Pagelle Mondiali Kigali 2025: Pogačar è ancora il Magnifico, Evenepoel fra rabbia e classe – Healy inesauribile, Skjelmose fa meglio di Ayuso, Ciccone lotta fino alla fine
Tadej Pogačar (Slovenia), 10 e lode: Siamo ancora ben dentro all’era di Pogačar il Magnifico. Lo sloveno inizia a premere sull’acceleratore a più di 100 chilometri dal traguardo e, in pratica, non smette più, fatta eccezione per gli ultimi, festosi, chilometri. Sulle strade di Kigali matura così un’altra, enorme, impresa sportiva. Il suo ritmo respinge subito le ambizioni di Ayuso e poi consuma anche le energie di Del Toro, gli unici che inizialmente gli erano rimasti vicino. Dai -66 al traguardo, poi, è una sinfonia già vista ma non per questo meno avvincente e meritevole di ammirazione. I Mondiali ora sono due, consecutivi: l’impressione è che, finché avrà voglia di competere a questo livello, sarà difficile portargli via anche i prossimi.
Ben Healy (Irlanda), 9: Il percorso pareva perfetto per uno che lui, che ama pedalare al massimo senza pensare troppo a tattiche e strategie varie. Alla fine, l’impressione iniziale era corretta, con l’irlandese che è riuscito anche a gestire bene le energie e a chiudere, per quanto possibile, in crescendo, logorando gli altri “umani” nella lotta per la medaglia di bronzo. La sua è una crescita continua e costante e bisogna anche tenere conto del fatto che ha solo 25 anni; questo aspetto da un lato è molto positivo, ma dall’altro un po’ lo penalizza, visto che è praticamente coetaneo dei due marziani che gli sono arrivati davanti e che si ritroverà fra i pedali molto spesso anche in futuro.
Remco Evenepoel (Belgio), 8: Per quello che ha fatto in sella, la sua corsa sarebbe meriterebbe un “10” pieno, perché rientrare come ha fatto lui dopo due cambi di bicicletta (con tanto tempo perso) e concludere al secondo posto è un numero che ha i connotati dell’impresa. In mezzo però c’è una gestione dell’imprevisto un po’ troppo agitata, caratteristica che ritorna abbastanza di frequente quando le cose non gli filano perfettamente lisce. Questa volta, peraltro, un po’ più di calma gli avrebbe anche permesso di perdere meno tempo, al momento del secondo cambio di bicicletta. Quando la bici era “come voleva lui” ha comunque dimostrato, una volta di più, di avere un motore da grande campione.
Mattias Skjelmose (Danimarca), 8: Il quarto posto è un risultato che molto spesso viene visto male da chi lo raccoglie, ma il danese può essere sicuramente soddisfatto di quello che ha messo in una mostra in una gara simile. Si gestisce bene ed è presente in quelli che sono i momenti decisivi della corsa, almeno in tema podio. Gli manca giusto qualcosa per riuscire a tenere le ruote di Healy, ma si conferma corridore di fondo e di classe, forse (ma questo si vedrà con gli anni)
Toms Skujiņš (Lettonia), 8: Ancora fra i migliori a un Mondiale, il lettone si conferma un corridore di enorme peso quando le distanze si allungano e i percorsi si induriscono. La statistica che lo riguarda è notevolissima: fra gli ultimi tre Mondiali e la prova in linea dei Giochi Olimpici di Parigi non è mai uscito dai migliori 8 dell’ordine d’arrivo. Gli è mancata, in tutti e quattro i casi, la medaglia, ma la sua è una solidità da grandissimo atleta, che viene fuori quando gli altri si spengono.
Giulio Ciccone (Italia), 7,5: Era l’uomo su cui poggiavano le speranze dell’Italia e l’abruzzese ha portato a termine comunque una grande corsa. Il sesto posto non sarà un piazzamento che passerà alla storia, ma riguardando l’ordine d’arrivo e, soprattutto, i parametri di durezza di questa corsa, gli applausi a fine corsa sono più che meritati. È dove dovrebbe essere nei momenti chiave della corsa, considerando che stare con Pogačar nell’istante del primo attacco avrebbe anche potuto essere controproducente. Lui si rimprovera l’aver seguito Evenepoel in un attacco andato in scena a una cinquantina di chilometri dall’arrivo, ma, tutto sommato, era anche giusto, una volta in quella situazione di corsa, provare l’azzardo. Comunque, non deraglia e chiude con un risultato che migliora il bilancio di squadra rispetto al 2024.
Matic Žumer (Slovenia), 7,5: Certo, spendersi come gregario quando il tuo capitano è Tadej Pogačar è più semplice e tendenzialmente remunerativo, in termini di risultati finali. Lui però è un 27enne che corre per una Continental e che non ha alcun risultato significativo in carriera. Ebbene, non gli manca la grinta e la determinazione per mettersi in testa e per fare un buon numero di chilometri in quella posizione, ben assistito anche da Matevž Govekar (voto 7). Complessivamente, la Slovenia fa quello che deve fare avendo in squadra uno come “quello là”, ma lo ha fatto molto bene.
Afonso Eulálio (Portogallo), 7: In termini assoluti è la più grande sorpresa di giornata. Il portoghese tiene botta fino alla fine rispetto a corridori ben più noti e titolati di lui e porta a termine il suo primo Mondiale, nella sua prima stagione da professionista, con un nono posto molto significativo. E chissà che questo risultato, in una corsa così dura e qualificata, non lo porti su una dimensione maggiore rispetto a quella vissuta finora in carriera.
