe stato un risultato da incorniciare.
Daniel Oss (BMC), 6.5: Il portacolori della BMC anche quest’anno lavora per i compagni di squadra e lo fa alla perfezione. In particolar modo da incorniciare la prova alla Roubaix, visto che, seguendo il tentativo di Sagan, permette a Van Avermaet di stare tranquillo dietro e risparmiare energie. Una corsa gestita in maniera perfetta dal corridore italiano, permettendo al suo compagno di squadra di centrare alla fine il successo.
LETTERA P
Jarlinson Pantano (Trek – Segafredo), 5.5: Il colombiano arriva alla Trek – Segafredo per supportare i capitani. Svolge il suo lavoro sia al Tour de France che alla Vuelta, sfiorando il successo di tappa in quest’ultima,battuto dal solo De Gendt. Delude un po’ invece quando ha la possibilità di correre da capitano, non riuscendo praticamente mai a mettersi in mostra.
Andrea Pasqualon (Wanty – Groupe Gobert), 7: Stagione dai due volti per l’italiano. Nella prima parte dell’anno il portacolori della Wanty – Groupe Gobert fatica dal punto di vista dei risultati, centrando qualche piazzamento, senza però sembrare mai di esser in grado di lottare per la vittoria. La svolta alla stagione però arriva con il Tour, visto che dopo la Grande Boucle emerge un nuovo Pasqualon. Ben quindici infatti i piazzamenti del corridore veneto, fra i quali spicca sicuramente la vittoria alla Coppa Sabatini, una corsa che il portacolori della Wsnty – Groupe Gobert inseguiva da anni.
Serge Pauwels (Dimension Data), 6: Il belga riesce finalmente a sfatare il tabù vittorie. In dodici stagioni non era infatti riuscito mai ad alzare le braccia al cielo (l’unico successo è quello a Faenza nel Giro 2009, arrivato però dopo la squalifica di Bertagnoli), riuscendo a togliersi questa soddisfazione nel 2017 grazie ad una bella vittoria nella tappa finale del Tour de Yorkshire, andando così anche a conquistare la classifica generale. Delude un po’ nei Grandi Giri, nei quali prova qualche fuga, senza però mai riuscire a brillare.
Franco Pellizotti (Bahrain – Merida), 7: Il ritorno nel WorldTour porta ad un cambio di ruolo per l’esperto ex campione italiano, che si fa trovare sempre presente. In salita è il gregario più importante per Nibali e sono diverse le occasioni in cui si mette in mostra, sia al Giro d’Italia che alla Vuelta a España, dimostrando tutte le sue qualità.
Matteo Pelucchi (Bora – Hansgrohe), 5: Per il secondo anno consecutivo il velocista italiano non riesce ad alzare le braccia al cielo. Diversi i piazzamenti, ma ad inizio anno ci si poteva sicuramente aspettare qualcosa in più.
Thibaut Pinot (FDJ), 7.5: Il corridore francese decide di concentrarsi per una stagione sul Giro d’Italia e la scelta a fine anno non risulta essere sbagliata. Dopo un buon avvio di stagione, il capitano della FDJ sfiora infatti il podio nella Corsa Rosa, fermandosi a soli 37 secondi dal terzo posto di Nibali. Al Tour invece la condizione non è ottimale e fatica più del dovuto, avendo comunque messo da parte le proprie ambizioni prima della partenza, ma nel finale di stagione torna protagonista, provando a lasciare il segno nelle varie classiche italiane, nelle quali dimostra tutto il suo carattere.
Stefano Pirazzi (Bardiani – CSF), 0: Il corridore laziale rovina la sua intera carriera. Non c’è nessuna giustificazione per la scelta che l’ex Bardiani – CSF ha deciso di fare in vista del Giro d’Italia. Fortunatamente, l’UCI non si è fatta trovare impreparata ed ha deciso di infliggerli una lunga squalifica.
