Una nuova inchiesta evidenzia ipermedicalizzazione in gruppo e alcuni timori dell’Agenzia Mondiale Antidoping

Niente di nuovo, ma da una inchiesta francese emerge un quadro poco rassicurante sull’utilizzo di prodotti medici in gruppo. Restando nella legalità, alcune squadre e corridori farebbero un eccessivo ricorso, o comunque avrebbero una eccessiva disponibilità di poterlo fare, di medicinali, integratori e altro per migliorare le prestazioni. Secondo quanto riportato dalla trasmissione di inchiesta della Cellule Investigation di Radio France, l’emittente pubblica transalpina, infatti, ci sarebbe una esposizione e un utilizzo improprio di alcuni prodotti medici che verrebbero usati per “migliorare le prestazioni e falsare le competizioni”, sfruttando quella che viene definita “una zona grigia di prodotti autorizzati“.

Un corridore francese avrebbe testimoniato riguardo l’utilizzo che viene fatto da parte di alcuni corridori di quella che viene chiamata “la bomba” (ricordando solo nel nome un prodotto illecito), ovvero un mix di voltaren, paracetamolo e caffeina, mentre un suo connazionale parla di una “Magic Box“, messa a disposizione dalla sua ex squadra la mattina della corsa, nella quale si può trovare caffeina, paracetomlo, teofillina, stimolante respiratorio, e tiocolchicoside, un anti infiammatorio e analgesico. Tutti prodotti assolutamente autorizzati, ma dei quali verrebbe fatto un uso improprio lasciando libertà di utilizzo ai singoli corridori.

Si parla inoltre nuovamente di chetoni, sempre più utilizzati in gruppo ormai, anche da squadre appartenenti al MPCC che inizialmente si erano dimostrate contrarie. Decathlon-AG2R La Mondiale, Arkea B&B Hotels e Groupama – FDJ ne hanno confermato l’utilizzo all’emittente transalpina, precisando che che “alcuni” dei loro corridori usano i chetoni “su base individuale”, che sono effettivamente “i corridori che comprano il prodotto” e che la squadra fornisce esclusivamente “follow-up medico” per quello che considerano un “integratore alimentare”. Si tratta ovviamente di un prodotto completamente legale, il cui utilizzo viene infatti apertamente riconosciuto da alcune squadre, ma oggetto ancora di alcuni studi. Fra questi, alcune ricerche britanniche citate dalla trasmissione mostrerebbero “che aumenta la concentrazione di EPO nel sangue, endogeno quindi prodotto dal proprio corpo, andando così a migliorare il recupero”,

Tra le procedure che vengono citate dall’inchiesta anche quanto era già emerso nei mesi scorsi, ovvero la pratica di inalare monossido di carbonio tramite i rebreather “per vedere come il corpo reagisce all’altura”. Una procedura che era stata riconosciuta da molti atleti anche di primo piano, proprio perché non inserita dall’Agenzia Mondiale Antidoping fra le pratiche illecite, anche se l’ente ha spiegato che sta “monitorando attentamente l’uso potenzialmente eccessivo di questo dispositivo”, mentre l’UCI ha fatto sapere i dati scientifici non ci permettono di attribuire al monossido di carbonio effetti sulle prestazioni superiori a quelli osservati in seguito all’allenamento in altitudine”.

Il macchinario, che serve a sviluppare ipossia, ovvero mancanza di ossigeno nel sangue, portando il corpo a stimolare la produzione di EPO e globuli rossi, era stato ideato per aiutare i pazienti sotto dialisi, e l’ematologo Gérard Dine, intervenuto ai microfoni della radio transalpina, ritiene che “si tratta di un uso borderline di un progresso biomedico […] che viene utilizzato in modo improprio per le prestazioni sportive”, ma va chiaramente ricordato  “che al momento non è considerato vero e proprio doping”. La procedura comunque, va ricordato, nei mesi scorsi era stata anche commentata dal piuttosto intransigente MPCC, che aveva detto di non volerne impedire l’utilizzo.

Ovviamente, si parla ancora una volta di microdosi, che andrebbero a portare variazioni minime e che se usate frequentemente potrebbero portare ad ingannare il passaporto biologico. Tra le sostanza sotto maggiore sorveglianza anche l’EPO, assolutamente rintracciabile nelle analisi, ma la stessa AMA ammette che non è sempre così… “Normalmente siamo in grado di rilevarla –  afferma il direttore scientifico e medico dell’Agenzia Olivier Rabin – Ma ce ne sono molte. Quando abbiamo iniziato 25 anni fa, veniva prodotta una sola EPO (sintetica). Oggi ce ne sono decine, se non centinaia, nel mondo”. Per non farsi trovare impreparata, l’AMA li ordina su Internet (ci sarebbero molti prodotti senza marchio realizzati in Cina e India) per farli analizzare in laboratorio e poi sviluppa un test per rilevarli, “ma dire che queste EPO generiche sono tutte rilevabili sarebbe un po’ pretenzioso, perché significherebbe che sono state tutte testate”.

A questo scenario si aggiunge la minaccia del Doping Genetico, che secondo l’AMA è un rischio “molto più concreto” rispetto anche solo a pochi anni fa. “In concreto, il doping genetico potrebbe consistere nell’aggiunta di un gene supplementare per l’EPO o l’ormone della crescita”, aggiunge Rabin, citando  due ormoni naturalmente presenti nel corpo umano, la cui produzione verrebbe così stimolata. Questo potrebbe permettere di “modificare l’espressione di un gene aggiungendo RNA messaggero per produrre più proteine” e secondo il dirigente dell’organismo che controlla e stabilisce i confini del doping questa non è da considerarsi fantascienza? “Negli Stati Uniti, i bio-hacker manipolano le sequenze genetiche per somministrarle agli animali o agli esseri umani – precisa – Questa è la realtà del mondo in cui viviamo e dobbiamo essere preparati a questa minaccia”.

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