Lotto, Arnaud De Lie ammette: “Avevo perso la passione ed ero infelice in bici, ai massimi livelli è deleterio”

Arnaud De Lie ritrova la scintilla e si rilancia per un finale di stagione da protagonista. Dopo una primavera da dimenticare e un Tour de France in crescendo, il leader della Lotto ha ritrovato questa estate il gusto per la bici, con il secondo posto alla Classica di Amburgo, ma soprattutto conquistando il Renewi Tour al termine di una battaglia a tu per tu con Mathieu van der Poel – e uscirne vincente con il fenomeno neerlandese non è cosa da tutti. Capace di seguire il leader della Alpecin – Deceuninck nelle sue azioni offensive, il 23enne lo ha poi superato allo sprint nella tappa finale riuscendo così a ribaltare il verdetto che l’ex iridato stava costruendo con gli abbuoni agli intermedi. Un piccolo capolavoro che ne conferma tutte quelle qualità quest’anno rimaste troppo spesso nascoste.
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La breve corsa a tappe conquistata la scorsa settimana è stato così l’apice di una rinascita iniziata ai primi di giugno, dopo un periodo molto buio. “Ho provato sollievo già tre mesi fa, dopo essere arrivato terzo alla Brussels Cycling Classic – racconta a HLN – È stato allora che ho ricominciato a divertirmi in sella alla bici, quando ho sentito che potevo divertirmi là fuori. Quel terzo posto ha significato molto, non solo dal punto di vista emotivo, ma anche in termini di risultati. Dopo il Renewi Tour, ero soprattutto felice. E orgoglioso. Orgoglioso di essere riuscito a tornare al mio livello. In questo periodo l’anno scorso, mi sentivo come se avessi fatto un passo avanti. Ora provo di nuovo quella sensazione”.
Il classe 2002 spiega che i problemi prima erano più mentali che fisici, tanto che a un certo punto ha perso la gioia di andare in bici: “L’inverno era andato bene, poi mi sono ammalato. Di per sé non era un problema grave, ma per qualche motivo mi ha colpito duramente in seguito. All’improvviso tutto mi è sembrato… più complicato. Continuavo ad allenarmi, ma non con la solita passione. Ai massimi livelli, questo è deleterio. Tutti i pezzi del puzzle devono combaciare per ottenere risultati. Continuavo a seguire alla lettera il mio programma di allenamento. Facevo tutto quello che dovevo fare. Mi sono allenato con i tempi e nelle zone giuste, ne sono sicuro. Ma non provavo la sensazione giusta. Mi sentivo semplicemente infelice”.
E pensare che la stagione era tutto sommato iniziata bene, con una vittoria alla Etoile de Bessèges, la sua corsa di rientro, seguita poi da piazzamenti costanti tra Clasica de Almeria e Volta ao Algarve, dalla quale si era poi dovuto ritirare l’ultimo giorno. Arrivati in Belgio, nel periodo più atteso, qualcosa ha iniziato a non funzionare e tranne un comunque non eccezionale nono posto al GP de Denain, non si è mai visto davanti, concludendo lontanissimo dai migliori, fino al ritiro dalla Gand – Wevelgem, una delle corse principali per lui. A quel punto è arrivato uno sto di due mesi per resettare e ritrovarsi.
Cosa è cambiato? “Molto. Tutto, in realtà”, ammette colui che nei primi tre anni di carriera ha ottenuto ben 26 vittorie, con il GP De Québec come fiore all’occhiello: “Fisicamente, sento di aver fatto progressi. Ma ancora più importante è il modo in cui vedo il nostro sport ora. Non sento il dovere di allenarmi, posso semplicemente andare in bicicletta. Durante quel periodo difficile, ogni mattina era una lotta per alzarmi dal letto e salire in bici. Ho dovuto riscoprire quella piccola scintilla. E l’ho ritrovata […] Ora, quando esco per una lunga pedalata, mi assicuro che il percorso mi offra qualcosa di speciale, in modo che quelle ore in sella siano qualcosa di più di semplici chilometri e watt. Una bella chiesa, per esempio. Può essere qualcosa di piccolo. Agli occhi degli estranei potrebbe sembrare sciocco, ma per me non lo è. Ora cerco di variare di più. Uso un po’ di più la mia bici gravel. Vado in mountain bike quando posso. Pedalo più spesso con gli amici. Questo mi fa respirare”.
Oggi il corridore vallone è così uno dei grandi favoriti della Bretagne Classic, in cui insegue il suo secondo trionfo in una classica WorldTour, prima di tornare in Canada, corse nelle quali ha spesso brillato in passato, tanto che lo scorso anno riuscì a mettere in difficoltà anche Tadej Pogacar. L’anno andrà poi scemando, ma con lo sguardo ovviamente a un 2026 in cui non mancano le incognite, in particolare per la chiacchierata fusione della sua Lotto con la Intermarché-Wanty. Una eventualità che non lo preoccupa.
“Non ne so molto – chiarisce – Forse i media ne sanno più di me. Per me non cambia molto. Ho un contratto fino alla fine del 2026 e intendo portarlo a termine. Non posso dire molto di più, perché non ho alcun controllo sulla situazione. Proprio come non ho alcun controllo sul tempo. Sta a me adattarmi e concentrarmi sugli aspetti positivi. Non mi sto stressando per questo”.
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