Wout Poels (Sky), 7: 2017 molto particolare. Il neerlandese è infatti costretto a saltare tutta la prima parte dell’anno per un problema al ginocchio, dovendo dare forfait alle Classiche delle Ardenne e poi al Tour de France, per il quale non recupera in tempo. Il rilancio però parte da fine luglio, con un ottimo Giro di Polonia chiuso al terzo posto. Un risultato che gli vale la convocazione alla Vuelta a España, nella quale finalmente si può riammirare il vero Poels. Il corridore della Sky supporta infatti nel migliore dei modi Froome, riuscendo inoltre a chiudere la corsa al sesto posto in classifica.
Jan Polanc (UAE Team Emirates), 7.5: Lo sloveno è una delle sorprese del Giro d’Italia. Dopo la vittoria sull’Etna il portacolori della UAE Team Emirates decide di testarsi in classifica generale, riuscendo alla fine a piazzarsi all’undicesimo posto. Alla Vuelta invece decide di concentrarsi solo ed esclusivamente sulla vittoria di tappa, andandoci vicino in due occasioni nella prima parte di corsa.
Richie Porte (BMC), 7.5: La sfortuna ci vede benissimo quando si tratta di Richie Porte. Dopo una prima parte di stagione da incorniciare, con la vittoria del Tour Down Under e una Parigi – Nizza chiusa fuori dalla Top10, ma corsa da protagonista, le quotazioni dell’australiano al Tour de France erano in netta risalita. Il secondo posto al Delfinato aveva confermato la buona forma del portacolori della BMC, che aveva cominciato il Tour nel migliore dei modi, lottando alla pari con i migliore, prima che nella discesa del Mont du Chat ponesse fine alla sua Grande Boucle e alla sua stagione con una brutta caduta.
Lukas Pöstlberger (Bora – Hansgrohe), 6.5: Il corridore austriaco sorprende tutti al Giro d’Italia beffando il gruppo nella prima frazione, conquistando di conseguenza anche la prima maglia rosa del Giro 100. Sfiora il bis a Terme Luigiane dopo una lunga fuga, correndo un Giro molto offensivo. Positiva anche l’esperienza nella campagna del nord, nella quale riesce a centrare un ottimo quinto posto alla E3 Harelbeke.
Filippo Pozzato (Wilier – Selle Italia), 4.5: Un buon Giro delle Fiandre non può bastare a salvare una stagione molto negativa. Sono poche infatti le occasioni in cui il vicentino si fa notare in corsa, ancora meno quelle in cui può lottare per la vittoria. Uomo molto importante per la sua squadra, non solo per l’aspetto sportivo, ha dimostrato di avere ancora le possibilità per farsi notare, ma sembra mancargli quello scatto mentale in grado di fare la differenza.
Domenico Pozzovivo (AG2R La Mondiale), 7.5: Stagione molto positiva per il lucano. Al Giro emerge sulla distanza, dimostrandosi uno dei migliori nell’ultima settimana di corsa, riuscendo così a chiudere la Corsa Rosa in sesta posizione, ma in lotta per il podio sino all’ultimo giorno. Buone prove anche al Giro di Svizzera e al Giro di Polonia, mentre alla Vuelta, dopo delle prestazioni positive nelle prime tappe, è costretto ad arrendersi in una giornata difficile dal punto climatico. Riesce però a lasciarsi subito alle spalle la delusione della Vuelta, chiudendo la stagione con un buon sesto posto al Lombardia.
Salvatore Puccio (Sky), 6.5: Il portacolori della Sky è ormai tra i più affidabili nel suo lavoro di supporto ai capitani. Quando deve tirare svolge infatti sempre alla perfezione il suo compito, riuscendo a supportare Froome anche in salita in alcune tappe della Vuelta a España. Sul pavé ci si poteva aspettare forse qualcosa in più dopo l’ottimo 2016, ma il bilancio complessivo rimane positivo.
LETTERA Q
Dayer Quintana (Movistar), 5.5: Anno difficile per il corridore della Movistar. Dopo aver disputato un buon 2016 si attendeva la conferma da parte del colombiano che non è mai riuscito però a trovare il colpo di pedale giusto.
