Monossido di carbonio, Jonas Vingegaard si schiera: “Alcune squadre ne fanno un uso improprio, bisognerebbe vietarlo”

Il monossido di carbonio e il suo utilizzo nel mondo del ciclismo professionistico tornano sui tavoli di discussione. È peraltro uno degli interpreti più importanti del panorama mondiale, Jonas Vingegaard, a prendere una posizione molto significativa sul tema, che già nelle scorse settimane ha registrato diversi interventi. Nell’ultimo periodo, infatti, è emersa la pratica, abbastanza diffusa, di utilizzare il monossido di carbonio per misurazioni fisiologiche, legate in particolare a periodi di allenamento, già confermata in passato anche dallo stesso Vingegaard.

Da qualche angolo, però, si sono levate voci che parlavano di un utilizzo più intensivo del monossido di carbonio, che verrebbe inalato con l’intento di migliorare prestazioni. A seguito di queste voci, si è fatta sentire l’Unione Ciclistica Internazionale, anche nella persona del suo presidente David Lappartient, che ha chiesto all’Agenzia Mondiale Antidoping di vietare l’utilizzo del gas e di considerarlo quindi alla stregua di una pratica dopante. La stessa UCI, comunque, per quel che le compete, dovrebbe a breve approvare un provvedimento che vieti l’utilizzo del monossido di carbonio “al di fuori di un ambiente medico”.

Sulla stessa lunghezza di onda del presidente dell’UCI si esprime proprio lo stesso Vingegaard, stella della Visma|Lease a Bike: “La mia squadra ha utilizzato il monossido di carbonio per delle misurazioni sul sangue di noi corridori – le parole del danese affidate a Le MondeViene inalato per la prima volta prima di un periodo di allenamento in quota e poi ripetiamo l’operazione alla fine di questo periodo, per valutare il massimo consumo di ossigeno di ciascuno”.

Il danese, vincitore di due Tour de France e secondo altrettante volte nella grande corsa francese, sottolinea però: “Ci sono alcune squadre che ne fanno un uso improprio, inalando regolarmente basse dosi di monossido di carbonio, che è una cosa che provoca un significativo miglioramento delle prestazioni dei loro corridori. Questo non è giusto e penso che l’Agenzia Mondiale Antidoping dovrebbe vietarlo”.

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