Pista, Matthew Richardson risponde alle sanzioni della Federazione Australiana: “Sono solo parole su un pezzo di carta”

Dopo il cambio di nazionalità Matthew Richardson ha risposto senza peli sulla lingua alla sua vecchia federazione. Il pistard che ora corre per la Gran Bretagna ha commentato le sanzioni che la Federazione Australiana ha imposto nei suoi confronti dopo l’inatteso cambio di nazionalità del 25enne nato in Inghilterra ma trasferitosi in Australia da bambino. Richardson ha sempre gareggiato con i colori australiani diventando uno dei migliori sprinter su pista, dove ha conquistato un titolo mondiale a squadre e tre medaglie ai Giochi Olimpici di Parigi, le ultime con la nazionale oceanica.

“È quasi come se lasciassi il lavoro e tre mesi dopo ti dicessero: ‘Beh, sei licenziato!’ – ha commentato Richardson ai microfoni di Cycling Weekly in occasione della UCI Track Champions League dove per la prima volta gareggia con un body con i colori britannici – Sono solo parole su un pezzo di carta. Non hanno molto peso per me”.

Richardson ha preso cittadinanza britannica subito dopo i Giochi di Parigi “per abbracciare un nuovo capitolo del mio percorso e inseguire un sogno”, ma la Federazione Australiana non ha accettato di buon grado le tempistiche e le modalità di questo cambio di nazionalità, tanto da sanzionarlo con alcuni provvedimenti elencati in un apposito comunicato stampa: “Richardson non potrà rientrare a far parte dell’Australian Cycling Team in nessun momento futuro. Gli è inoltre vietato utilizzare qualsiasi risorsa associata all’Australian Cycling Team o ai suoi partner. Non potrà beneficiare di alcun premio legato all’AusCycling, con effetto immediato”.

Richardson è però in qualche modo rimasto sorpreso dalla reazione della sua vecchia federazione. “Non sapevo che sarebbe successo – ha detto il pistard a Cycling Weekly – Credo che volessero solo dare un ultimo colpo di coda, un’ultima parola. Ma alla fine me ne sono andato tre mesi fa. Non so da dove sia nata la confusione. Pensavo fosse abbastanza ovvio che, volendo correre per la Gran Bretagna per il resto della mia carriera, significava che non volevo correre per l’Australia per il resto della mia carriera”.

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