Nairo Quintana (Movistar), 5: Quella che per molti sarebbe una stagione da incorniciare è invece un anno al di sotto delle aspettative per Quintana. Dopo una splendida prima parte, arriva al Giro come grande favorito, ma alla fine deve arrendersi a Dumoulin. Sbaglia poi la preparazione in vista del Tour de France, arrivando alla corsa francese scarico. Chiude la corsa fuori dalla Top10, prima volta nella sua carriera visto che nelle tre precedenti partecipazioni era sempre salito sul podio, prima di prendersi una lunga pausa per ricaricare le pile. I risultati si vedono visto che a fine stagione corre un buon Lombardia, tagliando il traguardo in nona posizione.
Manuel Quinziato (BMC), 6.5: Dopo sedici stagioni il corridore italiano decide di dire basta. Il ritiro arriva dopo l’ennesima stagione positiva in cui lavora sempre al servizio dei compagni di squadra. Riesce comunque a centrare due terzi posti, oltre alla vittoria nella cronosquadre della Tirreno, nella crono conclusiva del Giro e nella prova contro il tempo dei campionati nazionali. Lodevole il gesto di rinunciare al suo posto nella cronosquadre di Bergen, in quella che doveva esser la sua ultima corsa fra i professionisti, per lasciare spazio ad un compagno di squadra più adatto al percorso.
LETTERA R
Davide Rebellin (Kuwait-Cartucho.es), 7: All’alba dei 46 anni, l’azzurro trova subito la propria dimensione nella squadra asiatica raggiungendo risultati di tutto rispetto anche in Europa, su tutti il decimo posto ai Campionati Nazionali. Seppur di secondo piano, la vittoria in Indonesia al Tour de Banyuwangi Ijen non è una soddisfazione di poco conto.
Sébastien Reichenbach (FDJ), 6: Lo scalatore svizzero è la spalla ideale per Pinot al Giro d’Italia e si dimostra ampiamente all’altezza, ma la sua stagione non va oltre. Il finale di stagione è poi da dimenticare, con la caduta alle Tre Valli Varesine e annesse accuse a Moscon e la successiva frattura del bacino.
Maximiliano Richeze (QuickStep – Floors), 7.5: L’argentino è l’ultimo uomo che tutti i velocisti vorrebbero avere. Diversi dei successi di Gaviria sono infatti serviti su un piatto d’argento da Richeze, che riesce sempre a pilotare nel migliore dei modi il compagno di squadra. Inoltre, quando il portacolori della QuickStep – Floors ha carta bianca non si tira indietro, come testimoniano le due vittorie ad inizio anno e diversi buoni piazzamenti.
Nicolas Roche (BMC), 6,5: Il passaggio alla BMC giova all’esperto irlandese che riesce a ritagliarsi spazi personali importanti, soprattutto nelle corse a tappe. Corre con regolarità sia il Tour che la Vuelta, senza tuttavia riuscire a centrare un successo di tappa se non nelle cronosquadre. Chiude la stagione in crescendo con il terzo posto al Tour of Guagxi, rivelandosi una pedina fondamentale per la formazione statunitense.
Jürgen Roelandts (Lotto Soudal), 5: Il 32enne belga chiude la propria esperienza decennale nella compagine belga con una stagione sottotono. Alla Parigi-Roubaix non va oltre il 22° posto, mentre al Tour si piazza solo una volta in top ten in volata. La sua annata si chiude però alla Ride London – Surrey Classic per il riacutizzarsi di un problema all’anca.
Primož Roglič (LottoNL-Jumbo), 9,5: Stagione al limite del perfetto per l’emergente sloveno, che eccelle soprattutto a cronometro, specialità nella quale vince a Giro dei Paesi Baschi, Giro di Romandia, Ster ZLM Tour e si laurea vice-campione del Mondo. Ma le sue ambizioni vanno ben oltre e già quest’anno ha cominciato a raccogliere risultati importanti anche in salita, come dimostrano i piazzamenti tra i primi a Tirreno-Adriatico, Giro di Romandia e la vittoria a Serre-Chevalier al Tour de France. L’anno prossimo potremmo vederlo lottare per la classifica di un Grande Giro.