Primož Roglič (Slovenia), 6,5: Lui alla vigilia aveva già detto tutto, dall’alto della sua proverbiale sincerità: dobbiamo lasciare campo libero a Pogačar quando vorrà fare le sue cose, era stato in sostanza il suo pensiero. E così è andata. Comunque, di suo ci ha messo una presenza discreta ma importante nel gruppo degli inseguitori, facendosi vedere anche in un paio di occasioni come “marcatore”. Chiude undicesimo e considerando che non correva da quasi due mesi la sua è una più che meritata sufficienza.
Isaac Del Toro (Messico), 6,5: Prima di ogni considerazione, bisogna mettere sul tavolo il fatto che ha 21 anni. Puntualizzato questo, fa un numero eccezionale nel riportarsi su Pogačar e Ayuso dopo il Mont Kigali e nello stare con lo sloveno sul muro successivo. Il tutto, però, probabilmente lo porta ad andare oltre il limite e anche a stimolare qualche problema di stomaco, che lo condizionano nelle fasi successive. Grinta e carattere comunque non gli mancano, tanto che si riprende, parzialmente, con il passare dei chilometri e va a prendersi il settimo posto di giornata, firmando il miglior risultato della storia per un corridore messicano in una prova iridata.
Andrea Bagioli (Italia), 6,5: Lo si vede in momenti concitati e lo si vede anche nei (pochi) corridori capaci di portare a termine una gara durissima. Alla fine è 17esimo, risultato che dal punto di vista numerico conta il giusto; quello che rimane è una prestazione convincente e una bella dimostrazione di determinazione.
Juan Ayuso (Spagna), 6: Il discorso del “se ti avvicini troppo al sole finisci per bruciarti” lo hanno già fatto in diversi, commentando i rispettivi tentativi di stare con Pogačar quando lo sloveno mette in azione i retrorazzi. Varrà anche per lo spagnolo, che quella ruota l’ha tenuta per qualche chilometro e che si è afflosciato subito dopo. Non ha comunque deragliato e ha lottato con generosità fino al traguardo, chiudendo all’ottavo posto: le ambizioni, sue e della Spagna, però erano sicuramente più elevate.
Paul Seixas (Francia), 6: Il fattore “età” con lui è ancora più pesante, considerati i 18 anni che porta sulla carta d’identità. Tiene botta, almeno nelle seconde file, fino alla fine e al traguardo è il migliore dei francesi, tredicesimo. Ovviamente, deve ancora crescere per potersi attestare ai livelli altissimi che si sono visti in questa gara, ma una pacca sulla spalla se la merita, eccome.
Jan Christen (Svizzera), 5,5: Un altro giovane rampante che prende di petto una gara durissima e che finisce però per essere respinto. Prova l’avventura solitaria a caccia del podio quando alla fine mancano ancora una trentina di chilometri, ma rimane in riserva e chiude penultimo, fra i corridori giunti all’arrivo. Si è capito, già prima di Kigali 2025, che il coraggio non gli manca, ma andrà probabilmente un po’ disciplinato nel prossimo futuro.
Tom Pidcock (Gran Bretagna), 5,5: Stavolta, gli è mancato il fondo. È dove serve essere nel momento in cui la corsa esplode ed ha le gambe per far parte del gruppetto che poi andrà a giocarsi il podio. Si spegne però prima del dovuto, uscendo di scena mentre altri hanno ancora energie da spendere e artigliando un decimo posto che probabilmente non è linea con quelle che erano le sue speranze.
Jai Hindley (Australia), 5,5: Nel momento dell’esplosione della corsa è fra i più svegli ed è anche uno dei componenti del quintetto che prova ad avvantaggiarsi in tema podio. Come il sopracitato Pidcock, però, si spegne quando manca ancora troppo all’arrivo e deve accontentarsi di un piazzamento nella seconda pagina dell’ordine d’arrivo.
Quinn Simmons (Stati Uniti), 5: Come per Healy, la giornata era adatta ai pedalatori un po’ “matti”, quelli che si spremono senza stare a guardare troppo numeri e strategie. Lui fa lavorare anche i compagni di colori, ma finisce per uscire di scena quando la corsa passa da dura a durissima.
Jay Vine (Australia), 5: Era dato fra i potenziali favoriti, almeno per il podio, ma non è giornata. Si spende per qualche chilometro a favore del compagno di colori Hindley e poi si ritira, non dando seguito a quanto di ottimo fatto vedere nella cronometro e anche nelle settimane precedenti.
Egan Bernal (Colombia), 5: Di fatto, mai in gara, in quella che è stata una prova probabilmente troppo dura per quelle che sono le sue attuali potenzialità.
Richard Carapaz (Ecuador), 5: Il Mondiale era uno dei suoi grandi obiettivi stagionali, ma l’ecuadoriano ha perso il confronto, marziani a parte, con tanti corridori suoi “pari”. Rimane nel vivo dell’azione, almeno in tema piazzamenti, fino ai 220 chilometri percorsi e poi deve arrendersi alla stanchezza e al serbatoio vuoto.
Paesi Bassi, 5: Qualche mese fa il selezionatore neerlandese aveva detto che “senza Van der Poel abbiamo poche armi a disposizione per le gare di questo livello”. In effetti, il Mondiale di Kigali ha dimostrato la validità di questo assunto, con gli orange che si sono presentati con una formazione abbasta dimessa, oltre che non “piena” dal punto di vista della disponibilità numerica. Thymen Arensman (voto 5,5) ha provato a restare in corsa il più a lungo possibile, ma si è ritirato, così come quasi tutti i suoi compagni di colori, con il solo Bauke Mollema a concludere la gara.
Julian Alaphilippe (Francia), s.v.: Il suo Mondiale dura una trentina di chilometri, poi si arrende a quelli che vengono descritti come problemi gastrointestinali. Con lui se ne va una carta che avrebbe potuto essere importante per la Francia.
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