Vincenzo Nibali ripercorre la sua carriera tra vittorie e accuse infondate: “Sono stato pedinato e mi sono entrati in casa, ma io sono sempre stato pulito”

Vincenzo Nibali torna a parlare della sua carriera. A pochi giorni dal via del Giro d’Italia, corsa che lo ha visto spesso tra i grandi protagonisti, lo Squalo dello Stretto torna a parlare dei suoi anni trascorsi in gruppo e lo fa in un’intervista al Corriere della Sera in cui, oltre ai racconti dei primi passi della sua carriera, non risparmia critiche e commenti sul suo ciclismo, in cui il doping era, purtroppo, uno dei principali protagonisti. “Io ho cominciato a 12 anni con mio papà e i suoi amici cicloturisti – racconta il siciliano – Sempre in salita, perché da Messina si esce solo scalando. A 15 anni vinsi una corsa a Siena e decisi di non tornare più a casa“.
Quella vittoria a Siena ha dato poi il via alla carriera di uno dei corridori più di successo della storia del ciclismo azzurro, capace di vincere, tra le altre, tutti e tre i Grandi Giri, Milano-Sanremo e Giro di Lombardia. Nonostante i tantissimi successi, però, Nibali non nasconde il rammarico per aver dovuto gareggiare in un’epoca in cui l’utilizzo di sostanze dopanti era diventato quasi la normalità: “Non mi sono mai posto la domanda di quanto ho perso per colpa del doping, probabilmente tanto. Alla Vuelta me la giocai con tale spagnolo Mosquera, poi radiato. E se avesse vinto lui e non l’avessero scoperto? Andavamo alle corse come si andava in guerra, era un fatto culturale per quella generazione. Detto questo, se non volevi non ti dopavi“.
Il classe 1984 racconta anche di esperienze decisamente spiacevoli che ha dovuto vivere nell’apice della sua carriera, quando, in quanto corridore di successo, su di lui ricadevano molti sospetti di utilizzo di sostanze illecite: “Vincevo, ero italiano e il boss della mia squadra, Vinokourov, aveva un passato ambiguo come altri manager. Sono stato pedinato, mi hanno aperto la macchina e controllato il telefono e sono sicuro che mi siano entrati anche in casa per trovare prove che non esistevano. I ciclisti erano bersagli facili. Mai nella vita mi sono dopato e soprattutto mai ho pensato di farlo. Mi hanno controllato un milione di volte, possono testare le provette tra cent’anni. A testa alta, sempre“.
I tanti successi ottenuti in carriera non hanno però mai cambiato l’uomo Vincenzo Nibali, spesso schivo e mai davvero abituato all’attenzione mediatica causata dalle sue vittorie: “Consideravo vincere una cosa normale, non riuscivo mai a lasciarmi andare. Inconsciamente credo che il passaggio da ragazzino discolo a uomo maturo mi abbia cambiato dentro: sempre con il freno a mano tirato tranne che in bici. Pensavo solo alla bici e quando mi affacciavo su un mondo a me sconosciuto mi chiudevo a riccio“.
Il messinese ripercorre, infine, i mesi successivi alla vittoria del Tour de France, da lui stesso definita un incubo: “Ero travolto, schiacciato da popolarità, richieste, tifosi e giornalisti. Quando passeggiavamo con la bambina in carrozzina ci assalivano. Con mia moglie Rachele volevamo solo scappare da tutto e tutti. Poi ci siamo abituati ma è solo quando ho smesso di correre che ho cominciato davvero a vivere“.
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