Jose Joaquin Rojas (Movistar), 6.5: C’erano diversi dubbi sulle condizioni in cui sarebbe rientrato il murciano dopo il brutto infortunio dell’anno scorso. Le risposte sono subito positive, con il portacolori della Movistar sempre pronto ai aiutare i compagni di squadra. Nel finale di stagione, in particolar modo alla Vuelta a España, ha maggiore libertà e sfiora in diverse occasioni il colpo grosso con diversi buoni piazzamenti.
Pierre Rolland (Cannondale-Drapac), 6,5: Tanta generosità, ma pochi risultati per lo scalatore francese che cerca in tutti i modi il successo di tappa al Giro d’Italia, riuscendoci finalmente a Canazei. Decide di disputare anche il Tour de France, ma la stanchezza accumulata e qualche acciacco non gli permettono di emergere.
Diego Rosa (Sky), 5: Che il piemontese passando alla Sky avesse meno spazio era prevedibile, ma ci si poteva aspettare molto di più da lui. Non si vede praticamente mai in azioni personali e in alcune occasioni non riesce a incidere neanche nel lavoro in supporto dei capitani.
Jaime Roson (Caja Rural – Seguros RGA), 6.5: Stagione positiva per lo spagnolo che si comporta molto bene in diverse brevi corse a tappe del calendario europeo. Sulla carta, qualcosa di meglio lo si poteva attendere alla Vuelta a España, dove si vede solo nella decima tappa chiusa al decimo posto, ma il bilancio complessivo rimane comunque molto buono e gli vale il passaggio nel WorldTour.
Luke Rowe (Sky), 6: Stagione agonisticamente discreta per il britannico che vince una tappa all’Herald Sun Tour e poi disputa un’onesta campagna primaverile sul pavé, culminata con il sesto posto alla Omloop Het Nieuwsblad. Gli è fatale però la frattura di tibia e perone rimediata facendo rafting durante l’addio al celibato del fratello, infortunio che mette a serio rischio anche il suo 2018.
LETTERA S
Juraj Sagan (BORA-hansgrohe), 6: Il più celebre dei fratelli d’arte è reduce dalla sua migliore stagione da quando è professionista. Non è riuscito a portare a termine il Tour de France, ma ha vinto il Campionato Nazionale slovacco in linea e si è difeso a Bergen, dove ha scortato piuttosto bene il fratello fino alle battute finali, come spesse è riuscito a fare in stagione.
Peter Sagan (Bora – Hansgrohe), 8.5: L’impossibilità di lottare per la maglia verde al Tour de France influenza notevolmente il giudizio complessivo sulla stagione del portacolori della Bora – Hansgrohe. Il bilancio finale parla di 12 successi con lo storico tris ai Campionati del Mondo come ciliegina sulla torta. Qualcosa in più però forse era lecito aspettarselo nelle classiche di primavera, che son partite con la Sanremo, dove comunque coglie un ottimo secondo posto, per arrivare alla sfortunata Roubaix.
Luis Leon Sanchez (Astana), 5: Stagione all’attacco per il murciano. Come di consueto lo spagnolo prova a mettersi in mostra con delle azioni da lontano, ma sia al Giro d’Italia che alla Vuelta a España non riesce a brillare, centrando solo qualche piazzamento. A fine anno arriva una bella vittoria al GP Beghelli, che non riesce però a riscattare la stagione del portacolori della Astana.
Kristian Sbaragli (Dimension Data), 5: Anno sottotono per il corridore toscano. Dopo una buona partenza, con diversi piazzamenti, il velocista della Dimension Data non riesce a brillare, complice anche un infortunio rimediato al Giro di Polonia che ne condiziona la seconda parte di stagione.
