UCI, prosegue il lavoro sul progetto SafeR
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Il tema della sicurezza dei corridori torna prepotentemente al centro delle discussioni nel mondo del ciclismo. Dopo i due episodi avvenuti all’Étoile de Bessèges, gli ultimi di tutta una serie di incidenti che nel corso degli ultimi anni hanno causato conseguenze anche tragiche, tutti gli addetti ai lavori si sono nuovamente soffermati su quelle che potrebbero essere le soluzioni alla sempre maggiore pericolosità dello sport, che negli ultimi anni, complice anche lo sviluppo tecnologico, ha visto le velocità aumentare senza però un miglioramento delle condizioni di sicurezza dei corridori.
Proprio in questa ottica è nato, ormai un anno e mezzo fa, il progetto SafeR, che unisce tutte le parti in causa (UCI, organizzatori, Associazione delle squadre e Associazione dei corridori) per lavorare alla ricerca di soluzioni percorribili per migliorare le condizioni di sicurezza in corsa. Sta svolgendo un grande lavoro in questa direzione Adam Hansen, presidente dell’associazione corridori (CPA) che lavora quotidianamente per proteggere gli interessi degli atleti anche a costo di andare a scontrarsi contro UCI e organizzatori. Sulla stessa lunghezza d’onda dell’australiano è anche Brent Copeland, General Manager del Team Jayco AlUla e presidente dell’AIGCP, l’associazione delle formazioni professionistiche del ciclismo.
“La sicurezza è la nostra priorità – spiega il sudafricano – I nostri corridori sono le nostre risorse, ma il ciclismo è uno sport pericoloso e quindi dobbiamo renderlo il più sicuro possibile. Sicuramente non è una cosa che può avvenire immediatamente, ci vorrà parecchio tempo, ma stiamo facendo i giusti passi per andare in quella direzione“.
Tra le iniziative del progetto SafeR ci sono anche i cartellini gialli recentemente introdotti, nuove regole per le volate e tutta una serie di progetti e studi per migliorare il design di ruote, manubri ma anche delle transenne e dei percorsi, oltre al lavoro che si sta facendo per la creazione di un airbag per i corridori. Lo studio più interessante però è quello che ha portato alla creazione, in collaborazione con l’Università di Gent, di un Database che raccoglie tutti gli incidenti di gara, li analizza e cerca di capire quali sono le cause che hanno portato all’incidente stesso.
Secondo i dati riportati da Hansen, infatti, su 497 incidenti studiati nel 2024, solo il 35% è stato causato da un errore di un corridore, mentre il 41% ha avuto cause riconducibili agli organizzatori tra spettatori poco attenti, strade non adatte e percorsi eccessivamente pericolosi. “Discutiamo apertamente tutte le questioni – conclude Copeland – E questa secondo me è la cosa più importante. Quando Adam dice che durante le riunioni ci sono momenti in cui sale la tensione è vero, ma è una cosa buona, perché siamo tutti aperti a parlare e a discutere. Siamo i primi a puntare il dito contro gli organizzatori se secondo noi è stato fatto qualcosa di sbagliato, ma abbiamo un dialogo aperto e cerchiamo di lavorare sempre per cercare di trovare nuove soluzioni per migliorare la situazione“.
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