Lidl-Trek, Quinn Simmons: “In gruppo sono tutti troppo perfetti – Su dieci interviste, nove volte si dicono le stesse cose”
Quinn Simmons ha già dimostrato di essere un personaggio particolare, nell’arco della sua carriera da professionista. Al netto dei suoi “soli” 24 anni, lo statunitense è in gruppo già dal 2020 e ha maturato già una certa esperienza al massimo livello. Molto riconoscibile per via dell’immagine personale e anche per il modo di correre, il corridore della Lidl-Trek ha anche avuto modo di esprimere opinioni in tema politico e sociale in passato, sollevando un vespaio di polemiche e finendo anche per essere sospeso dalla squadra. Di base, comunque, Simmons non ha cambiato il suo modo molto diretto di vivere la professione.
“Per me è importante avere un certo grado di personalità all’interno del gruppo – le parole dello statunitense in un’intervista concessa a Ride – E farsi notare. Lo sport è anche spettacolo e noi corridori dobbiamo capire che siamo gli artisti che creano questo spettacolo. Basta pensare a Peter Sagan: non c’era alcun dubbio che avesse un grande talento in bici, ma era anche uno che sapeva come esporsi da personaggio. Io ho voluto diventare un ciclista anche per essere come Sagan, non solo in termini di prestazioni, ma anche per il carisma”.
Dal suo punto di vista, Simmons vede questo carisma mancare nel ciclismo: “A volte hai l’impressione che tutti i corridori siano dei perfetti mariti per le tue figlie – il commento dello statunitense – Fanno tutto giusto e vogliono sempre essere dei professionisti perfetti, Ma io penso che si possa anche trovare il giusto mezzo fra il carisma e la precisione. Certamente, l’aspetto sportivo è quello più importante, ma io penso che non ci sarebbe niente di male nel dare al ciclismo un aspetto leggermente diverso”.
Idee per migliorare, secondo Simmons, lo scenario? “Penso che i personaggi più importanti del nostro sport debbano essere più diretti, come in Formula 1. Se guardi le conferenze stampa che ci sono al Tour de France, non sentirai mai Tadej Pogačar e Jonas Vingegaard sfidarsi a parole, per esempio. Nove volte su dieci diranno che sono stati in grado di fare una bella prestazione grazie al lavoro della squadra. Spesso sono anche concetti poco articolati…”.
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