Michele Scarponi (Astana), 10: Al di là dei risultati sportivi fino al giorno della disgrazia, peraltro più che incoraggianti, il grande protagonista di questo 2017 resterà sempre lo scalatore di Filottrano. Una presenza costante per tutta la stagione, che non manca di commuoverci.
Rudiger Selig (Bora – Hansgrohe), 7: Il tedesco riesce a ritagliarsi il suo spazio nelle volate, nonostante la folta concorrenza in casa Bora – Hansgrohe. Al Giro lavora per Sam Bennett, ma riesce comunque a centrare dei buoni piazzamenti prima di ritrovarsi capitano negli sprint al Tour dopo il ritiro di Sagan. Per l’occasione Selig risponde presente, centrando quattro piazzamenti nella Top10.
Manuel Senni (BMC), 6.5: Anno molto particolare per lo scalatore della BMC. Le occasioni in cui poter provare a mettere in mostra le sue qualità sono poche, visto che spesso e volentieri deve supportare i propri capitani. I risultati però arrivano fin da inizio anno, con il terzo posto alla Volta a la Comunitat Valenciana, nonostante il lavoro per Hermans, ed il podio al Giro dell’Appennino. La vera occasione però il corridore romagnolo la coglie alla Colorado Classic, dove vince la classifica generale finale.
Sergey Shilov (Lokosphinx), 6.5: Mese di luglio da incorniciare per il corridore russo. In questi anni fra i professionisti il portacolori della Lokosphinx aveva mostrato a sprazzi buone qualità, ma in pochi si sarebbero aspettati una sua esplosione in corse come il Trofeo Matteotti o la Prueba Villafranca. Dopo il podio al campionato russo, centra il successo in entrambe le corse, attirando l’attenzione della Gazprom – Rusvelo che decide di ingaggiarlo per il prossimo anno.
Toms Skujiņš (Cannondale-Drapac), 5.5: Annata non particolarmente fortunata per il lettone che in pratica si fa vedere soltanto alla modesta Settimana Coppi e Bartali, dove vince la seconda tappa e si arrende in classifica generale soltanto a Calmejane. Per il resto, fa parlare di sé, oltre che per la lunga fuga alla Sanremo durante la quale il suo profilo twitter commentava la corsa, soltanto per la tremenda caduta rimediata nella seconda tappa del Giro di California che gli costa una commozione cerebrale e una clavicola rotta.
Marc Soler (Movistar), 7: Passi in avanti per il corridore spagnolo. Il portacolori della Movistar si mette infatti in mostra nelle corse a tappe di una settimana come Volta a Catalunya e Giro di Romandia, confermando tutte le sue qualità quando la strada sale. Alla Vuelta invece parte senza ambizioni di classifica e prova quindi a mettersi in mostra con delle fughe da lontano, centrando tre piazzamenti nella Top10 nella prima parte della corsa.
Simon Spilak (Katusha – Alpecin), 5.5: Il portacolori della Katusha – Alpecin si concentra come di consueto sulle corse a tappe di una settimana. I risultati nella prima parte di stagione non sono sicuramente quelli sperati, nonostante la Top10 al Giro dei Paesi Baschi, ma il riscatto arriva al Giro di Svizzera, dove riesce a centrare per la seconda volta in carriera la vittoria finale. Un po’ poco per lo sloveno che per il secondo anno consecutivo non riesce a brillare come ci si aspettava.
Ian Stannard (Sky), 5: Stagione senza acuti per il passistone britannico per il quale la tappa vinta all’Herald Sun Tour a febbraio resta l’unico podio stagionale. Sul pavé delude e poi alla Vuelta accompagna Froome alla vittoria lavorando nell’oscurità, ma senza glorie personali.
Jasper Stuyven (Trek-Segafredo), 8: Il 25enne belga ormai è una realtà di primissimo livello tra le ruote veloci, e non solo, riuscendo a disimpegnarsi alla grande su molteplici fronti. Dopo essersi portato a casa un sorprendente quarto posto alla Parigi-Roubaix è stato bravo a ricaricare le batterie in tempo per il Giro d’Italia, dove ha sfiorato più volte il successo, sia in volata che partendo da lontano. Stuyven incarna il prototipo del corridore moderno, in grado di reinventarsi tutto l’anno a seconda delle situazioni e che sicuramente crescerà ancora nei prossimi anni.
