Jayco-AlUla, Mauro Schmid: “Il ciclismo a volte è difficile, ma lavorare è ancora più dura”

Mauro Schmid ha saputo affrontare le difficoltà di inizio stagione e con il passare dei mesi ha visto svoltare il suo 2024. Il disastroso inizio anno lo ha visto ritirarsi da quasi tutte le corse a cui ha preso parse sino a maggio, ad eccezione della Amstel Gold Race chiusa con un anonimo 82° posto, ma dal mese di giugno le cose son cambiate. Dopo una pausa di un mese si è ritrovato in patria, cogliendo il primo piazzamento nella crono di apertura del Giro di Svizzera, per poi arrivare quinto nella crono dei campionati nazionali, di cui ha vinto la prova in linea. Tre giorni dopo era in Slovacchia per vincere la crono di apertura e correre da protagonista fino a conquistare la classifica generale, confermando buone prestazioni poi all’Arctic Race of Norway e correre una ottima Vuelta a España, ricca di fughe e piazzamenti, pur non trovando più il successo.

“Sia le vittoria che le sconfitte ti rendono più forte – analizza al termine della sua prima stagione con il Team Jayco AlUla – L’inizio non è stato facile a causa di un problema al ginocchio che non voleva guarire”. Poi è arrivato il campionato nazionale: “È stato qualcosa di speciale, ci ero andato vicino in un paio di occasioni e finalmente ci sono riuscito”.

Un risultato che gli ha fatto anche tornare la fiducia, così come importante è stata poi la Vuelta a fine stagione. “Ho imparato molto – commenta – Ero convinto che dovevo lasciarmi tutti alle spalle, ma a volte forse è meglio prendere il rischio di aspettare un po’ prima di attaccare”.

Cresciuto a pane e ciclismo nelle sue varie derivazioni, avendo anche corso da ragazzo in ciclocross, MTB e pista, ha saputo trovare in ogni disciplina un approccio che lo ha aiutato a crescere. “Sono mondi diversi, ma da ognuno puoi imparare – aggiunge – Ad esempio, non c’è niente meglio che fare fuoristrada e pista per imparare a guidare bene la bici”.

Ma una lezione importante gli è arrivata anche dal mondo esterno alla bici, qualcosa che gli è rimasto addosso e gli permette di affrontare quello che ora è il suo mestiere in modo diverso, imparando a relativizzare. “C’è stato un periodo in cui lavoravo come assistente in una autofficina e ho capito una cosa molto importante – sottolinea – Il ciclismo a volte è difficile, ma lavorare è ancora più dura”.

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