Zdeněk Štybar (Quick-Step Floors), 6: Stagione non pienamente positiva per l’ex crossista ceco che in pratica si è visto soltanto alla Parigi-Roubaix, quando si è dovuto arrrendere a Van Avermaet. Per il resto, soltanto qualche buon piazzamento primaverile a Kuurne – Bruxelles – Kuurne e Strade Bianche, la vittoria nel Campionato Nazionale ceco in linea e poco altro. Non abbastanza per un corridore come lui.
Ben Swift (UAE Team Emirates), 5: Con il cambio di squadra si pensava che il britannico potesse avere più spazio e centrare risultati importanti. Le attese però non vengono rispettate, con Swift che corre una lunga stagione molto anonima. Solo in due occasioni riesce a brillare, con il secondo posto nella penultima frazione del Giro del Delfinato in una tappa di montagna e il quinto posto ai Campionati del Mondo. Soprattutto quest’ultimo risultato dimostra le qualità del portacolori della UAE Team Emirates ed aumentano i rimpianti per un anno dal quale ci si aspettava molto di più.
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Troppo buoni con Pozzato, io gli avrei dato 3…
Il quinto posto sull’Angliru e il salvataggio del podio di Nibali rappresenta il fiore all’occhiello di un bravissimo Franco Pellizotti, giustamente premiato con un sette. Quello che ritengo meno positivo per il ciclismo italiano è che Franco (39 anni e mezzo), pur avendo fatto il gregario, si è piazzato tra i migliori italiani sia al Giro che alla Vuelta, in entrambi i casi poco dopo il ventesimo posto nella classifica finale. Condivido anche chi afferma che siete stati troppo buoni con Pozzato e a mio parere anche con Moser (nullo tutto l’anno) che a 26 anni pone il problema se era vera gloria i precedenti risultati.
Ritengo che il voto giusto per Porte sia 5,5 e lo motivo. L’avvicinamento al Tour ,con vittoria al Down Under, successo in una tappa della Parigi-Nizza, trionfo al Romandia e secondo posto al Delfinato a 10 secondi da Fuglsang, è stato indubbiamente positivo. Ma nel terzo grande giro corso coi gradi da capitano(dopo Giro 2015 e Tour 2016) l’obiettivo del podio è stato ancora una volta fallito. Questa volta per via di una caduta lungo la discesa del Mont du Chat nel corso della nona tappa del Tour. In virtù di ciò si sarebbe tesi a parlare di Porte come ciclista di primo livello ma puntualmente bersagliato dalla sfortuna. Penso invece che non se ne possa parlare in questi termini ma si debba evidenziare come il tasmaniano non sia capace di mantenere alta la concentrazione in ogni centimetro di gara, aspetto necessario se si vuole competere per risultati di prestigio. Quest’anno, dopo essere rimasto intruppato nei ventagli nella seconda frazione della Parigi-Nizza dovendo già dire addio alla classifica generale, alla Grande Boucle , scendendo dal Mont du Chat, si distrae quell’attimo che basta a a far sì che le ruote del suo mezzo finiscano sull’erba con inevitabile caduta e necessità di ritiro, vedendo frantumato l’obiettivo stagionale e dovendo, vista la gravità dell’infortunio ,rinunciare al resto della stagione che gli avrebbe offerto ancora una competizione allettante quale la Vuelta. L’incapacità da parte dell’australiano di mantenersi lucido in corsa si era già riscontrata al Giro 2015. Lì avrebbe potuto sicuramente centrare il podio visti gli ottimi risultati precedenti alla corsa rosa(primo nella crono nazionale, secondo al Down Under, quarto alla Vuelta ao Algarve, primo alla Parigi-Nizza, primo al Catalunya e primo al Trentino con cinque successi di tappa nelle varie gare) e le prestazioni alla pari di Contador ed Aru nelle frazioni con arrivo all’Abetone, a Campitello Matese ed a San Giorgio del Sannio, ma a 6 km dall’arrivo della decima tappa(Civitanova Marche-Forlì) fora e, facendosi prendere dall’ansia di rimontare il gruppo, si fa prestare la ruota anteriore dal connazionale Clarke non avendo l’avvedutezza di pensare che tale operazione, essendo Clarke di un altro team, gli sarebbe costata due minuti di penalità che si sono aggiunti ai 47″ di ritardo al traguardo. Inoltre nella tredicesima frazione rimane invischiato nella maxi caduta dei meno 3,3 km non facendosi trovare in un momento così topico nella parte alta del gruppo e poi, seppur standoci lo stato di sconforto e la fretta a rimontare in sella ,non ha la lucidità di considerare che la scelta di farsi dare la bici da uno 10 cm più alto di lui, Kiriyenka, non sia proprio così ottimale tanto che il tasmaniano arriva al traguardo con evidente difficoltà a guidare il mezzo, perdendo 2’08” ed abdicando da qualsivoglia ambizione di podio(infatti si ritirerà due tappe più tardi). Anche al Tour 2016 l’australiano paga la sua difficoltà a rimanere freddo in caso d’imprevisti. Alla corsa francese si presenta con un buon quarto posto al Delfinato e piazzamenti , nei mesi precedenti, testimoni della sua solita costanza di rendimento, quali il quarto al Catalunya, il terzo alla Parigi-Nizza ed il secondo al Down Under tranne la defaillance all’Oman ma nella seconda frazione fora ai meno 5 arrivando al traguardo con 1’45”,distacco che gli costa il podio finale a Parigi(sarebbe arrivato dietro al solo Froome a 3’32”). Sicuramente anche in tale circostanza la sorte gli gioca un brutto scherzo ma, se si vedono bene le immagini, si fa passare la ruota posteriore dal cambioruote e non da un compagno, cosa che gli avrebbe permesso di perdere meno tempo. Sicuramente non sarebbe dovuto intervenire Van Avermaet che poteva ambire alla vittoria di tappa(sarebbe finito ottavo) ma Caruso, che al momento della foratura era in testa al gruppo col tasmaniano alle sue spalle, sì. Posso pensare che Porte, accortosi di aver bucato, si sia fatto prendere ancora una volta dal panico non avendo la lucidità e la reattività di avvisare a voce o via radio Caruso di fermarsi ed è alquanto improbabile ritenere che ,nella riunione pre-gara, sia stato ordinato al siciliano, negli ultimi km, di rinunciare ad aiutare l’australiano in caso di guasto per continuare a scortare Van Avermaet visto che per la BMC l’obiettivo principe era la classifica generale. Ritengo che il Tour 2018 ,quando Porte avrà quasi 33 anni e mezzo, possa essere se non l’ultima, la penultima occasione per centrare l’ambito podio nelle corsa francese, tra l’altro il primo in un grande Giro. Se ciò non dovesse accadere inevitabilmente si inizierebbe a farsi concreta l’immagine di Porte come un ciclista di fondamentale importanza per le vittorie di Froome al Tour nel 2013 e nel 2015, capace di trionfare in corse WT di una settimana come Parigi-Nizza, Romandia ,Catalunya, Down Under, ma mai sul podio di un grande Giro per un motivo o per un altro. Non ci resta che attendere il mese di Luglio.
Grazie Giovanni per questa dettagliata disamina. Ragionamenti che effettivamente possono essere condivisibili, seppur nella loro severità. D’altro canto, hai pienamente ragione dicendo che un campione non deve esserlo solo nel fisico, ma anche nella mente. Non ci dimentichiamo comunque che la componente casuale, che possiamo chiamare fortuna/sfortuna, è necessariamente un elemento di cui bisogna tener conto, influendo in maniera importante la carriera e la vita di un atleta, nel bene o nel male. Non per giustificare, ma semplicemente per contestualizzare.